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Internazionale

Tour alcolico in Polonia ... A Stettino, Poznan e Zielona Gora, tra fabbriche di vodka, birrerie e vigneti. Degustazioni infinite e qualche rapido sguardo alle città... Il primo bicchiere lo beviamo tutto d’un fiato: è una vodka chiara della Luksusowa prodotta a Zielona Gora. Il secondo lo centelliniamo, e pure il terzo. Poi con cautela assaggiamo di nuovo il primo liquore. Davanti a noi ci sono sette bicchieri: quelli sottili da vodka, ma anche calici pieni di bevande limpide o torbide, dolci o pungenti. Tutte ad alta gradazione alcolica. Sono le undici del mattino. Per il pomeriggio il programma prevede unavisita auna fabbrica di birra. Che cosa ci attendeva lo sapevamo già. Questo pacchetto vacanze si chiama “fluido polacco”. Basta dare un’occhiata al dépliant per capire che non si tratta di un corso di lingua. L’ente del turismo nazionale ha avuto coraggio, visto che i polacchi sono spesso considerati dei pigri ubriaconi. I ristoratori di Cracovia e di altre città polacche ce l’hanno con le compagnie aeree low cost che scaricano i britannici in cerca di bevute a buon mercato. Le agenzie turistiche rincarano la dose: in Polonia si beve volentieri, soprattutto in compagnia. Vodka, ma anche birra e vino. Le agenzie adottano una strategia raffinata: dicono che l’alcol bevuto in gruppo favorisce gli scambi culturali. Del resto l’ospitalità dei polacchi, che accolgono i turisti con minestre di crauti, scaloppine e involtini, non sarebbe sopportabile senza un po’ d’alcol. Uno studio tedesco ha calcolato che nel 2009 in Polonia sono stati consumati in media 7,7 litri di alcol puro pro capite. Secondo Pablo Picasso, i tre fenomeni più sorprendenti della prima metà del ventesimo secolo erano il blues, il cubismo e la vodka polacca. O almeno è quanto afferma un dépliant di un produttore polacco di vodka. Nel 1935 Julian Tuwim, un poeta noto soprattutto per aver composto poesie per bambini, scrisse un manuale delle bevande alcoliche dove afferma che tra i trenta milioni di polacchi, “cinque milioni sono bevitori navigati”, il manuale ha 280 pagine di proverbi e metafore da osteria tratti dalla letteratura e dalla tradizione popolare polacca. In quale altro paese è concepibile che il più apprezzato autore di libri per bambini curi un’enciclopedia per bevitori? L’alcol ha un ruolo di primo piano nella letteratura polacca, a partire da Mikolaj Rej passando da Adam Mickiewicz - “il vecchio bevitore, già logore le budella, non sopporta più la coppa, che ha veduto solo quella”-, per arrivare alle opere di Andrzej Stasiuk. La frase “na wojn isc” non si traduce solo come “andare in guerra”, ma anche come “andare in osteria”, stando a Karol Estreicher, creatore del sistema bibliografico nazionale. Inoltre sono tanti i nomi usati dai polacchi per indicare la vodka: wodeczka, wodzia, woda, wodziunia, wodziuchnia, wodziula, wodziulka, wodzisko, wodecznosc.

