Senza l’Intelligenza Artificiale (Ia) molte delle applicazioni già adottate da tempo in vigneto per una conduzione più accurata e sostenibile non sarebbero possibili, per non parlare del miglioramento genetico della vite e delle altre piante agrarie, che non potrebbe fare un passo in più senza la capacità predittiva dell’Ia, sperando che il progresso informatico risponda adeguatamente alla necessità di gestire e stoccare la quantità di dati generata. E non sembri un’esagerazione, perché la ricerca genetica è la scienza che produce la mole di dati più elevata di tutti i tempi. “Alla base della conoscenza e dell’uso dell’intelligenza artificiale ci sono gli studi di Leonardo Fibonacci (1170-1242) che indagò i meccanismi matematici degli algoritmi”, ha raccontato il professor Attilio Scienza, introducendo la relazione tra vino e intelligenza artificiale, a Wine2Wine, il “business forum” di Vinitaly, a Verona. “Già negli anni ’50 - ha ricordato Scienza - si parlava di Ia definendo tre obiettivi: agire come agirebbe un uomo, pensare come penserebbe un uomo, affrontando le situazioni mediante le funzioni cognitive, e prendere decisioni orientate ad ottenere il miglior risultato possibile sulla base dei dati effettivamente disponibili. Ma andando ancora indietro, questo pensiero parte dall’Illuminismo, periodo di cui non abbiamo contezza completa perché la Chiesa l’ha considerato come un attacco alla conoscenza religiosa a favore della la forza del pensiero. È dall’Illuminismo che partono le conoscenze di chimica, fisica, microbiologia che hanno dato le basi per quello che oggi pratichiamo in vigneto e in cantina. E inoltre, e altrettanto importante, l’Illuminismo ha dato la consapevolezza agli uomini della loro capacità di pensare. Ha dato dignità e reso consapevole la borghesia di poter avere un proprio pensiero rispetto ai potenti che governavano. A 300 anni dall’Illuminismo l’Ia può avere, e ha già, importanti utilizzi concreti. Ci sono ambiti di scienza che non potrebbero avanzare senza”. Le applicazioni dell’Ia più importanti in ambito vitivinicolo riguardano il miglioramento genetico della vite in cui l’utilizzo di un algoritmo di machine learning per l’analisi predittiva del comportamento di alcuni geni in determinate situazioni di stress aiuta a prevedere, ad esempio, quali geni sono più importanti per la sopravvivenza della pianta di fronte a freddo, asfissia radicale, siccità o presenza di parassiti. “L’intelligenza artificiale è fondamentale in genetica in generale e ancora di più nella genetica applicata alla vite perché il volume di dati che produciamo è altrimenti ingestibile - ha spiegato Carlo Pozzi, genetista dell’Università di Milano - quindi parliamo dei dati derivanti da sequenze di Dna, da fenotipizzazione guidata con droni, satelliti e quant’altro. Tutto questo genera un volume di dati che deve essere gestito da modelli, diversamente non riusciremmo a tradurre il genotipo in fenotipo, cioè in qualcosa che si possa poi gestire in campo. Dunque, la genomica, quindi la capacità di produrre dati in genetica, è la scienza che sta producendo più dati di tutte, in assoluto, in qualsiasi epoca. L’informatica si deve adattare, deve stare al passo, quindi noi dobbiamo avere a disposizione sistemi di gestione dati, di analisi e di stoccaggio adeguati e probabilmente non abbiamo ancora cominciato a intuire quanto grandi debbano essere”. L’altro ambito di applicazione dell’Ia è quello della viticoltura di precisione o viticoltura 4.0, che, come ha spiegato Luca Toninato, vice presidente di Enogis, “ottimizza le strategie di coltivazione migliorando rese, contenuto nutrizionale e resilienza climatica delle colture. La viticoltura di precisione, grazie all’utilizzo delle information technologies, consente la raccolta di informazioni per una gestione razionale e sostenibile del vigneto, concentrandosi su interventi agronomici a rateo varIabile e mappe di vigore. Si riesce così a ottimizzare la produzione viticola in termini di qualità e quantità tenendo conto delle effettive esigenze della coltura e delle caratteristiche biochimiche e fisiche del suolo”. Tornando all’Illuminismo, Scienza ha ricordato che Kant, il grande filosofo tedesco, indicandone il motto in “sapere aude”, “abbi il coraggio di conoscere”, definiva i nuovi valori della conoscenza: ottimismo, uguaglianza, tolleranza, fratellanza, solidarietà, progresso, libertà e felicità. E si è chiesto: “sarà capace, l’Ia, di dare al progresso delle conoscenze, gli stessi contenuti immateroali dell’Illuminismo e di mettere al centro della sua azione l’uomo?”. Solo il tempo lo dirà.
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