La Cina è vicina, ce lo ripetiamo spesso, pur sapendo che non è proprio così. Le distanze culturali, e quindi enogastronomiche, sono ancora enormi, in un Paese che da solo ha il doppio degli abitanti dell’intera Europa. E allora, perché il vino italiano riesca a ritagliarsi uno spazio davvero importante sulla bilancia commerciale delle importazioni enoiche del Dragone, c’è bisogno non solo di investire, ma anche di farlo nel modo giusto, con fantasia e raziocinio, “colpendo” il target giusto e senza disperdere risorse, economiche ed umane.
Lo ha capito bene il Consorzio dell’Asti Docg che, nell’ultimo anno, ha concentrato i propri sforzi su una sola città, Shanghai, ingresso privilegiato al mercato cinese, vero cuore pulsante del Paese, da un punto di vista economico, finanziario e commerciale, forte di uno dei porti più trafficai al mondo, e di una popolazione che sfiora i 40 milioni di abitanti (per restare in tema di paragoni, come l’intera Polonia, l’ottavo Paese più popolato d’Europa). E, soprattutto, non ha disperso energie in mille rivoli, ma ha seguito un filo logico che molto ha a che vedere con le peculiarità della Cina moderna, un Paese in cui le fila della classe media si vanno rinforzando di anno in anno, di pari passo con la voglia di divertirsi e ... di bere. Specie superalcolici, in modo particolare nei bar karaoke, locali di alto livello, popolarissimi tra i giovani della medio borghesia, sempre pronti ed attenti ad accogliere la novità.
Come quella dell’Asti Docg, appunto, che, un anno fa, ha legato il nome delle bollicine dolci piemontesi ad un concorso, il “Lady Asti Ktv Contest”, entrando in maniera massiccia nei templi del divertimento giovanile, proponendosi in mille forme diverse ed originali, in “purezza” o in cocktail molto amati dal pubblico femminile, a base di succo di frutta e Asti. Il successo è stato enorme, sia da un punto di vista commerciale che di marketing, perché se il vino frizzante piemontese era pressoché sconosciuto poco più di un anno fa, oggi, tra i giovani alla moda di Shanghai è popolarissimo, e a dirlo sono i numeri: la social campaign ha ricevuto ben 25.000 adesioni, i video delle serate (disponibili in streaming) hanno registrato 1 milione ed 800.000 mila visite, il WeiBo ufficiale (portale di microblogging simile all’occidentale Twitter) conta ben 56.000 followers, e 5.000 ragazze hanno animato le serate firmate Asti Docg, che hanno animato le serate di Shanghai negli ultimi 6 mesi. Un cerchio che si chiuderà il 6 dicembre, quando, allo Shanghai Oriental Art Center, verrà incoronata la prima “Lady Asti”.
Un cerchio chiuso, vero, ma anche la prima pietra su cui costruire un futuro importante, in un mercato ed in un Paese tutto da scoprire, ma prima di tutto da capire, dove l’Asti Docg ha la ferma convinzione e consapevolezza di volere, e poter diventare lo Champagne delle bollicine dolci, sia per numeri (più di 75 milioni di bottiglie prodotte ogni anno), sia per valore aggiunto, perché dalla giusta campagna promozionale deriva un consono posizionamento del brand, tanto che l’etichetta creata ad hoc dal Consorzio per portare l’Asti nei karaoke bar di Shanghai, viene venduta a 65 euro a bottiglia, con un valore aggiunto enorme che, in futuro, le singole aziende dovranno cercare di difendere, senza abbassarsi alle logiche commerciali dell’abbassamento di prezzo. Del resto, che sul prezzo la battaglia sia persa in partenza lo dimostrano due fattori fondamentali quanto ineluttabili: la concorrenza di Cile ed Australia, e la capacità produttiva della Cina stessa, che si candida a diventare, nei prossimi anni, uno dei maggiori Paesi produttori al mondo.
Info: www.ladyasti.com
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