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L’AREV (ASSEMBLEA DELLE REGIONI VITICOLE EUROPEE) ACCETTA LA RIDUZIONE DELL’1% DEL MASSIMO ANNUO CONCESSO AI NUOVI IMPIANTI E LA DATA DI ENTRATA IN VIGORE DEL NUOVO REGIME DI AUTORIZZAZIONE IMPIANTI NEL 2019 (INVECE DEL 2016)

L’annosa questione sollevata dalla futura entrata in vigore della liberalizzazione dei diritti d’impianto nell’Unione europea, continua a far discutere, nonostante le molte precisazioni e deroghe sul merito.

L’Arev (Assemblea delle regioni viticole europee) prende atto del compromesso raggiunto in seno al Consiglio dei ministri, che sarà la base per i negoziati tripartiti tra Consiglio, Parlamento e Commissione Ue per un accordo definitivo in vista del prossimo Consiglio sull’Agricoltura della presidenza irlandese, il 24/25 giugno in Lussemburgo.

L’Arev è soddisfatta per i progressi significativi compiuti in relazione alle proposte della Commissione per l’entrata in vigore del nuovo regime di autorizzazione ai nuovi impianti nel 2019 (invece di 2016) e la riduzione all’1% del massimo concesso ogni anno per questi.

Sulla base della superficie viticola europea, attualmente circa 3 milioni di ettari, il plafond avrebbe in un triennio 100.000 ettari in più, ovvero circa 5 milioni di ettolitri di produzione, mentre la Commissione ha finanziato l’estirpazione di 160.000 ettari in tre anni. Tale tasso di crescita è però arbitrario, ed è per questo che la stessa Arev ha proposto un osservatorio europeo per leggere la produzione in modo più realistico.

Arev, invece, respinge con fermezza la limitazione dell’1% ai soli sei anni dall’entrata in vigore del nuovo regime. “Il ritorno alla totale liberalizzazione dei diritti d’impianto nel 2025 - spiega il presidente dell’Arev, Jean-Paul Bachy - è inaccettabile perché la coltivazione della vite ha bisogno di una regolamentazione permanente a vantaggio dei produttori e dei consumatori”.

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