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LA CINA È UNA PRIORITÀ PER LA CRESCITA DEL VINO ITALIANO, MA IL CELESTE IMPERO PUNTA FORTE SUI PROPRI VINI, “PERCHÉ C’È TANTISSIMO MARGINE PER UNA CRESCITA INCENTRATA SULLA QUALITÀ”, COME SPIEGA A WINE SPECTATOR L’EX CEO DI ASC DON ST.PIERRE

Che la Cina stia diventando la priorità per la crescita del vino italiano è ormai opinione diffusa, sia nel mondo dell’imprenditoria enoica, sia in quello della politica del Belpaese. Tanto che, alla fine di novembre, l’Unione Italiana Vini, l’Enoteca Italiana e Federvini hanno lanciato a Pechino il progetto “Vini Italiani in Cina”, approvato dal Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato nel Celeste Impero proprio dal Ministro Corrado Passera. I numeri parlano chiaro, l’export del vino tricolore, nel 2011, è cresciuto del 35% in quantità e del 64% in valore, a quota 67 milioni di euro. Eppure, la Cina, forte di un’economia in salute, di un territorio sconfinato e di risorse umane e professionali pressoché illimitate, non si accontenterà a lungo di bere il vino degli altri, e infatti si sta già attrezzando per diventare protagonista, ai massimi livelli, anche del mondo produttivo. I primi effetti, come spiega a “WineSpectator” Don St. Pierre, Ceo dimissionario del più grande importatore di Pechino, Asc Fine Wines, sono già visibili: “se nei primi 8 mesi del 2011 le importazioni erano cresciute del 100% sul 2010, quest’anno, complice anche la delicata transizione alla guida del Governo, la corsa si è fermata ad un +13%”. Eppure, è proprio Don St. Pierre a riconoscere che “quello del vino in Cina è un business ancora tutto da sviluppare, i consumatori hanno tanto da imparare, e il vino non fa certo parte della quotidianità”. Anche perché, il vino non fa parte della storia del Celeste Impero, ma vigneti e cantine stanno sorgendo un po’ ovunque, sia grazie agli investimenti stranieri che alla voglia della Cina di avere i propri grandi vini. “Anche noi - continua St. Pierre - siamo interessati ad acquistare o investire su aziende del nostro territorio, dove iniziano a vedere la luce ottimi vini, all’altezza delle etichette europee più blasonate”. Che, con la Asc, non avranno certo problemi di distribuzione, anche grazie alle “wine residence” che sorgeranno nelle città di tutto il Paese: la prima aprirà a Shanghai, 5.000 metri quadrati divisi tra un’enoteca, un club privato, una sala eventi e cantinette per i collezionisti privati. In cui troveranno spazio, ovviamente, i vini di tutto il mondo, compresi quelli del Belpaese.

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