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LO SCENARIO

Inflazione, costo del denaro e consumi a rilento pesano sulle cantine italiane

A WineNews le riflessioni sul complesso quadro economico mondiale di realtà top del vino del Belpaese, tra gruppi consolidati, griffe e cooperative

L’inflazione non corre più come qualche mese fa, ma è ancora elevata ed erode il potere di acquisto delle famiglie, in Italia e nel mondo. I costi delle materie prime, dei materiali e dell’energia calano, ma restano alti, ed il rialzo del tassi di interesse decisi dalla Bce in questi mesi, hanno fatto schizzare in alto il costo del denaro e dei mutui. Una tempesta economica perfetta, che impatta su tutti i settori dell’economia. Vino, ovviamente, incluso. Con le imprese, che siano grandi aziende strutturate, piccole griffe di eccellenza, o grandi gruppi cooperativi, che fanno i conti con margini che si riducono e modelli gestionali da rivedere, anche alla luce di un accesso al credito sempre più oneroso e complicato. Il tutto con la consapevolezza di un quadro molto difficile, ma senza panico, perché il settore, nonostante tutto, almeno con le sue realtà più virtuose, è solido ed è stato capace, negli anni, di affrontare e superare molte crisi. Come emerge dalle riflessioni di produttori e manager di alcune delle più importanti aziende del vino italiano, per valore economico, dimensioni o blasone - come Antinori, Caprai, Biondi-Santi, Frescobaldi, Angelini Wines & Estates, Planeta, Terre Cevico, Gruppo Italiano Vini (Giv) e San Michele Appiano - a cui WineNews ha chiesto come l’attuale situazione che vede, tra le altre cose, il Pil in calo (in Italia e non solo), i consumi che non corrono e i tassi di interesse alzati a più riprese dalla Bce, che rendono per tutti più difficile l’accesso al credito per liquidità ed investimenti, stiano impattando sulla gestione aziendale. Con uno sguardo ad una vendemmia che, a detta di tutte le previsioni, sarà piuttosto scarsa in quantità.
Riflessioni che, come detto, partono da un quadro economico, italiano e mondiale, decisamente poco brillante. Secondo un’analisi di Alessandro Minello, docente di Economia dei sistemi d’impresa all’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’inflazione, in un anno, costa alle famiglie italiane mediamente 1.700 euro. Mentre secondo un’analisi del portale di comparazione dei prezzi Facile.it, considerando la situazione attuale e i futures sull’Euribor, indice di riferimento per i mutui a tasso variabile, “con il rialzo dei tassi della Bce, chi ha sottoscritto un mutuo medio variabile a gennaio 2022 ha subito finora un esborso del 60% in più, una percentuale che potrebbe arrivare al 61% a dicembre, per poi scendere a luglio 2024 al +57% rispetto alla rata iniziale”. Inoltre, come sottolinea un articolo del “Wall Street Journal”, a livello macroeconomico, l’Europa, che resta l’area del mondo più importante per i consumi di vino, dopo decenni di crescita, si sta impoverendo, e sta anche invecchiando come popolazione.
“I francesi mangiano meno foie gras e bevono meno vino rosso. Gli spagnoli stanno centellinando sull’olio d’oliva. I finlandesi sono invitati a utilizzare le saune nei giorni ventosi quando l’energia è meno costosa. In tutta la Germania, il consumo di carne e latte è sceso al livello più basso in tre decenni e il mercato degli alimenti biologici, un tempo in forte espansione, è crollato. Il Ministro dello Sviluppo Economico italiano, Adolfo Urso, ha convocato una riunione di crisi a maggio sui prezzi della pasta, l’alimento base preferito del Paese, dopo che sono aumentati di oltre il doppio del tasso di inflazione nazionale”, scriveva il giornalista Tom Fairless, in un pezzo sul più importante giornale finanziario al mondo del 17 luglio, dove si sottolineava che “corretti per l’inflazione e il potere d’acquisto, i salari sono diminuiti del 3% dal 2019 in Germania, del 3,5% in Italia e Spagna e del 6% in Grecia. I salari reali negli Stati Uniti sono aumentati del 6% nello stesso periodo, secondo i dati dell’Ocse”.