Vodka scura. Il viaggio comincia a Stettino, dalle cantine a volta della Polmos, trentacinque metri sotto il livello del suolo. Nel 1863 qui si produceva birra, in seguito si passò all’acquavite e al cognac. Dal 1945 si produce vodka. Le botti, in cui il liquore matura per alrneno dieci anni, sono in legnodi rovere polacco e in alcuni casi sono spedite a Malaga, riempite per quattro anni di vino dolce e rispedite in Polonia quando hanno assobito l’aroma. La vodka di segale distillata in questo stabilimento si chiama Starka, un nome che deriva dall’aggettivo “stary”, “vecchio”. Oltre a essere vecchia è anche molto forte: la sua gradazione alcolica è del 50 per cento, dieci punti percentuali in più del solito. La Starka è scura come lo erano tutti i tipi di vodka, prima che si decidesse di portare l’alcol a ebollizione per schiarirlo. Per assaporarla al meglio va bevuta con un bicchiere da cognac. Con il passare degli anni la Starka è sempre più forte e amara. Quella maturata per cinquant’anni è rara e costa settecento euro la bottiglia. Il controllo del sapore lo fa da quindici anni un’unica persona, che ogni giorno passa di botte in botte per valutare l’invecchiamento del liquore. Dopo la degustazione, saluto il resto del gruppo e visito Stettino: le sbiadite facciate liberty ricordano gli sfarzi di un tempo. Nella pianta a forma di stella, che valse a Stettino il nome di “Parigi del nord”, si vedono ancore le tracce dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Di fronte al castello ricostruito dei duchi di Pomerania, usato oggi per mostre e concerti, sono state ristrutturate alcune case d’epoca, tra cui anche quella di Alfred Döblin. In Rynek sienny, la piazza del mercato del fieno, accanto all’antico municipio, dominano le facciate barocche. Una di queste è rovinata da uno striscione che pubblicizza uno studio di chirurgia odontoiatrica. Nel voivodato di Lubusz, il lussuoso albergo Palac Mierzecin, situato nell’antico castello di Mehrenthin, soddisfa sotto molti aspetti le elevate esigenze dei suoi ospiti. Nella sua tenuta di duecento ettari ci sono boschi, fiumi e laghi, una scuderia, un giardino inglese e uno giapponese, due ristoranti, un bowling e le terme. E soprattutto un vigneto di 6 ettari, il secondo della Polonia, dove si coltivano diciotto varietà di vite, tra cui Pinot nero, Pinot grigio e il Riesling. Per questa azienda di albergatori polacchi la viticoltura non è un’attività economica, ma “un divertimento”, mi spiega Roman Gromadzinski, un loro collaboratore. I grappoli d’uva sono cresciuti bene e i loro acini sono di una dolcezza straordinaria, ma nella sala da pranzo dell’albergo ci servono uno Chardonnay australiano. Il primo sorso di vino polacco ce lo offre Krzysztof Fedorowicz che, oltre a lavorare per un giornale locale, gestisce l’azienda vinicola Milosz di Zabór, quindici chilometri a est di Zielona Gora. Per il momento, però, il giornalista sta ancora facendo pratica: il Devin che mi offre è troppo aspro e lo Zweigelt ha un sapore molto diverso rispetto a quello voluto. I vignaioli polacchi non possono ancora mettere in commercio i loro prodotti a causa degli ostacoli burocratici. Secondo la legge polacca il vino può essere venduto solo dalle aziende, però le tasse sui prodotti rendono la viticoltura poco redditizia per i piccoli coltivatori. Ma qui entra in campo l’arte d’arrangiarsi, tipica dei polacchi: Krzysztof Fedorowicz ci vende i suoi biglietti da visita. Costano 15 zloty (3 euro) l’uno e prevedono una bottiglia in omaggio.

A Zielona Gora la viticoltura è esaltata un po’ ovunque; con statue dedicate ai vendemmiatori e grappoli in ferro che adornano le ringhiere dei balconi. Nel cuore della città c’è anche un vigneto i cui frutti rinsecchiti non sembrano tollerare molto bene il clima cittadino. Anche se il cambiamento climatico favorisce la viticoltura, a Zielona Gora i giovani preferiscono la birra. Una bevanda che scorre a fiumi nella discoteca Kombinat Kultury. È un primo segno del fascino esercitato dalla cultura tedesca. La fabbrica della vodka Luksusowa si trova vicino alla città vecchia di Zielona Gora. Ai visitatori vengono date delle cuffie e dei camici bianchi: l’operazione vodka può cominciare. Nel capannone della fabbrica una macchina lava le bottiglie, le riempie, le tappa, le etichetta e le sistema nelle casse. Senza far caso al rumore assordante, le operaie guardano le bottiglie che gli scorrono davanti, cinquemila all’ora su un nastro trasportatore, quindicimila sull’altro, e attendono il passaggio di quelle che hanno l’adesivo storto per scartarle con un rapido gesto: l’illustre marchio Pan Tadeusz non potrebbe mai ammettere un difetto dell’etichetta, su cui sono incisi il nome del liquore e il profilo di un uomo dagli imponenti favoriti. Si tratta di Adam Mickiewicz, il poeta nazionale polacco che ha scritto Pan Tadeusz, il secondo libro più famoso del paese dopo la Bibbia. Quando la Polmos nel 1999 ha lanciato l’omonimo marchio ha voluto approfittare di questa celebrità. Diversi anni dopo l’azienda è stata citata in giudizio e ha evitato la causa modificando alcune decorazioni copiate dalla prima edizione del libro. La Pan Tadeusz resta così una prova dello stretto legame esistente in Polonia tra letteratura e cultura del bere.

