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INDAGINE “IL VELINO” - BUONITALIA NON HA PIÙ SOLDI: PER LA SPA SEMBREREBBE ABBIA RASCHIATO IL FONDO UTILIZZANDO QUASI TUTTI I 50 MILIONI DI EURO A DISPOSIZIONE. SE IL MINISTRO GALAN NON INTERVIENE VIVRÀ FINO AL 2012. PRESIDENTI: “ENTE IN-UTILE”

Buonitalia non ha più soldi, o ne ha pochi. Secondo Il Velino, la società per azioni un po’ di proprietà del Ministero delle Politiche Agricole e un po’ di proprietà del Ministero dello Sviluppo Economico, sembrerebbe abbia raschiato il fondo utilizzando quasi tutti i 50 milioni di euro provenienti dal Fondo per l’Internazionalizzazione con i quali sopravviveva grazie agli interessi che ne derivavano. Ora gli interessi non ci sono più e non ci sono più neppure i soldi. Nel senso che ne sono stati spesi circa 25 e impegnati 50. La situazione insomma non è delle migliori. Buonitalia Spa, ente vigilato dal Ministero delle Politiche Agricole nato nel 2003 quando Gianni Alemanno era a Via XX Settembre, non ha un fondo proprio, non ha dotazione di spese di funzionamento e di progetto. Ma ha circa 25 dipendenti. I problemi finanziari dell’ente deputato a promuovere il made in Italy agroalimentare nel mondo, nascono dal fatto che ancora non ha ricevuto gli ulteriori 25 milioni di euro per i progetti definiti.

In pratica funziona così, spiega Il Velino: il Ministero destina a un progetto Buonitalia 10 milioni di euro, ma ne anticipa solo la metà. Nel momento in cui l’ente riesce a dimostrare spese per la totalità della cifra, il Ministero rimborsa l’ultima parte dei fondi anticipati. E quando il Ministro delle Politiche Agricole Giancarlo Galan parla di costi di gestione del 12%, si intende il 12% del totale della spesa destinata nell’arco dei tre anni 2009-2010 e 2011. Vale a dire 6 milioni di euro, che divisi per tre, equivalgono a 2 milioni di euro all’anno per gestire la struttura e pagare gli stipendi.
Ricapitolando, aggiunge Il Velino, ora che le casse sono vuote, se il Ministero di Galan esamina le rendicontazioni e le vidima, Buonitalia avrà soldi per vivere fino al 2012. Non è un ente inutile secondo quello che era il presidente sotto l’egida Zaia, Walter Brunello, che ha spostato la sede tanto chiacchierata di Via del Tritone - che pagava un affitto di 17 euro al mese per metro quadrato per circa 300 metri - in un appartamento più piccolo nel Palazzo del Cavallino, di fronte al Ministero delle Politiche Agricole. Proprio per risparmiare sull’affitto. “Credo che in un periodo di vacche ossute e di necessità di sintesi come questo - spiega al Velino - serva ancora di più un ente come Buonitalia Spa”. Anche perché “l’agroalimentare e il turismo sono i veri settori in grado di rilanciare l’economia italiana”. Tanto è vero che Brunello quando era in Veneto si occupava proprio di turismo e di agroalimentare, e sotto la sua guida Buonitalia ha attivato un unico bando di gara coinvolgendo il Ministero del Turismo per portare made in Italy in giro per il mondo. Tutti gli altri affidamenti fatti senza bando sono ad oggi sotto esame della commissione preposta e non sono mai state fatte procedure di evidenza pubblica. Sembrerebbe non esista neppure un albo fornitore sebbene più volte richiesto dal Ministero.

Ma Buonitalia Spa non è nato per questo. E soprattutto non è nato per fare marketing o promozione. A spiegarlo al Velino è Fabrizio Mottironi, il primo presidente della Spa. “Buonitalia è stata costituita per la necessità di creare in Italia l’equivalente della Sopexa francese - Groupe Marketing International, Alimentaire vin & art de vivre. Dato che, nonostante le sue eccellenze in campo agroalimentare, l’Italia esporta meno del Belgio”. Era uno dei punti del programma di governo Berlusconi del 2001, “prima che Alemanno pensasse mai all’agricoltura”, precisa ancora Mottironi. La creazione di Buonitalia era stata richiesta in modo molto forte proprio dalle associazioni di categoria e soprattutto da Confagricoltura, l’organizzazione di imprenditori agricoli che da tempo punta all’export. “Io spinsi molto per fare questa società. All’epoca ero componente del comitato consultivo dell’Ice ed ebbi modo di notare che i fondi per l’agricoltura erano pari a zero. Quindi feci presente - prosegue il primo presidente di Buonitalia - che in un periodo in cui la globalizzazione era in crescita e le imprese agricole giocavano un ruolo fondamentale non c’erano strumenti che le potessero sostenere”. Il programma che fu presentato dunque “non era tanto di puntare sulla promozione quanto di internazionalizzare le imprese”. Lo scopo era quello “di costituire dei consorzi tra le imprese agroalimentari che fornissero servizi che andavano dall’accompagnamento doganale al recupero crediti per le imprese medio piccole per i mercati innovativi nelle aree capitali. Oltre alla tutela giuridica dei marchi”. Creare quindi delle filiere tra piccoli e grandi operatori del settore che agissero sui mercati innovativi, “dove il rischio era alto ma su cui era strategico puntare”. E le risorse “andavano direttamente alle imprese attraverso bandi di gare. L’unico modo per fare uscire le imprese italiane sui mercati innovativi”, prosegue Mottironi. Poi, secondo Il Velino, il già presidente di Buonitalia Spa approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa riguardo a quanto pubblicato il 13 dicembre da La Repubblica. “Per quanto riguarda le risorse, dei 90 milioni di euro destinati inizialmente, solo 20 sono stati gestiti dal Cda da me presieduto. E tutti sono stati approvati dal ministero delle Politiche agricole e in seguito rendicontati”, incalza Mottironi. Anzi, “i bilanci da me chiusi erano tutti in attivo”. Inoltre “non sono stato io a nominare Minutelli direttore marketing, come sostiene il quotidiano. E’ stato invece nominato dopo che non ricoprivo piu’ l’incarico di presidente”. Praticamente sotto la presidenza di Emilio De Piazza uomo in quota De Castro e successore di Mottironi. “Ho assunto in tutto undici persone. Per l’avviso di garanzia (procedura 29629/09) di cui scrive il quotidiano - spiega ancora - è stato archiviato il 27 ottobre del 2009 dal giudice Sandro Di Lorenzo dell’Ufficio 12 del Tribunale di Roma. E tengo a dire che nè il giudice istruttore nè il pm mi hanno mai interrogato”.