Cifre che, a loro modo, sintetizzano la complessità della situazione per famiglie ed imprese. In particolare per quelle del vino. Settore in cui, come noto, la marginalità non è enorme, ad eccezione di poche realtà di assoluta eccellenza, ed in cui gli investimenti, per quanto molto spesso cofinanziati con fondi pubblici come quelli dei Psr o dell’Ocm Vino, richiedono ingenti quantità di liquidità che spesso arriva dalla banche e che, quindi, ora costa molto più di prima.
“La situazione congiunturale è particolare perché dopo l’euforia post-Covid, ora c’è una maggiore riflessione, come è normale che sia, altrimenti si correva il rischio di perdere il contatto con la realtà - è l’analisi di Renzo Cotarella, ad Marchesi Antinori, realtà di riferimento, per prestigio e come modello imprenditoriale, del vino italiano - certamente l’aumento dei tassi non aiuta e un po’ di rallentamento c’è nell’industria in generale. La stagione vitivinicola è stata molto difficile, i mercati sono appunto più riflessivi, e questo non è sicuramente il modo migliore di affrontare la vendemmia. Ma, in generale, non ci sono grandi difficoltà, almeno nell’area dei vini ultra-premium, sopra i 10-15 euro allo scaffale, che va ancora abbastanza bene. Sono le aree dei vini meno costosi a temere una riduzione dei consumi importante. Il settore del vino in generale non dà segni di grande sofferenza, e a fronte di un po’ di rallentamento sul 2022, c’è anche una maggiore consapevolezza nell’affrontare la situazione. I tassi di interesse rallentano gli investimenti, ma ci sono anche altri aspetti che sono tornati ad essere gestibili nel riequilibrarsi del mercato, come i costi dell’energia, che dopo gli aumenti importanti dell’anno passato, sono tornati praticamente alla normalità, e questo certamente aiuta il vino. Che, comunque, non si vende da solo, ma richiede molto lavoro e il saperlo gestire”.
“Ciò che avviene sta impattando sulle aziende, ma soprattutto sui nostri clienti, che stanno tirando i remi in barca, di fronte a mutui magari raddoppiati - sottolinea Lamberto Frescobaldi, alla guida di Marchesi Frescobaldi, dinastia storica e realtà di riferimento del vino italiano, e presidente Unione Italiana Vini (Uiv) - sui giornali leggiamo che le città balneari hanno alzato i prezzi, e che le persone si stanno muovendo meno o comunque spendendo meno, preferendo viaggiare all’estero. Le città d’arte fanno eccezione, e sono piene di turisti americani, ma fuori la situazione cambia. Un dato su tutti, invece, sull’inflazione: il costo del vetro per le bottiglie che era andato alle stelle, ora sta tornando indietro e le vetrerie iniziano a fare sconti. Ma con l’aumento forsennato del costo del denaro la Bce sta bloccando l’economia, le aziende con le spalle grosse stanno reggendo il colpo, ma dobbiamo pensare anche alla nostra clientela. C’è poi l’impatto sulle banche, che se continueranno ad essere obbligate a vendere il denaro a prezzi molto alti, non sapranno come fare il loro mestiere. Riguardo alla vendemmia, è vero che peronospora e maltempo hanno fatto tanti danni che hanno colto molti impreparati, ma quantitativi non qualitativi, e le aziende organizzate ed attrezzate porteranno a casa la loro uva, meno ma di qualità, parlando anche come Frescobaldi”.
