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ITALIANI ED ALCOL, SONO 8 MILIONI E 600.000 GLI ITALIANI A RISCHIO. IL CONSUMO MEDITERRANEO, FATTO DI VINO, SEGNA IL PASSO, E A PRENDERNE IL POSTO È IL BEN PIÙ PERICOLOSO “BINGE DRINKING”, IL BERE FUORI PASTO, SPECIALMENTE SUPERALCOLICI E “SHOTTINI”

Il rapporto tra gli italiani e l’alcol, negli ultimi 10 anni, ha subito una vera e propria rivoluzione, in cui il tipico consumo mediterraneo, fatto principalmente di vino, segna il passo, e a prenderne il posto è il ben più pericoloso “binge drinking”, il bere fuori pasto, specialmente superalcolici e “shottini”. Tanto che ormai sono 8 milioni e 600.000 gli italiani a rischio, con i ricoveri ospedalieri cresciuti del 10%: a lanciare l’allarme, la relazione annuale al Parlamento del Ministero della Salute, che sottolinea la gravità di un fenomeno particolarmente radicato tra i più giovani.
Il decennio 2000-2010 ha visto in particolare la crescita fra i giovani e i giovani adulti dell’abitudine al consumo, oltre che di vino e birra, anche di superalcolici, aperitivi e amari, che implicano spesso consumi lontano dai pasti e con frequenza occasionale. Il consumo fuori pasto si è particolarmente radicato tra i più giovani e i giovanissimi: nella fascia di età 18-24 anni i consumatori fuori pasto sono passati dal 33,7% al 41,9% e tra i giovanissimi di 14-17 anni dal 14,5% al 16,9%. Tra le ragazze di quest’età nell’ultimo quindicennio la quota di consumatrici fuori pasto si è quasi triplicata. Anche il binge drinking si è ormai diffuso stabilmente a partire dal 2003, registrando un costante aumento in entrambi i sessi, e nel 2010 ha riguardato il 13,4% degli uomini e il 3,5% delle donne.
Complessivamente, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, il 25,4% degli uomini ed il 7,3% delle donne di età superiore a 11 anni, circa 8.600.000 persone, consumano alcolici senza rispettare le indicazioni di consumo delle agenzie di sanità pubblica, esponendosi a rischi alcol-correlati. Tale quadro appare ancora più preoccupante, sottolinea la relazione, se si considera che nei consumatori di bevande alcoliche sono presenti più frequentemente comportamenti o abitudini che possono aggravare il rischio connesso all’uso di alcol quali l’uso quotidiano dell’automobile o l’abitudine al fumo. Anche gli alcoldipendenti in trattamento nei servizi pubblici sono in costante crescita dal 1996 e nel 2009 ne sono stati rilevati 65.360.
Il tasso di mortalità per cirrosi epatica, uno dei più importanti indicatori di danno alcol-correlato, pur essendo nel nostro Paese inferiore a quello medio europeo, è tuttavia superiore a quello di altri Paesi dell’Unione Europea, quali Olanda, Grecia, Irlanda, Spagna. Tra il 2000 e il 2009 la percentuale dei ricoveri ospedalieri per cirrosi alcolica ha registrato, in rapporto agli altri ricoveri per cause totalmente alcol-correlate, una crescita di quasi 10 punti percentuali passando dal 26,30% al 36,4%.
La mortalità per incidente stradale, altro importante indicatore di danno indirettamente causato dall’alcol, continua ad essere un grave problema nel nostro Paese, soprattutto per i più giovani ed in particolare nella classe di età 20-24 anni, dove nel 2009 è stato registrato il più alto numero di morti per incidente stradale in entrambi i sessi. Il 37% della mortalità maschile per incidente stradale è alcol-correlata. Un ulteriore carico di mortalità deriva dalle altre cause di morte totalmente e parzialmente alcol-correlate, malattie dell’apparato digerente e del sistema circolatorio, tumori, incidenti di vario tipo, omicidi, suicidi.
Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2008, sono stati non meno di 17.661 i morti dovuti all’uso dannoso di alcol, di cui 11.254 maschi e 6.407 femmine, che rappresentano, rispettivamente, il 3,8% del totale della mortalità maschile e il 2,1% di quella femminile.