Archeologia industriale. In epoca socialista la produzione polacca di bevande alcoliche era in mano allo stato che la controllava attraverso il monopolio della Polmos. Con il crollo della cortina di ferro, i circa venti stabilimenti dell’azienda sparsi in tutto il paese hanno ottenuto l’autonomia e a ognuno è stato assegnato un marchio diverso: la Polmos di Poznan ha ottenuto l’esclusiva per la Wyborowa, la Polmos di Zielona Gora quella della Luksusowa e della Siwucha. Oggi solo cinque impianti sono ancora di proprietà statale, mentre gli altri sono stati privatizzati e in alcuni casi venduti a gruppi stranieri. Lo stabilimento di Zielona Gora, comprato prima da una società svedese e poi da una francese, ora appartiene alla Pernod Ricard, il secondo produttore di liquori del mondo, che ha anche comprato laWyborowa di Poznan. Il disegno della bottiglia per il suo marchio più esclusivo, la vodka Exquisite, è stato realizzato dall’architetto canadese Frank Gehry. In una piccola distilleria della Exquisite, vicino a Poznan, partecipiamo a una degustazione seguita da una rivelazione che ci fa smaltire subito la sbornia: la vodka più venduta in Polonia è l’olandese Bols. “Poznan miasto know-how”, Poznan la città dove sanno fare tante cose, è lo slogan con cui si presenta l’ultima tappa del nostro viaggio. La visita non parte né dalla magnifica cattedrale né dal castello imperiale e nemmeno dal municipio rinascimentale nella piazza del mercato vecchio. Entriamo subito nella birreria Brovaria. Da cinque anni qui si serve birra non pastorizzata prodotta sul posto. Dalle caldaie per la preparazione della birra partono tubi lunghi sessanta metri che arrivano fino ai banconi dell’osteria. Maciej Paczkowski, un dipendente della Brovaria, ne spiega la “missione”: offrire una birra diversa dal solito. Paczkowski si irrita al pensiero dei polacchi che bevono solo una tremenda birra leggera o, per citare la sua espressione in tedesco, Scheißlager (lager di merda). Mentre, precisa Paczkowski, la birra della Brovaria contiene una vasta gamma di oligoelementi e sostanze nutritive, oltre a tutta la serie delle vitamine del gruppo B.

Dopo aver assunto la nostra dose di vitamine partiamo all’esplorazione di Poznan: l’isola della cattedrale, considerata la culla dell’intera Polonia, il parco che circonda il lago Malta, con il suo campo di regata, la pista da sci, la ferrovia e quindi l’ex fabbrica di birra Stary Browar. Grazyna Kulczyk, la donna più ricca del paese, ha comprato questo reperto di archeologia industriale e l’ha trasformato in un centro commerciale e culturale. La galleria ha ricevuto un premio per il design e la sua creatrice ha ricevuto dalla stampa polacca il benevolo appellativo di madame Browary. Dalla vecchia fabbrica di birra ci trasferiamo nella nuova, lo stabilimento della Lech aperto nel 1980 alla periferia della città e ristrutturato nel 2003. Qui s’imbottigliano ogni anno 22 milioni di ettolitri di birra, proprio quella lager scadente tanto denigrata dalla concorrenza della Brovaria. La Lech, una pilsner chiara e leggera, non è dedicata né a Walesa, né a Kaczynski, bensì a Lech, duca dei polani, che la leggenda considera il padre di tutti i polacchi. Ogni anno ventimila persone visitano lo stabilimento. il suono di una sirena ci fa sobbalzare, ma segnala soltanto che il mosto in cottura nella caldaia è pronto. A Poznan, durante un pranzo in un albergo a cinque stelle, abbiamo assaggiato la vodka al miele servita in un bicchiere di ghiaccio: va bevuta subito perché il ghiaccio si scioglie velocemente. Abbiamo scoperto che i tedeschi e i polacchi sono molto simili. Se si alza il gomito, molte parole tedesche sembrano polacche e quando a Varsavia bisogna dire che si è bevuto tanto da non poterne proprio più si usa la parola di origine tedesca “fertyk”, più o meno “sono al capolinea”.

Jörg Thomann, Frankfurter Allgemeine Zeitung

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