“L’inflazione sta scendendo ma non così rapidamente come ci aspettavamo, e questo - sottolinea, invece, Ettore Nicoletto, ceo Angelini Wines & Estates, tra i gruppi più importanti del vino italiano, di proprietà della famiglia Angelini, alla guida del famoso gruppo farmaceutico - sta avendo un impatto sui consumi e sta comprimendo la domanda. Lo vediamo soprattutto nel retail e nel canale moderno. Abbiamo e avevamo molte più speranze sul canale on-trade, sul fuoricasa, ma per quanto il primo semestre 2023 sia andato bene e abbia in parte sopperito alle carenze di consumi sul canale moderno, le bizzarrie del meteo negli ultimi mesi hanno creato situazioni di disagio che hanno impattato sia sul turismo, soprattutto domestico, che sui consumi in generale, perché si è potuto consumare meno fuori nei tavoli di locali e ristoranti, inasprendo il quadro del mercato interno che non è affatto positivo. Se guardiamo all’estero, i temi sono sempre gli stessi, inflazione, tassi di interesse molto alti, costi di gestione che proprio per effetto di tassi ed aumenti portano le imprese a snellire ed efficientare, e soprattutto nella distribuzione, in mercati come il Nord America, a fenomeni di destoccaggio molto violenti. Gestire le scorte - spiega ancora Nicoletto - costa sempre di più perché il costo del denaro è molto più alto dell’anno scorso, e le società di distribuzione che commercializzano cercano di tenere le scorte molto basse. Sul mercato americano il livello delle scorte di vini e spirits è il più alto degli ultimi 10 anni, e quindi il sistema deve necessariamente destoccare per allinearsi ad una domanda che si sta dimostrando molto depressa. In sintesi, l’industria del vino nazionale si sta confrontando con un quadro molto diverso rispetto al biennio 2021-2022, in cui abbiamo registrato un rimbalzo euforico, e nel quale oggi l’economia si sta correggendo e i consumi si riducono per effetto appunto di inflazione e tassi. Credo che questo sarà un anno di consolidamento dei risultati conseguiti dal settore negli ultimi anni, e che il 2024, sono ottimista, sarà un anno in cui i costi di approvvigionamento scenderanno, perlomeno per i materiali di confezionamento, e l’inflazione dovrebbe scendere non ai livelli pre-pandemia ma comunque accettabili, rimettendo in moto la domanda. Abbiamo solo un grande punto interrogativo in Italia, che è la vendemmia 2023 dalla quale, tra patologie della vite ed eventi meteo, rischiamo di avere una sorpresa, in negativo, dal punto di vista produttivo con un calo molto significativo. In sostanza, nel 2023, dobbiamo tenere duro, riorganizzarsi ed accettarlo come un anno di correzione e di assestamento, preparandoci per un 2024 in ripresa”.
“Dopo 8 mesi è ormai certo che il 2023 sia stato un anno difficilissimo, i rincari dei materiali, dell’energia, la situazione economica mondiale ci hanno lasciato pochi strumenti anche per fare promozione ed investimenti - spiega Roberta Corrà, al vertice del Gruppo Italiano Vini (Giv), leader che mette insieme 15 cantine in tutto il Belpaese, ma anche di Italia del Vino Consorzio, raggruppamento di 25 aziende che valgono un fatturato di 1,6 miliardi di euro, ed il 15% dell’export italiano - quindi speriamo che le cose finiscano meglio di come sono iniziate. Abbiamo visto che sui materiali e sull’energia c’è stato comunque un miglioramento, ma i consumi calano. Oggi ricorrere al credito è assolutamente più complicato rispetto ad un anno fa. Ci aspettano delle sfide molto importanti, speriamo di fare un finale di anno 2023 e un inizio 2024 positivo, dobbiamo già guardare al primo trimestre del prossimo anno pensando alla promozione e alle prime negoziazioni con la distribuzione internazionale. Serve una svolta, che al netto di tutte le questioni tecniche richiede il ritorno ad un po’ di ottimismo, che servirebbe a far ripartire i consumi, a ridare più spinta alle aziende, che avrebbero più energia e risorse per investire, e nel lungo periodo si rimetterebbero a posto tutti i numeri”.
