Dopo le fotocopiatrici e le automobili, anche i vigneti ora si prendono in leasing. A causa dei prezzi stratosferici raggiunti dai terreni nelle zone vitivinicole più vocate, l’ultimo stratagemma per chi vuole produrre una propria etichetta senza investire milioni di euro e attendere anni prima di vedere un guadagno, è quello di prendere “in affitto” le vigne. L’unica società in Italia che fa questo tipo di contratto è la SelmaBipiemme, società del gruppo Mediobanca specializzata in leasing. Ed il suo amministratore delegato Renato Kobau sostiene “che non si tratta proprio di una novità, in quanto il primo contratto firmato risale a cinque anni fà: il tutto nacque dalla richiesta di un cliente, e non trovando in Italia nessun prodotto di questo genere, il problema fu analizzato giudicandone la fattibilità anche da un punto di vista giuridico-legale”.
Ma è solo oggi, a causa di diversi fattori che stanno caratterizzando il mercato delle proprietà vinicole, che questo prodotto finanziario sta trovando il giusto consenso. La qualità del vino è cresciuta enormemente grazie alle richieste di consumatori sempre più informati e competenti, di pari passo, però sono anche cresciuti i prezzi dei terreni. La volontà (e la necessità) di proporre vini sempre migliori comporta l’allungamento dei tempi necessari prima di poter riuscire a vendere le prime bottiglie, che vuol dire più tempo per remunerare l’investimento fatto inizialmente per l’acquisto della proprietà. Se ci aggiungiamo l’attuale crisi economica che ha comunque influenzato tutti i settori dell’economia, si può capire che il “leasing delle vigne” potrebbe avere degli sviluppi molto interessanti numericamente parlando.
Ma come funziona, in pratica? L’imprenditore (il contratto si rivolge alle società, ndr) decide quale vigneto vorrebbe acquistare, la SelmaBipiemme lo acquista e poi glielo affitta per un certo numero di anni (otto è la richiesta più diffusa, spiegano alla società milanese). Al termine si può riscattare la proprietà, pagando una cifra intorno al 10% del capitale investito. Il leasing può essere allargato anche alla copertura di ulteriori costi diversi nel caso sul terreno ci fossero altre colture da riconvertire, il che comporterebbe analisi del terreno, rinnovo degli impianti e, non ultimi, oneri fiscali e catastali.
Il costo dell’operazione dipende, naturalmente, da quanto è stato sborsato per l’intera operazione leasing: “diciamo che per un vigneto già esistente di 40 ettari, pagato 800.000 euro, si versa in media un canone mensile di 8.500 euro. A questo va poi aggiunto un anticipo che si aggira sul 20% del capitale investito. La cifra, certo, non è alla portata di tutti, tanto meno a quella di chi il vignaiolo vuole farlo per hobby. Ma, per acquistare vigneti di quelle dimensioni, si possono raggiungere cifre con molti zeri. E solo per diventarne proprietari.
“Anche se la nostra resta un’iniziativa in un settore di nicchia, che non può dare risultati di grandi numeri - spiega Kobau - ci aspettiamo un aumento delle richieste. Ma, ripeto, per ora si tratta di un piccolo fenomeno nel panorama dei servizi finanziari, che potrebbe però allargarsi con relativa facilità, magari adattando la proposta ad altre colture agricole di qualità”.
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