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INDAGINE WINENEWS - LA VENDEMMIA “ROSSA”? CERTO IL CALO QUANTITATIVO, D’OBBLIGO LA PRUDENZA, MA NON MANCA UN CERTO OTTIMISMO TRA MOLTI PROTAGONISTI DELL’ENOLOGIA ITALIANA: GLI “ACCADEMICI, I “SENATORI”, LE “CONFERME” E GLI “EMERGENTI”

Italia
Uve 2012 nelle ceste ... L’immagine è dell’azienda veneta Paladin

Come sarà la vendemmia “rossa”? Stando ai commenti raccolti da WineNews tra gli enologi consulenti più importanti d’Italia, difficile dare una parola definitiva, di sicuro gli eventi stagionali (siccità in primis) la rubricano di diritto tra le vendemmie “calde”. Anche se il calore non è stato omogeneamente distribuito su tutto lo Stivale (al nord è piovuto anche a giugno e a luglio), le zone più tardive anche del sud (Campania, per fare un esempio) non hanno subito pericolosi arresti fisiologici delle viti e la maturazione è proseguita sostanzialmente con gradualità. Di contro, vaste aree del centro hanno incontrato criticità non da poco, con le piante costrette a cessare la propria normale attività fisiologica per recuperare la poca umidità disponibile per mantenersi in vita. In questi casi, l’intervento dell’uomo nel vigneto ha fatto la differenza e alcuni accorgimenti tecnici come l’irrigazione (ove consentita e/o possibile) sono stati fondamentali. A pagare il dazio più pesante, probabilmente, fra i vitigni rossi saranno quelli precoci (e fra questi soprattutto quelli alloctoni come il merlot).
La 2012, dunque, resterà negli annali dell’enologia e (soprattutto) della viticoltura come un millesimo a dir poco difficile a causa del gran caldo. E se al sud, questa situazione limite è stata condotta in modo più efficace e tempestivo, grazie all’esperienza acquisita in decenni in cui l’annata fresca è sempre stata una eccezione, i problemi più importanti, probabilmente, sono emersi in alcune zone del nord e del centro meno abituate a gestire questo tipo di criticità. Una criticità quella del calore che, comunque, resta la cifra più evidente e importante delle vendemmie almeno a partire dal 2000 e che ha segnato e, forse, segnerà, una sorta di nuova fase della viticoltura almeno per una porzione non piccola del Bel Paese.
La situazione generale è difficilmente circoscrivibile in una, se pur teorica, media standard. Probabilmente più che in altri anni vale l’adagio che si tratta di una “vendemmia a macchia di leopardo”, con le eccezioni, però, a confermare l’obbiettività di una vendemmia “rovente”. E questo soprattutto perché la difformità di reazione dei vigneti è stata molto alta (età delle piante, terreni, esposizioni ...), rafforzata, oltretutto, in larga misura dalla perizia (o dalla non perizia) che è stata usata fra i filari e che porterà in cantina uve adatte certamente a produrre buoni vini, ma, molto difficilmente, a produrne di grandi. Pare restare fermo, anche per la vendemmia “rossa” il dato di una sensibile diminuzione produttiva, come quello di un certo (anche se non nei termini apocalittici di qualche settimana fa) anticipo della raccolta.
Detto questo, allorquando si sta per entrare nel vivo della vendemmia “rossista”, ecco i pareri di alcuni degli enologi consulenti più importanti d’Italia raccolti da WineNews, e divisi in quattro categorie: “gli Accademici”, “i Senatori”, “le Conferme” e “gli Emergenti”.

