Tempi duri per lo Champagne, e non solo per la spietata concorrenza di Italia e Spagna, ma anche perché la crisi, dove continua a mordere, non risparmia certo le fasce più ricche della popolazione. Esempio lampante, l’Italia, che nel giro di 5 anni (dal 2008 ad oggi) ha assistito ad un crollo verticale del 65% delle importazioni di pregiate bollicine francesi: in pratica, come sottolinea la Coldiretti, in un lustro abbiamo detto addio a due bottiglie su tre, passando dai 16,3 milioni di tappi fatti saltare nel 2008 ai 5,5 milioni che, secondo le stime, salteranno in tutto il 2013, con un calo del 36% sul 2012, il punto più basso toccato dall’inizio della crisi.
Ma se da un lato per molte famiglie c’è da affrontare la pesante riduzione del potere di acquisto determinata dalla crisi, dall’altro vi è anche la volontà, sempre più diffusa, di preferire il made in Italy, nella consapevolezza di sostenere così la ripresa dell’economia nazionale, come sostiene un’indagine Coldiretti/Censis secondo cui il 90% degli italiani preferisce acquistare prodotti del proprio territorio anche per sostenere l’economia. Una conferma confortata dal fatto che lo spumante italiano non sembra risentire della crisi nei consumi che sta soffocando il mercato interno, e fa registrare un aumento del 7,9% delle bottiglie acquistate dalle famiglie italiane nel primo semestre dell’anno.
Al contrario, la tendenza alla riduzione del consumo di Champagne è in realtà evidente a livello internazionale con il volume delle spedizioni di Champagne che accusa una diminuzione generale del 3,1%, con vendite in flessione del 5,1% in Francia e del 7,1% in Europa, mentre solo i mercati extracomunitari resistono, con un aumento del 6,8% nel primo semestre 2013. Al contrario, la crisi spinge al record storico lo spumante italiano all’estero, dove sono aumentate del 12% le bottiglie esportate, che tolgono spazio sugli scaffali proprio al costoso Champagne. Lo spumante italiano, così, si classifica come il prodotto Made in Italy “anticrisi”: le esportazioni crescono poco (+2%) nell’Unione Europea, dove viene consumato oltre la metà dello spumate spedito all’estero anche per effetto del calo del 23% in Germania dove si stanno diffondendo, purtroppo, le banali imitazioni low cost delle bollicine italiane, dal Kressecco al Meer-Secco. Sostegno alla crescita viene invece dagli Stati Uniti (+11%) e dalla Russia che, con un incremento record del 71%, è diventata il terzo mercato di sbocco dopo Usa e Germania. Sorprendente anche l’aumento della domanda in Cina, più che raddoppiata (+124%).
Nel 2012 l’Italia, ricorda la Coldiretti, ha prodotto più di 400 milioni di bottiglie di vini spumanti, fra metodo tradizionale e metodo italiano, per un fatturato all’origine (alla cantina) di 1,2 miliardi di euro. Il consumo nazionale di bollicine è stato di 145 milioni di bottiglie, per un valore complessivo all’origine pari a 380 milioni di euro. Questo significa che il 65% della produzione italiana è destinato all’esportazione, o in altre parole che oltre 6 bottiglie di spumante italiano su 10 sono state stappate all’estero.
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