L’allarme arriva, questa volta, dal Piemonte, ma è un problema troppo sottovalutato, e che riguardata tante zone agricole e vinicole importanti del Belpaese. È l’invasione degli animali selvatici, cinghiali e caprioli in primis, totalmente fuori controllo, i cui “raid” tra le coltivazioni stanno creando non pochi danni ad agricoltori, senza contare i pericoli per la sicurezza stradale.
“La situazione è gravissima ed è il risultato di una gestione sbagliata del territorio che deve tornare in mano a coloro che conoscono questo territorio e lo sanno gestire nella migliore maniera possibile, cioè gli agricoltori”, spiega Francesco Giaquinta, direttore di Confagricoltura Asti. Gli fa eco il presidente di Confagricoltura Asti, Massimo Forno: “i cinghiali - dice - stanno infestando da anni, da Nord a Sud, la provincia di Asti. Ora, però, siamo al limite. Quotidianamente la nostra associazione raccoglie testimonianze e lamentele di agricoltori che devono dire addio a mesi di lavoro e a ingenti risorse economiche perché la semina è stata compromessa dalle scorribande di questi animali che, giova ricordarlo, non sono autoctoni ma hanno trovato sulle nostre colline e pianure l’habitat ideale, complice, a nostro avviso, il mancato affido della gestione della situazione agli agricoltori”.
La situazione, però, si ripete in tanti altri territori, dal Chianti alla Costa, in Toscana, ma anche in Friuli Venezia Giulia, in Veneto e così via. Nel caso di Asti, Giaquinta auspica una svolta nel segno di una conduzione agro-venatoria della situazione: “se un animale selvatico invade una proprietà rurale il padrone di quel terreno deve essere messo in condizione di difenderla e tutelarla. Il mondo agricolo - aggiunge il direttore di Confagricoltura Asti - da tempo ha scelto la strada della sostenibilità ambientale, accollandosi costi e accettando i sempre minori aiuti pubblici. Invece, allo stato attuale, nessuno altro sembra farsi carico della tutela dei fondi agricoli. Si naviga a vista, praticando soluzioni a dir poco inefficienti. La soluzione della vicenda cinghiali, ad esempio, è stata affidata ad enti terzi che non hanno trovato una soluzione né definitiva né efficace. Inoltre - aggiunge Giaquinta - se è vero che agli agricoltori in possesso di una licenza di caccia è stato consentito l’abbattimento di cinghiali che dovessero invadere i loro fondi, d’altra parte ci sono leggi e regole satelliti che impediscono nei fatti questa pratica. L’accesso ai macelli e allo smaltimento delle carcasse, ad esempio. Serve, quindi, una conduzione comune degli abbattimenti, con agricoltori e cacciatori che collaborano insieme e con i benefici derivanti da queste operazioni di eco-controllo in parte dirottati anche agli agricoltori danneggiati”.
E proprio in tema di danni Confagricoltura Asti annota come i risarcimenti, con la crisi economica che ha depauperato le risorse delle amministrazioni pubbliche, vengano liquidati in parte largamente insufficiente. “Chi resta con il cerino in mano è sempre l’agricoltore. Questa situazione deve finire” denuncia Forno. Per Confagricolura Asti, dunque, la soluzione del problema cinghiali e caprili è dare la possibilità agli agricoltori di agire in pari sintonia con altri enti per tenere sotto controllo la popolazione di selvatici che ormai assedia colture e centri abitati “recando - sottolinea Giaquinta - disagi e pericoli oltre che alle coltivazioni anche al traffico stradale e al turismo verde”.
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