Se questa è la visione delle grandi aziende, non cambia di molto il pensiero di chi è alla guida di cantine di assoluto prestigio, ma di dimensioni più contenute, a testimonianza di come i tempi non siano semplici per nessuno. “Per il mondo del vino quelle che arrivano dall’economia non sono belle notizie, e in particolare per chi produce vini da invecchiamento, come Brunello, Barolo o Sagrantino che hanno invecchiamenti mediamente piuttosto lunghi, su cui si rifletterà il costo del denaro, andando ad erodere le marginalità - secondo Marco Caprai, alla guida di Arnaldo Caprai, cantina che ha rilanciato il Sagrantino ed il territorio di Montefalco nel mondo - l’inflazione rimane piuttosto alta, a partire dalla benzina per chi va in vacanza, e da tanti altri beni che si muovono di conseguenza. La Bce sta cercando di raffreddare l’economia per abbattere l’inflazione, ma questo aumenta i disagi, e porta ad una nuova infiammata sui prezzi come quelli dei carburanti. Non siamo economisti, ma qualche dubbio su queste misure ce l’abbiamo. Poi c’è il tema di che cosa mette il Governo sul piatto perché l’industria rinunci agli aumenti, e di conseguenza anche la gdo lo faccia. Ed in un’epoca di libero mercato, alla fine, il problema ricadrà sulle aziende. Questa stagione avrebbe dovuto portare grandi investimenti in agricoltura, tra Pnrr e altre misure alle quali il settore poteva in questo momento accedere, e invece, a fronte di un’enormità di risorse messe a disposizione, magari le aziende non avranno credito per poterli realizzare. Il quadro non è dei migliori, e su questo si abbatte la vendemmia di quest’anno, che però tra tutti i mali che potrà avere, potrebbe riequilibrare le giacenze, ma non può essere la peronospora a stabilizzare i mercati del vino, ci vuole un programma definito”.
“A livello di mercato, nell’alto di gamma non vediamo ancora alcun effetto negativo - osserva, dal canto suo, Giampiero Bertolini, ad di Biondi-Santi, “culla” del Brunello di Montalcino, oggi del gruppo francese Epi, della famiglia Descours, e che possiede anche Isole e Olena, nel Chianti Classico - per il credito, a medio-termine, il modo in cui abbiamo affrontato la situazione fino ad oggi è stata di ridurne l’eventuale necessità, mentre fino a poco tempo fa siamo riusciti ad avere tassi fissi buoni. Sulla parte commerciale, nei prossimi mesi, dai segnali che già arrivano da Paesi come Usa e Uk, ci aspettiamo un rallentamento per i vini nella fascia intermedia, più che in quella alta. Per il momento siamo abbastanza attendisti, non negativi, e restiamo alla finestra aspettando di vedere come vanno le cose da qui ad ottobre, e siamo molto cauti su quello che pianificheremo per il prossimo anno perché ci aspettiamo che il trend cambierà entro fine anno. Anche valutare aumenti di prezzo come ci porterebbe a fare l’inflazione non è facile da pianificare in questo momento. Aumenti che oggi stiamo assorbendo e tenendo in pancia, perché non si riuscirà a farli come in passato. Almeno l’inflazione potremo coprirla con i prezzi, ma poi comanda il mercato e bisognerà capire cosa succede. Come Biondi-Santi il prodotto è allocato, e come Isole e Olena lo è quasi tutto. Da un’analisi che abbiamo fatto sui vini del mondo, a partire dai grandi vini francesi presenti nel Live-ex, già da ottobre 2022 è emerso un primo segnale di rallentamento nella crescita, ma non è negativo perché si stanno riassestando sui livelli degli anni passati”.