Gli “Accademici”
Per Leonardo Valenti, professore di viticoltura all’Università di Milano e consulente di aziende del calibro della franciacortina Castello Bonomi, della veneta Paladin e dell’umbra Caprai, si tratta di una vendemmia che può essere giudicata a secondo “del livello di stress da calore che hanno subito le viti, quelle più vecchie, per esempio, molto minore, e della capacità del viticoltore di decifrare l’entità di questo stress. Chi ha lavorato bene tra i filari, diradando soprattutto, può avere l’opportunità di trovarsi, con l’arrivo delle recenti piogge e di temperature più fresche, con piante che hanno ritrovato il loro processo fisiologico normale e quindi in grado di fornire una materia prima di buona, se non di ottima, qualità. Chi non ha lavorato come si deve in vigna, non potrà invece ottenere altro che vini che porteranno i segni del caldo, con gradi alcolici elevati e tannini poco maturi. Ma attenzione alle perturbazioni in arrivo che potrebbero, se molto violente, portare criticità ulteriori”.
“Le zone più precoci hanno iniziato le operazioni di raccolta - afferma Luigi Mojo, ordinario di enologia all’Università Federico II di Napoli - ma in tempi che smentiscono l’anticipo di cui tanto si è parlato, almeno nei vigneti dell’Italia meridionale. E questo soprattutto se guardiamo alle varietà locali, meglio adattate al clima meridionale, che daranno risultati certamente migliori di quelle alloctone. I dati analitici ci confermano che per le prime non ci sono anticipi così evidenti. Varietà come l’Aglianico è anzi in bellissima forma e sta progredendo la sua maturazione in modo regolare, con grappoli molto sani, il che non ci fa temere l’arrivo di altre piogge. Evidente il dato - conclude Mojo - di una minore quantità di materia prima”.

I “Senatori”
“La stretta solare è stata molto forte. Poi la pioggia che è arrivata ad inizio settembre è stata molto benefica - afferma Franco Bernabei, enologo consulente di aziende come Felsina e Fontodi - Non sono del tutto pessimista, i risultati analitici ci dicono che le uve non presentano caratteristiche negative come le “cotture”. La perdita quantitativa ci sarà sicuramente e, a seconda delle zone oscillerà tra il 10 e il 30%, ma qualitativamente sono fiducioso”.
Gli fa eco Carlo Ferrini, winemaker delle griffe toscane Castello di Fonterutoli, Barone Ricasoli e Mps Tenimenti, dell’abruzzese Valle Reale, da Casanova di Neri e Castello Romitorio (a Montalcino), della siciliana Tasca d’Almerita, della trentina San Leonardo: “la situazione mi sembra molto meglio del previsto. Quantitativamente c’è poca uva, ma la qualità mi sembra in crescita, dopo queste piogge e l’abbassamento delle temperature. Con i precoci come il Merlot già in cantina, si comincia in questa settimana con i Sangiovese, con risultati impensabili fino a venti giorni fa”.
Più critico, invece, Riccardo Cotarella, il winemaker forse più conosciuto d’Italia nel mondo, che afferma: “dove viene trovato tutto l’ottimismo che da più parti è espresso a proposito della vendemmia 2012, io proprio non lo so. Le uve più importanti, dal Sangiovese al Montepulciano, dall’Aglianico al Nebbiolo, sono ancora tutte in pianta e sta per arrivare una perturbazione dopo l’altra. Così la vendemmia 2012 oltre ad essere una replica della 2003, sarà anche un’altra 2002, con la pioggia proprio al momento della raccolta. Non mi sembra una bella cosa e non penso - conclude - che si possa parlare di una vendemmia da ricordare, a parte le difficoltà che ha evidenziato”.

