Talmente grande da sembrare irreale, tanto da far sperare più in una provocazione che in una proposta concreta. Così le associazioni di categoria sembrano voler commentare l’ennesima uscita del Presidente Usa Donald Trump che ha minacciato dazi al 200% (che vorrebbe dire far uscire dal mercato certi prodotti, di fatto) su Champagne e vino di Francia e di altri Paesi Ue, se l’Unione Europea non ritirerà i dazi al 50% sui whisky americani, in vigore dai primi di aprile come ritorsione sui dazi su acciaio e alluminio a sua volta stabiliti dagli Stati Uniti (come riportato qui). Un cane che si morde la coda. Ma il dado, ormai, è lanciato.
“L’escalation delle guerre commerciali genera situazioni grottesche in cui a perdere sono tutti. Siamo al sonno della ragione che genera mostri, speriamo in un pronto risveglio da questo incubo, perché il vino è il simbolo dell’amicizia tra i due popoli”. Così il presidente dell’Unione Italiana Vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, secondo cui “con i dazi al 200%, a cui non vogliamo credere almeno quanto non crediamo ai mostri, l’Ue perderebbe circa 4,9 miliardi di euro di export, ovvero il monte totale delle esportazioni dirette oltreoceano. Ma a perdere sarebbe anche tutta l’industria del wine & food americana, perché per ogni euro di vino d’importazione acquistato se ne generano 4,5 in favore dell’economia statunitense”. L’Italia, secondo l’Osservatorio Uiv (così come dai dati Istat analizzati da WineNews), nel 2024 ha spedito negli Usa il 24% del totale export globale per un controvalore di 1,93 miliardi di euro (+10% sul 2023) che si azzererebbe completamente nel caso di dazi al 200%.
Federvini esprime “grandissima preoccupazione per la prospettiva di dazi transatlantici su vini e spiriti a livelli che sarebbero evidentemente insostenibili, e per un’escalation tariffaria che avrebbe effetti dirompenti su entrambi i lati dell’Atlantico. I danni sarebbero ingenti e probabilmente irreparabili, coinvolgendo filiere produttive, decine di migliaia di imprese e centinaia di migliaia di lavoratori, sia negli Stati Uniti sia in Europa”. Federvini, in linea con le posizioni espresse dalle associazioni europee di settore, ribadisce l’importanza di tenere vini e spiriti fuori da queste controversie commerciali che non riguardano il settore agroalimentare. “Già in passato il comparto ha pagato a caro prezzo dazi imposti per motivi estranei al settore: non possiamo permettere che ciò si ripeta - afferma Federvini - con effetti potenzialmente ancora più drammatici. Guardando alle sole esportazioni italiane verso gli Usa parliamo di un valore di circa 2 miliardi di euro all’anno. Lanciamo un appello alle istituzioni italiane, europee e statunitensi affinché lavorino con urgenza a soluzioni condivise, scongiurando nuove misure restrittive e tutelando un commercio transatlantico che, nel tempo, ha generato benefici reciproci”.
“Confidiamo che l’ultima dichiarazione del Presidente Trump sia una provocazione. Inutile dire che con tariffe di queste (s)proporzioni, i nostri produttori di vino perderebbero il partner commerciale numero uno al mondo. L’export italiano di vino verso gli Usa vale, infatti, quasi 2 miliardi di euro ed è in crescita. Pochi mesi fa, a fine 2024, le nostre aziende hanno partecipato all’edizione americana di Vinitaly con grande entusiasmo e risultati. Restiamo convinti che innescare una guerra di dazi non serva a nessuno. L’Unione Europea, per evitare di azzerare l’export verso gli Stati Uniti, deve fare sistema ed agire in modo coeso privilegiando la negoziazione”, commenta Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura.
