La cooperazione pesa per oltre il 50% nella produzione di vino italiano. Ma se è vero che, a detta di molti, il comparto risente in maniera importante dell’impatto della crisi economica, è altrettanto vero che non mancano segnali positivi, casi virtuosi che dimostrano come anche questo modello di impresa possa essere valido di questi tempi. Come quello del gruppo Cevico, realtà formata da 5.000 soci, 6.700 ettari di vigneto (dalle Colline Romagnole confinanti con la Toscana, fino ai terreni sabbiosi del parco del Delta del Po e al territorio di Rimini, sulla costa del mare Adriatico), per l’85% a Doc o Igt, per 1,3 milioni di quintali di uva lavorata, che ha chiuso il bilancio 2012/2013 con un fatturato di 150 milioni di euro, in crescita del 17% sull’esercizio 2011/2012. In crescita anche l’export che tocca quota 25,73 milioni di euro, con un importante investimento in questo senso, ovvero l’apertura di nuovo wine bar a marchio “Tot i de’” a Seul, in Corea del Sud, dopo i due a Tokio e Hiroshima, in Giappone.
Altro caso eccellente, quello della cantina Due Palme, una delle realtà più grandi del Mezzogiorno, che ormai esporta il 70% della sua produzione, e ha chiuso il bilancio 2012-2013 a 28 milioni di euro, con una crescita del 24% sul 2011-2012, di cui 11,6 milioni di euro liquidati ai 1.200 soci, che coltivano 2.170 ettari vitati, per 234.080 quintali di uva, per oltre la metà a denominazione di origine. Numeri presentati nei giorni scorsi, nell’assemblea dei soci, che ha rieletto, all’unanimità, alla presidenza Angelo Maci, fondatore della cooperativa nel 1989.
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