Le “Conferme”
Non pienamente soddisfatto neppure Lorenzo Landi, enologo consulente di cantine come Lungarotti in Umbria, Rocca delle Macìe in Toscana, Fazi Battaglia nelle Marche e Cottanera in Sicilia, che spiega: “a parte il Montepulciano e il Nerello, che sono ancora sulla pianta, ho cominciato la vendemmia in tutte le altre zone. La situazione fino ad oggi, caratterizzata da siccità, temperature molto alte e vento altrettanto caldo, ha innescato dei blocchi nel ciclo di maturazione di molte varietà. Con l’effetto che lo sviluppo della parte aromatica e andato molto avanti fino a bruciarsi e quello della parte fenolica è rimasto molto indietro. Poi, evidentemente - aggiunge - ci sono anche le eccezioni, per esempio in Abruzzo o sull’Etna o in Sardegna, dove una varietà come il Cannonau è, per così dire, “abituata” a subire stress idrici. Le piogge recenti hanno portato un po’ di ripresa nel ciclo vegetativo della vite, ma, aromaticamente, le uve sono già state degradate dal calore. Scegliere il momento della vendemmia, quest’anno, è stato molto difficile: vendemmiare presto per conservare un po’ di aromaticità portava con sé lo svantaggio di ottenere vini con tannini duri e immaturi; dall’altra parte, aspettare a raccogliere porterà con sé lo svantaggio di arrivare a vini poveri aromaticamente, ma con un po’ più di maturità fenolica. Insomma - conclude Landi - in generale le uve saranno senz’altro poco equilibrate”.
“In Piemonte, abbiamo cominciato la vendemmia con il Dolcetto - spiega Giuseppe Caviola, enologo consulente della piemontese Damilano, della toscana Terenzi e della marchigiana Umani Ronchi della famiglia Bernetti - e anche se il suo ciclo di maturazione è stato in parte bloccato dal caldo dovrebbe farci ottenere vini beverini e senza eccessi. Le Barbera sono molto interessanti e non hanno perso la loro verve acida, mentre per i Nebbiolo è ancora presto per parlare di raccolta, ma per adesso sono uve molto belle e in salute. Le rese saranno sicuramente basse, probabilmente non con le alte percentuali che caratterizzano i cali in altre zone dell’Italia. Sostanzialmente, in Piemonte c’è stata meno sofferenza per il caldo, anche grazie alle piogge di giugno e luglio e penso che si possa parlare di una buona annata. In Toscana, invece, c’è stata più sofferenza. La siccità è stata pesante anche se le piogge dei giorni scorsi stanno raddrizzando in parte la situazione. Poi, l’irrigazione ha dato una grossa mano e c’è lo spazio - conclude Caviola - per fare bene. Anche vini di qualità”.
“Abbiamo preso un grosso spavento con il caldo di questa estate - afferma il flying wine maker Roberto Cipresso - le viti è come se fossero “andate in coma”, ma con le recenti piogge e l’abbassamento termico, la situazione ha preso una strada più confortante. Per quanto riguarda le aziende più piccole bisogna avere pazienza e vendemmiare con calma, discorso opposto per le realtà più grandi, evidentemente. Il calo quantitativo è forte almeno il 30% sulla media degli ultimi 10 anni. Le uve da vitigni precoci sono quelle che hanno sofferto maggiormente, generando vini più crudi dai tannini verdi e qualche cenno amaro. Naturalmente chi è corso ai ripari con accortezze agronomiche adatte alle condizioni e con l’irrigazione avrà prodotti più interessanti”.

