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INDAGINE WINENEWS - ANDAMENTO DELLE VENDITE … DAL PIEMONTE ALLA SICILIA, DAL VENETO ALLA CAMPANIA, ARRIVANO SEGNALI DI RISVEGLIO DEI MERCATI … MA PIU’ ALL’ESTERO CHE IN ITALIA!

Italia
La ripresa del vino

La ripresa c’è. Parola di grandi produttori per tracciare il primo bilancio dell’attività dell’Istituto del vino italiano di qualità. Ottimismo ma anche cautela, e l’augurio che le difficoltà che l’Italia del vino sembra si stia lasciando alle spalle abbiano insegnato qualcosa e reso più competitiva la nostra offerta.

Una prima indicazione significativa dell’uscita del Belpaese dal tunnel della crisi viene da Michele Chiarlo, uno dei nomi più conosciuti del Piemonte nel mondo, che testimonia la ripresa di vendita del Barolo, vino di fascia alta tra quelli che più ha avuto negli ultimi anni difficoltà di collocazione. “Dopo quasi tre anni di stasi - spiega Chiarlo - stiamo registrando rinnovato interesse su vini importanti, come il Barolo. E’ un segnale preciso, il Barolo è uno dei vini bandiera dell’Italia ed è tra i primi che ha iniziato a ricrescere nei mercati. L’Inghilterra, adesso, chiede, ad esempio, sia i grandi volumi che la fascia alta. Ed in mercati emergenti, ancora piccoli per quantità esportate ma molto promettenti quali la Russia o la Cina, registriamo una chiara richiesta di vini di grande qualità quale appunto il Barolo”. Per il produttore piemontese il trend favorevole è già iniziato nel 2005, soprattutto con la ripresa delle esportazioni verso gli Stati Uniti e il Canada.

In Sicilia, invece, Giacomo Rallo, proprietario di Donnafugata, racconta ancora di stagnazione nel 2005 e di avvertire solo adesso primi segnali di luce sui mercati: “credo che ci vorranno due o tre anni per poter parlare di crisi superata - è l’opinione di Giacomo Rallo - ma ho una certa fiducia anche perché mi sembra avviato un processo di ragionevolezza, una semina lunga che darà i suoi frutti con il tempo. I prezzi sono più ragionati, la ristorazione si sta organizzando meglio, il canale dell’horeca in particolare mi sembra promettente. Le vendite di Donnafugata stanno andando bene negli Stati Uniti e in Giappone, abbiamo cominciato ad esportare anche in Cina, meno bene vanno le cose in Italia”. Un’altra azienda siciliana, Tasca d’Almerita, conferma il dato stazionario dell’Italia ma segnala già una decisa impennata nelle esportazioni nei primi mesi 2006. “Nei primi tre mesi, le nostre vendite sono cresciute del 20%, soprattutto verso la Russia - racconta Tasca d’Almerita - se il mercato nazionale è ancora fermo, dall’estero possiamo già avere le prime soddisfazioni. In questa fase la mia azienda registra buoni risultati soprattutto con i prodotti della sua fascia di prezzo medio”.

L’attenzione al prezzo “giusto” è tra le peculiarità forse più interessanti della nuova fase di ripresa delle vendite. “Dopo lo choc - è la considerazione di Sandro Boscaini della veneta Masi - mi sembra che c’è in giro un sano realismo. Si è ricominciato a vendere bene, ma non è auspicabile una nuova fase di euforia che porti a una nuova bolla speculativa e ad apparenti assenze di prodotto. C’è invece in giro, e spero che si mantenga, un sano ottimismo con cui si può crescere realmente bene. C’è attenzione al valore vero del vino, al rapporto qualità-prezzo. Vedo puntare su vini realmente rappresentativi del territorio, e non di fantasia creati solo per il mercato”. Boscaini consiglia prudenza sui mercati emergenti, dove il vino è ancora innanzitutto un fattore di moda e curiosità, e come tale assai mutevole. Fa l’esempio, a tal proposito del Giappone dove, se aziende non si lamentano come Donnafugata, altre invece registrano una frenata. Tra queste, oltre a Masi, l’umbra Lungarotti.

“In Giappone il vino italiano non è più di moda come negli anni ’80 - conferma infatti Chiara Lungarotti - le giovani donne giapponesi che prima amavano bere vino italiano adesso ordinano altro. C’è più interesse culturale che di consumo. All’estero il mercato è veramente a macchia di leopardo, più che in Italia, e molto dipende anche dall’organizzazione di vendita”. In generale, comunque, anche per l’azienda di Torgiano la ripresa c’è: nel mercato italiano più marcata in alcune città di provincia e in alcune grandi città; all’estero è ripartita pure la Germania con richieste più sostenute. Per la Lungarotti vanno molto bene poi le “riserve”, più che i “base”.

Di incremento, ma piccolo, parla pure Michele Bernetti (Umani Ronchi) che manda all’estero il 80% della sua produzione e già nel 2005 ha incrementato le esportazioni del 3%, una tendenza positiva che sta continuando nei primi mesi del 2006. “Dopo anni di lamentele - fa notare Bernetti - quest’anno nessuno si è lamentato. Ma attenzione: l’Italia è in buona posizione nel mercato del vino mondiale ma non è uscita dalla zona di pericolo. L’Italia cresce, ma altri paesi stanno crescendo più di noi e si stanno facendo sempre più strada realtà di grande interesse quali l’Australia, il SudAfrica e l’Argentina. La domanda sta poi cambiando, le aziende italiano si devono adattare al nuovo mercato”. Per Miche Bernetti, i vini di fascia altissima hanno un futuro di consumo contenuto, bisogna investire anche in altro.

Siamo forse, dunque, più che davanti a una chiara ripresa ad “un punto di svolta”, come spiega a WineNews Piero Mastroberardino. “La sensazione è che si stia rimettendo in moto il meccanismo - è la riflessione del titolare dell’azienda campana, e presidente di Federvini - senza dubbi i dati macroeconomici e il clima internazionale sono positivi. Mi sento però di parlare ancora solo di un’aspettativa positiva generale”.

Alma Torretta

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