Questione, quella dell’Enoteca d’Italia, che, spiega Il Velino, vede coinvolti dalla Procura di Asti prima e da quella di Roma poi, alcuni dei più illustri nomi del Ministero delle Politiche Agricole “per aver, con artificio o raggiro, procurato ad altri un ingiusto profitto”. Nel calderone anche l’ex presidente Buonitalia Emilio De Piazza. “La questione aperta che riguarda me - spiega De Piazza al Velino - è marginale. E’ relativa al compenso per il lavoro svolto dal liquidatore. Si tratta di una somma coerente con le attività da lui svolte”. E sebbene De Piazza spieghi che Leone “da quanto ho potuto vedere ha lavorato in modo trasparente e professionale, non sono stato io a sceglierlo ma è stato deciso dal Ministero delle Politiche Agricole. Io me lo sono ritrovato e ne ho approvato solo la liquidazione”. Se Buonitalia sia un ente utile o inutile per l’ex presidente dipende dalla struttura organizzativa. “Potrebbe essere un ente straordinariamente utile per quelle che sono le problematiche del settore - spiega - purtroppo il mondo della promozione offre delle opportunità che vanno colte con i tempi giusti. E i rallentamenti organizzativi dovuti alla struttura non permettono di cogliere le occasioni utili per il settore”.

Ottimista il presidente attuale, Rodrigo Cipriani, già ad di Mediashopping Gruppo Mediaset. “Cercheremo di rimediare alla situazione finanziaria che ho ereditato - spiega al Velino - sono un manager che viene da un azienda privata. E il compito principale di Buonitalia Spa è principalmente quello di aiutare le aziende italiane ad esportare e a vendere di più”. In pratica si torna al vecchio concetto dell’internazionalizzazione. “Vogliamo fare progetti in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole e l’Ice, i consorzi e le associazioni. Si tratta di soldi pubblici. Ora per esempio stiamo puntando sul biologico”. A Cipriani interessa “il risultato finale per le aziende italiane, anche aprendo nuovi mercati”. E ogni progetto concluso sarà il feedback per l’iniziativa successiva. “C’e’ da mettere mano a mille cose - prosegue il presidente Buonitalia - a partire dall’organizzazione. E userò il know how che mi porto dietro da Mediaset”. Un altro problema “è quello gestionale interno di tipo organizzativo e burocratico-amministrativo. Vorrei snellire le procedure concordandole di volta in volta con il Ministero”, spiega. Il budget per il 2011 è ancora in fase di definizione: “ci saranno sicuramente delle risorse che andranno sfruttate al meglio. Tra i 12 e i 15 milioni di euro per il 2011, ma - prosegue - non si risparmia solo sull’affitto della sede”.

Ed effettivamente è vero, non si risparmia solo sull’affitto della sede, ma anche sui progetti, secondo Il Velino. Uno su tutti Food Roots per la cui realizzazione i costi di Buonitalia sono andati ben oltre il 12%. Dalla documentazione di cui è venuto in possesso Il Velino infatti si evince che su 430.000 euro di spese al lordo di Iva, 133.909.00 euro sono stati impiegati “per le risorse umane Buonitalia”. Vale a dire circa il 25%. A questi vanno aggiunti 46.071.00 “per la quota generale di spesa a forfait” e altri 10.020.00 euro per “viaggi e trasferte”.

Ma quello che salta all’occhio è come tutto sia stato affidato a esterni, nel caso specifico a Retecamere. Dalla “predisposizione documentazione informativa” alla “preparazione delle relazioni di presentazione” all’“impaginazione” o al “controllo qualità e tempi di tutto il materiale”. Fino alla voce “materiali cartacei” e “spese varie, eventuali e imprevisti” per 12.000 euro. Ma se tutto il progetto viene fatto da esterni, come si giustifica il 25% di spesa sul totale da parte di Buonitalia? Viene da chiedersi se - come dice il Ministro delle Politiche Agricole Giancarlo Galan - la società per azioni di palazzo del Cavallino sia un ente “utile” o meno, dice Il Velino.

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