Focus - Il boom del “binge drinking” tra le under 17
Cresce il consumo di alcol tra i giovani, e preoccupante è soprattutto il boom delle bevitrici giovani e giovanissime: secondo la relazione annuale al Parlamento del ministero della Salute, nella fascia di età 18-24 anni i consumatori fuori pasto sono passati dal 33,7% al 41,9% e tra i giovanissimi di 14-17 anni dal 14,5% al 16,9%. Tra le ragazze di questa età nell’ultimo quindicennio la quota di consumatrici fuori pasto si è quasi triplicata. Anche il binge drinking, modalità di bere di importazione nordeuropea che implica il consumo di numerose unità alcoliche in un breve arco di tempo, si è ormai diffuso stabilmente a partire dal 2003, registrando un costante aumento in entrambi i sessi, e nel 2010 ha riguardato il 13,4% degli uomini e il 3,5% delle donne. Particolarmente preoccupante, si legge nella relazione, appare l’associazione rilevata dall’Istat tra il binge drinking e l’assidua frequentazione di locali da ballo, a sua volta associata ad un uso molto frequente di autoveicoli, che segnala l’esposizione dei giovani a gravi rischi di incidente stradale. C’è inoltre una rilevante quota di giovani al di sotto dei 16 anni, 220.000 maschi e 170.000 femmine, per i quali è rigorosamente raccomandata la totale astensione dal bere, che contravvengono alle indicazioni di salute relative alla loro età e consumano bevande alcoliche esponendosi a un grave rischio di danni alcol-correlati.
Da monitorare attentamente è soprattutto l’evoluzione del bere femminile, che resta ancora un comportamento molto meno diffuso di quello maschile ma che già nella fascia di età al di sotto dei 16 anni presenta percentuali di consumi a rischio analoghe a quelle riscontrate tra i maschi; nell’ultimo quindicennio c’è stato un impressionante aumento del consumo fuori pasto tra le giovanissime bevitrici di 14-17 anni, passate dal 6% del 1995 al 14,6% del 2010. Contestualmente all’aumento dei consumi fuori pasto e del binge drinking, nell’ultimo decennio è aumentato significativamente tra le donne anche il consumo di bevande tradizionalmente maschili come la birra e gli aperitivi alcolici. Anche i ricoveri ospedalieri per patologie alcol correlate, pur continuando a riguardare prevalentemente la popolazione maschile, tuttavia nel tempo interessano quote crescenti di popolazione femminile in rapporto a quella maschile.

Focus - Le contromisure del Ministro della Salute Balduzzi
“Ho intenzione, insieme al ministro dell’Istruzione Francesco Profumo e al ministro Andrea Riccardi, che ha la delega per le politiche giovanile, di approfondire il ruolo delle agenzie educative e della scuola nel contrasto del consumo smodato di alcol” tra i giovani. Lo annuncia il ministro della Salute, Renato Balduzzi, commentando l’ottava Relazione al Parlamento sugli interventi realizzati da Ministero e Regioni in attuazione della legge-quadro 125/2001 in materia di alcol e problemi correlati al consumo di alcol.
“Le politiche di contrasto nazionali e regionali - rileva Balduzzi - stanno ottenendo qualche riscontro: è necessario continuare a consolidare i dati positivi e contenere i problemi più rilevanti, rafforzando in particolare gli interventi di prevenzione e un attento monitoraggio che guidi verso l’adozione delle politiche più adeguate”.
Questo vale, continua il ministro, soprattutto nei confronti dei più giovani: “dobbiamo aiutare i giovani a fronteggiare le pressioni sociali al bere in contesti significativi come la scuola, i luoghi del divertimento, della socializzazione e dello sport, e realizzare interventi di intercettazione precoce del consumo giovanile a rischio, accompagnandoli con appropriati interventi di sostegno e motivazione al cambiamento, secondo la strategia già sperimentata a livello internazionale ed europeo che sarà recepita nel nuovo Piano Sanitario Nazionale”. Balduzzi spiega che “preoccupano i dati della diffusione soprattutto a livello giovanile, che richiedono attenzione e impegno maggiore circa l’educazione al bere sano e moderato da parte di tutti”: “Per questo motivo - annuncia - ho intenzione, insieme ai ministri Profumo e Riccardi di approfondire il ruolo delle agenzie educative e della scuola nel contrasto del consumo di alcol”.