“Non siamo pessimisti. È certamente un momento di tassi più alti, ma anche una fase in cui i rialzi dei listini dei produttori sono stati in qualche maniera digeriti dal sistema - spiega Alessio Planeta, ad Planeta, che ha segnato il rinascimento del vino siciliano -abbiamo lavorato per tanti anni in un mondo a tassi bassi, ora lavoriamo in un mondo a tassi alti per cui dobbiamo rivedere il nostro modo di agire come imprenditori. Sicuramente non è un momento brillante, ma mi sembra presto per iniziare a preoccuparsi, perché non possiamo farlo appena c’è un piccolo segnale. Vediamo cosa succederà dopo l’autunno. Il mondo si muove in maniera diversa, ci sono mercati che ancora vanno bene, altri che sono un po’ più stanchi, ma in generale noi siamo in linea con le vendite in crescita dell’anno scorso, e contiamo di finire l’anno così. La vendemmia non è abbondante, lo sappiamo tutti, ma ci sono anni buoni e anni meno buoni. E se anche il turismo rallenta, lo fa in un trend crescente”.
Consapevolezza delle difficoltà, ma niente panico, arriva anche dal mondo cooperativo.
“La situazione economico-finanziaria impatta sul vino e sui consumi in modo importante, sia in termini di volumi complessivamente movimentati che di tipologia sul fronte consumi - afferma Marco Nannetti, presidente del gruppo Cevico, cantina cooperativa con il cuore in Emilia Romagna, che rappresenta 5.000 soci ed ha appena festeggiato i 60 anni - e l’inflazione che perdura ormai da un anno e mezzo e ha sfiorato anche la doppia cifra, abbinata all’aumento dei tassi da parte della Bce, significa meno soldi in tasca delle persone, e ove possibile al vino si rinuncia, o si rimanda l’acquisto. Sul fronte aziendale in una realtà ben strutturata come la nostra la situazione è gestibile, ma facendo degli adattamenti, che vuol dire modifiche ai piani di investimento e sulle strategie rispetto alle coperture finanziarie. Chi fattura centinaia di milioni di euro, è chiaro che si ritrova oneri finanziari significativamente più alti rispetto agli esercizi precedenti, e che impattano sul valore delle uve che poi possiamo liquidare. Auspichiamo un cambiamento nei tempi più rapidi possibili sulle politiche economiche-finanziarie della Bce, sapendo che il processo di rientro dell’inflazione non è semplice e breve, ma lungo e articolato. Però dobbiamo partire almeno dal blocco se non dalla riduzione dei tassi di interesse. Questo per permettere a chi ha una famiglia normale un consumo di vino più costante. Nel canale horeca, quest’estate, anche gli operatori della ristorazione sono stati costretti ad aumentare i prezzi, rendendo talvolta l’accesso alla ristorazione privata un problema per le famiglie con questi costi, e dunque con effetti sull’indotto più in generale assolutamente preoccupanti e sul fronte dei consumi anche di vino. I dati degli ultimi giorni del -30% di turisti italiani in Italia parlano chiaro, e non possono essere sottovalutati, ma devono farci riflettere”.
“Siamo a metà anno e per il momento registriamo solo una leggerissima flessione - dice Hans Terzer, il winemaker e manager alla guida della cooperativa di San Michele Appiano, una delle stelle dell’Alto Adige del Vino - guardando al futuro, sulla vendemmia stiamo intervenendo come ogni anno, andando a diradare e diminuire le uve dove è necessario. Abbiamo i nostri margini e continuiamo a seguirli, per un’eventuale sovrapproduzione da noi non si paga niente, la nostra politica aziendale è molto rigida e i nostri soci conferitori si danno da fare. Andremo avanti come abbiamo sempre fatto, dando sempre molto peso alla qualità in vigna e premiandola. Non credo che sul mercato succederà chissà che cosa, siamo molto consolidati e se anche avessimo un calo di 2-3 punti, sopravviveremo. Guardando ai costi, il vetro non è diminuito, leggermente lo sono l’energia e gli imballaggi, mentre noi abbiamo alzato gli stipendi. Lavorando bene, insomma, la situazione congiunturale non ci spaventa. Certamente non c’è l’euforia che si sentiva un anno fa, anche nell’ambito del turismo, in questo periodo, e dobbiamo stare molto attenti a non fare cose sbagliate, come offrire vini a prezzi stracciati”.

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