Secondo Coldiretti e Filiera Italia, ancora, dazi di questa portata sarebbero “una misura estrema che manderebbe di fatto in sofferenza il vino tricolore, compromettendo un percorso che negli ultimi venti anni ha visto le vendite negli Stati Uniti quasi triplicate in valore, con un incremento del 162%, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat, tanto da rappresentare circa un quarto delle esportazioni totali di vino italiano. Quasi un terzo del totale è rappresentato dagli spumanti. Gli Usa sono anche il primo consumatore mondiale di vino con 33,3 milioni di ettolitri, secondo dati Oiv-Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, e per l’Italia rappresentano in valore il mercato più importante”. “Occorre ora fermare una pericolosa escalation che sta conducendo ad una guerra commerciale globale dove le prime vittime saranno i cittadini statunitensi che pagheranno di più i prodotti e, con essi, gli agricoltori, mettendo in atto tutte le azioni diplomatiche necessarie per scongiurare lo stravolgimento dei flussi commerciali”, sottolinea il presidente Coldiretti Ettore Prandini. “Credo che ci voglia buon senso da entrambe le parti - aggiunge l’ad di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia - la minaccia di Trump è legata alla conferma dell’Europa del dazio del 50% sul whisky americano. La Commissione Ue dovrebbe dimostrare buona volontà continuando ad evitare con la moratoria in essere questo dazio salvaguardando così vino ed alcolici europei. Qualcuno deve cominciare a mostrare un po’ di buon senso, sia l’Europa a farlo per prima”.
“Speriamo che questa di Trump sia solo una provocazione, una tassazione al 200% sui vini azzererebbe di fatto le vendite verso gli Stati Uniti, che sono il nostro primo mercato di sbocco italiano per il vino, con quasi 1,9 miliardi euro e un peso sulle esportazioni agroalimentari oltreoceano del 26%”, commenta il presidente Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. Che ribadisce come “a dipendere maggiormente dagli Stati Uniti per il proprio export sono i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con una quota del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni) e il Prosecco Dop (27%, 491 milioni)”. La Cia ricorda che “il rischio di dazi lascerebbe strada libera ai competitor che potranno aggredire una quota di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano ed al Merlot cileno. Dalla parte dei produttori di vino italiani, sarebbe difficile recuperare rapporti solidi con i buyer Usa, una volta che questi fossero costretti a interrompere le relazioni con l’Europa per cercare altri mercati internazionali”.
“L’applicazione di dazi americani sul vino e le contromisure Ue scatenerebbero una vera e propria guerra commerciale con conseguenze negative su entrambe le economie. L’Europa e gli Stati Uniti sono due realtà economiche che hanno sempre avuto solide relazioni commerciali, nel pieno rispetto dei due popoli e delle rispettive culture - aggiunge il presidente del settore Vino di Confcooperative Fedagripesca, Luca Rigotti- auspichiamo pertanto che in queste settimane le diplomazie lavorino attivamente per scongiurare uno scontro sul tema dei dazi che avrebbe una serie di duri contraccolpi sia in Europa che negli Stati Uniti. Se si arrivasse ad una decisione così estrema, le aziende del vino europee si dovranno inevitabilmente farsi carico di assorbire quanto più possibile lo choc del rincaro, ma è fuori di dubbio che un eventuale inasprimento del dazio all’importazione metterà in difficoltà tutta la filiera, compresi gli importatori e i consumatori americani. Perché il vino italiano non subisca delle perdite derivanti da questo contesto, mi preme ribadire quanto sia determinante e fondamentale il lavoro delle diplomazie per evitare di appesantire una situazione geopolitica ed economica già delicata”.
Uno scenario che tutti, ovviamente, sperano di scongiurare. Anche sul fronte della Francia, altro grande Paese esportatore di vino in Usa, come l’Italia, con il Ministro per il Commercio Estero francese, Laurent Saint-Martin, che su “X” ha commentato: “Donald Trump sta intensificando la guerra commerciale che ha scelto di scatenare. La Francia rimane determinata a rispondere con la Commissione Europea e i nostri partner. Non cederemo alle minacce e proteggeremo sempre i nostri settori”.