Focus - Luca Zaia contro l’abbassamento dei limiti dell’alcoltest
Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, contro l’abbassamento dei limiti dell’alcoltest “sta dalla parte dei produttori”. In tema di sicurezza stradale Zaia sottolinea, infatti che “il 98% degli incidenti stradali non sono causati da guidatori in stato di ebbrezza. Il consumo equilibrato e consapevole del vino non va demonizzato”. E così il presidente della Regione Veneto interviene per difendere i produttori che secondo lui potrebbero essere penalizzati da un ulteriore abbassamento del limite dell’alcoltest in Italia.
“Sto dalla parte dei produttori - afferma Zaia - anche perché le statistiche parlano chiaro: il 98% degli incidenti stradali non sono causati da guidatori in stato di ebbrezza. È giusto porre dei limiti, ma quello dello 0,5 attualmente in vigore è più che sufficiente e sono contrario ad abbassarlo. Il consumo equilibrato e consapevole del vino non va demonizzato. Sono convinto - prosegue Zaia - che chi sgarra dallo 0,5 non debba avere deroghe alle sanzioni previste, ma abbassare ulteriormente questo limite, che già oggi è tra i più bassi a livello europeo, non avrebbe senso. In Francia - aggiunge il presidente del Veneto - una discussione come questa non sarebbe nemmeno iniziata. L’Italia è stata la culla dell’enologia europea ed è tra le primissime nazioni produttrici al mondo - conclude Zaia - e il Veneto è la prima Regione produttrice d’Italia. Bisogna applicare il giusto equilibrio tra la salvaguardia della salute e quella di un settore fondamentale per la nostra economia come quello vitivinicolo. Questo giusto equilibrio è l’attuale 0,5”.

Focus - Coldiretti: dimezzato il consumo di vino in 30 anni
“Si è praticamente dimezzato negli ultimi 30 anni in Italia il consumo di vino, che è sceso a meno di 40 litri a persona per un totale inferiore ai 21 milioni di ettolitri”. Emerge da un’analisi della Coldiretti sulla relazione annuale del Ministero della Salute dalla quale si evidenzia la crescita fra i giovani e i giovani adulti dell’abitudine al consumo di superalcolici, aperitivi e amari, che implicano spesso consumi lontano dai pasti e con frequenza occasionale al posto del vino.
“È emblematico il fatto che nel 2011 per la prima volta si è addirittura bevuto più vino italiano all’estero che in Italia per effetto di un aumento del 16 % delle esportazioni e di una sostanziale stabilità degli acquisti familiari (-1%).
Il forte calo nelle quantità di vino acquistate dagli italiani, che ha avuto una accelerazione negli ultimi dieci anni, è stato accompagnato - sottolinea l’organizzazione agricola - da un atteggiamento più responsabile di consumo. Insieme al cambiamento delle abitudini alimentari a far calare la domanda soprattutto nelle ristorazione sono stati, oltre ai ricarichi eccessivi, le campagne antialcol e la stretta sulle norme del codice della strada che hanno colpito indiscriminatamente anche il vino che è in realtà caratterizzato da un più responsabile consumo abbinato ai pasti che non ha nulla a che fare con i binge drinking del fine settimana”.
“Il vino è divenuto l’espressione di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi da contrapporre proprio all’assunzione sregolata di alcol. Si tratta di un cambiamento che - conclude la Coldiretti - occorre riconoscere per evitare il rischio di una dannosa criminalizzazione, mentre è necessario investire nella prevenzione promuovendo la conoscenza del vino con il suo legame con il territorio e la cultura, a partire proprio dalle giovani generazioni”.

Focus - Cia: non è il vino la causa dello sballo
Preoccupano i dati diffusi dal ministero della Salute, che testimoniano il dilagare del consumo di alcol tra le giovani generazioni. Ma non è il vino a creare problemi: lo “sballo” alcolico tra i giovani è causato piuttosto dall’assunzione di liquori e cocktail ed è legato a doppio filo a mode pericolose come il “binge drinking”. Per questo è necessario evitare la criminalizzazione del vino. Bisogna invece far crescere la logica di una degustazione consapevole e moderata. Ben diversa dall’uso sregolato di alcolici. Lo afferma la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori.
Serve un’adeguata informazione per educare, in particolare i giovani, a un bere sano. Altrimenti - osserva la Cia - si corre il pericolo di innescare una spirale negativa che porta inevitabilmente alla discriminazione del vino, che è uno dei prodotti “principe” della nostra tavola e non c’entra nulla con l’abuso di alcol lontano dai pasti dei giovanissimi, collegato alla “movida” del fine settimana.
Il rischio, insomma, è che campagne criminalizzanti e non mirate e ordinanze di divieto - sottolinea la Cia - possano penalizzare pesantemente prodotti come il vino, che invece fa parte della nostra cultura, delle nostre tradizioni e della nostra storia. E che già vive negli ultimi vent’anni una stagione negativa sul fronte dei consumi interni, con un calo che dalla fine degli anni ‘80 a oggi ha superato il 30%.
Per questo diventa indispensabile rafforzare gli interventi di prevenzione e un puntuale monitoraggio sull’uso eccessivo e disordinato di superalcolici da parte delle giovani generazioni e contemporaneamente - conclude la Cia - sviluppare e incentivare politiche educative su valore del vino e sulla cultura del buon bere senza esagerazioni.

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