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“L’Europa non è unita quando si tratta di spedire vino da un Paese all’altro. Le procedure complicano la vita a tutti i vignaioli che devono spesso rinunciare alle vendite che ne potrebbero derivare”. La denuncia è di Matilde Poggi, presidente Fivi

“L’Europa non è unita quando si tratta di spedire vino da un Paese all’altro. Per inviare vino da un paese all’altro, sia ad un rivenditore che ad un consumatore finale, oggi è necessario avviare una pratica doganale e dotarsi di un domicilio fiscale nel paese di destinazione con il quale assolvere al pagamento delle accise. Una procedura che non solo rende economicamente sconveniente, se non proprio impossibile, un e-commerce su scala europea, ma complica la vita a tutti i vignaioli che, dopo una visita in cantina da parte di turisti stranieri, devono spesso rinunciare alle vendite che ne potrebbero derivare”. La denuncia arriva da Matilde Poggi, presidente dei Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi), intervenuta oggi a Roma, nel convegno “L’eredità di Expo”.
“I vignaioli - spiega la Poggi - propongono una cosa molto semplice: ogni produttore potrebbe assolvere in proprio e nel proprio Paese d’origine le imposte sul valore aggiunto e le accise secondo le aliquote del paese di destinazione delle merci. Una camera di compensazione potrebbe quindi calcolare quanto dovuto a ciascun stato membro. Sono già passati cinque mesi - conclude la Poggi - e in sede Europea non si è mosso ancora nulla. Auspichiamo che la situazione possa essere presto sbloccata e pertanto abbiamo chiesto agli onorevoli Roberto Caon ed Emanuele Prataviera, oltre che al Sottosegretario alle Politiche Agricole e Forestali Giuseppe Castiglione, di attivarsi per sostenere la nostra posizione nella prossima riunione del Gruppo di Contatto Accise, che si terrà a Bruxelles il 9 dicembre”.

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