Gli “Emergenti”
“Il quadro è meno drammatico di come spesso è stato descritto - spiega Emiliano Falsini, consulente di aziende come le siciliane Girolamo Russo e Graci, la toscana Castello di Meleto e l’umbra Tabarrini - salvo situazioni nell’entroterra, che hanno maggiormente sofferto per la siccità. In queste condizioni difficili è stata molto importante la gestione del terreno, l’applicazione di tecniche per mantenere l’umidità e l’utilizzo d’irrigazione. In generale - sottolinea Falsini - c’è poca uva: in Maremma quasi il 50% in meno, in Umbria ed Emilia almeno un 30% e al sud per ora un 20% in meno, escludendo da queste previsioni l’Etna dove ancora non si è vendemmiato. Qualitativamente - conclude l’enologo toscano - il clima è stato caldo in maniera costante ed uniforme e l’uva ha sofferto meno che nel 2011. Prevedo che sarà un’annata nel complesso positiva. Soprattutto perché le ultime piogge hanno cambiato molto lo scenario iniziale”.
“Nel 2011 era possibile fare un ragionamento complessivo che poteva dare un’idea generale sulla vendemmia - spiega Maurizio Alongi, enologo consulente del progetto siciliano di “Libera Terra” - quest’anno la situazione è molto frammentata. Nel Chianti Classico, ai problemi estivi di siccità si stanno, in qualche caso, sommando quelli derivati dalle ultime piogge che hanno causato lo scoppio degli acini con alcuni focolai di botrite. Ma non è una situazione che riguarda tutti. Chi ha potuto irrigare, lavorare i terreni, diradare ha affrontato il grande caldo con gli strumenti in regola per avere delle uve più che buone. La prossima settimana sarà decisiva, anche se è già certa la perdita in termini quantitativi. In Sicilia, è stata, tutto sommato una vendemmia più tranquilla, c’è un’abitudine maggiore a queste condizioni. Quindici giorni fa ero fra i più pessimisti - conclude Alongi - adesso sembra che ci possa essere lo spazio anche per qualche vasca molto più che buona”.
Per l’enologa Gioia Cresti, proprietaria dell’azienda chiantigiana Carpineta Fontalpino e consulente per aziende quali Villa Le Prata a Montalcino, nonché storico “braccio destro” di Carlo Ferrini, “la vendemmia dei rossi entrerà nel vivo la prossima settimana. Intanto, i precoci sono già in cantina e sembra che stiano crescendo in fermentazione. Sarà una raccolta più povera, anche di quella del 2011, ma è ancora molto presto per stabilire una percentuale esatta. Le ultime piogge sembrano aver assestato la vendemmia su buoni binari. L’uva è molto sana e non dovrebbe essere minacciata dalle piogge che stanno per tornare”.
Per Barbara Tamburini, consulente di aziende in territori importanti, tra cui anche La Corsa, l’azienda toscana di Marco Bassetti (ad Endemol) e di sua moglie Stefania Craxi, si tratta di una vendemmia senz’altro contraddistinta da “una riduzione quantitativa, importante anche del 30%. Una riduzione non solo delle uve ma anche delle rese in vino. Effetto principale del grande caldo estivo. Qualitativamente le prime impressioni sono molto soddisfacenti. La raccolta dei rossi entrerà però nel vino a partire dalla prossima settimana e non credo - conclude Tamburini - che si arrivi oltre la prima settimana di ottobre”.
“Con le piogge e l’aria più fresca, la situazione è molto migliorata - afferma Vincenzo Mercurio, giovane enologo emergente con consulenze in Sardegna, Puglia e Campania - La quantità nel sud Italia è in calo, ma la qualità è interessante. Le uve, nonostante tutto, sono fragranti e c’è spazio per fare rossi solidi e personali come in Puglia, dove il Primitivo può tornare alla sua fisionomia classica di vino concentrato e ricco. Per quanto riguarda l’Aglianico e la denominazione Taurasi, la vendemmia è ancora lontana. Siamo sui tempi classici, ma un po’ tutta la Campania non sembra dover ricorrere ad una vendemmia anticipata di moltissimi giorni rispetto alla media. Anche qui le rese sono molto basse, quasi imbarazzanti. Fra le varietà alloctone è andato molto bene il syrah, mentre il merlot è rimasto in netta difficoltà, ma lo sappiamo - conclude Mercurio - stiamo parlando del vitigno “dell’acqua”, non proprio una pianta abituata al clima mediterraneo”.
“I rossi hanno la possibilità di esprimersi al meglio, soprattutto dopo le recenti piogge che hanno rimesso le piante in forza - spiega Fabio Mecca, anch’egli giovane e promettente enologo con consulenze in Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata e Campania - I precoci come il Merlot hanno dimostrato di soffrire molto queste condizioni di caldo continuo e stanno dando vini un po’ piatti. I vitigni locali, quelli che di solito si colgono fra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, dovrebbero dare risultati molto buoni”.
Franco Pallini

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