A dire la sua, sul fronte istituzionale, anche il Ministro degli Affari Esteri italiano, Antonio Tajani, a margine del G7 Esteri di scena in Canada. “Stiamo lavorando a un piano di contrasto ad eventuali dazi americani e pensiamo a mercati dove possiamo esportare di più, per mantenere il livello di export che abbiamo. C’è stato un leggerissimo calo quest’anno, ma il mio obiettivo è quello di arrivare a 700 miliardi di euro alla fine del 2025, rispetto ai 628 miliardi attuali”, ha detto Tajani, riferendosi al complesso delle esportazioni italiane. Il Ministro ha citato “Messico, Turchia, Paesi del Golfo, Giappone e India” come “mercati dove noi possiamo lavorare cercando di incrementare le nostre esportazioni, fermo restando che vogliamo continuare a esportare anche negli Stati Uniti”. Tajani ha ricordato che “i prodotti italiani sono tutti prodotti di altissima qualità: chi cerca il prodotto italiano pur di averlo è disposto anche a spendere un dollaro in più, se ci dovesse essere un dazio in più. Questo ci fa essere non contenti, però meno preoccupati, ed è importante in questa fase non farsi prendere dal panico, ma avere delle strategie che permettano di tutelare le nostre imprese. Il Governo deve indicare dei piani, dei progetti per le imprese che vogliono investire all’estero e vogliono esportare all’estero, e quello che stiamo facendo è cercare di rassicurarle in maniera che possano continuare a dare lavoro”, ha concluso Tajani. Aggiungendo: “al Segretario di Stato americano, Marco Rubio, dirò soltanto che una guerra commerciale non conviene a nessuno. Sono altresì convinto che l’Italia può importare di più dagli Stati Uniti, può investire di più in Usa e un import maggiore e maggiori investimenti italiani potrebbero essere anche uno scudo per tutelare le nostre esportazioni in quel Paese”.
Intanto, però, la reazione dei mercati è stata immediata, con i grandi produttori europei di vino e alcolici che hanno registrato cali molto significativi, spiega un’analisi della piattaforma di trading Ig Italia, firmata da Filippo Diodovich, Senior Market Strategist. “In Italia Campari evidenzia una perdita del 4,30% e Italian Wine Brands del 3,30%. In Francia, Lvmh, proprietaria di marchi come Moët & Chandon, ha mostrato un ribasso dell’1%, mentre Rémy Cointreau, nota per il suo cognac premium, ha subito un calo del 4%. Anche Pernod Ricard, gigante del settore degli alcolici, ha registrato una diminuzione del 3%”, spiega una nota. Il mercato statunitense, ricorda Ig Italia, rappresenta una componente significativa delle esportazioni vinicole europee. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno importato vino dall’Europa per un valore complessivo superiore ai 5 miliardi di euro, con l’Italia tra i principali esportatori, avendo raggiunto i 2 miliardi di euro, con un incremento superiore al 10% sul 2023. L’Italia in termini di valore si trova dietro solo alla Francia (2,3 miliardi di euro), ma è numero uno al mondo in termini di volumi con 354 milioni di litri esportati. “Questi numeri sono straordinari soprattutto per il forte aumento della domanda degli importatori statunitensi nel mese di dicembre probabilmente per coprire il rischio di eventuali dazi”, spiega Ig Italia, che aggiunte: “crediamo che una guerra commerciale possa avere effetti molto negativi su alcuni settori molto importanti e significativi dell’economia europea. L’industria del vino è fondamentale per l’Italia. Riteniamo che le autorità politiche europee dovranno necessariamente intraprendere delle lunghe negoziazioni con gli Stati Uniti mostrando una posizione ferma e unita sulla difesa dell’export, sottolineando e evidenziando i forti impatti negativi reciproci di tali misure protezionistiche”.
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