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“IRRIGARE E NON ARRENDERSI ALLA SICCITÀ”: ECCO IL MONITO DELL’ASSESSORE ALL’AGRICOLTURA DEL VENETO FRANCO MANZATO. UN AVVERTIMENTO CHE INTERESSA TUTTA L’ITALIA ENOICA. CHE, PER IL FUTURO, DEVE RIPENSARE L’USO DELL’IRRIGAZIONE IN VITICOLTURA

“Invito gli agricoltori a tenere duro, ad irrigare, a non arrendersi alla siccità, della quale le previsioni preannunciano uno stop nell’ultima parte di agosto. Le aziende che ne hanno bisogno si mettano assieme e provvedano a dare acqua alle colture ricorrendo a terzisti, così da ottimizzare e ridurre il costo dell’intervento”. E’ la proposta dell’assessore all’agricoltura del Veneto Franco Manzato, secondo il quale “si stanno registrando problematiche nei vigneti a altitudine più elevata dei Colli Euganei ma di massima la vendemmia sta procedendo discretamente, con previsioni qualitative interessanti”.

Un problema quello dell’irrigazione in viticoltura che non interessa esclusivamente il Veneto, ma tutta quanta l’Italia. In primis perché il clima alle nostre latitudini sta decisamente cambiando, avvicinandoci, in estate, addirittura alle condizioni delle zone più settentrionali dell’Africa, in seconda battuta perché l’unica irrigazione ammessa nella stragrande maggioranza dei disciplinari di produzione prevede l’assistenza idrica soltanto per le viti giovani (massimo 3 anni dall’impianto) e non pare essere una misura capace di rispondere con adeguato tempismo ai problemi causati dal clima, anche nel caso che siano soltanto “una tantum”.

Certo, introdurre l’irrigazione per la produzione dei vini più importanti del Bel Paese avrà delle ripercussioni sui costi e, soprattutto, sullo stesso profilo qualitativo delle future etichette così ottenute (minore tuttavia di quello causato da pratiche enologiche spinte, per esempio, per ridurre grado alcolico e aumentare l’acidità), ma il problema dello spostamento del baricentro termico africano fino allo Stivale pare proprio essere più una certezza che una minaccia.

Lo dimostra empiricamente l’andamento generale delle vendemmie dal 2000 ad oggi, dove le annate calde sono state certamente la maggioranza, producendo una serie di vini molto maturi, poco propensi all’invecchiamento, dal grado alcolico elevato e dalla freschezza acida ridotta. Insomma, la sfida del futuro per la viticoltura e per l’enologia italiana sembra proprio passare da queste delicate decisioni e prenderle al tempo giusto potrebbe rivelarsi fondamentale.

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