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LA CROAZIA, OGGI, ENTRA UFFICIALMENTE NELL’UE, E LE PRIME SFIDE, SONO ALL’INSEGNA DEL VINO: DA UNA PARTE L’ITALIA, CONTRO L’USO DEL NOME “PROSHEK” PER IL MOSCATO DALMATA, DALL’ALTRA LA SLOVENIA, CHE DIFENDE IL “SUO” TERRENO

Da oggi la Croazia entra ufficialmente a far parte dell’Unione Europea, e tra speranze e festeggiamenti di piazza, saranno enoiche le prime dispute da affrontare: da una parte il proshek, moscato dalmata che ha un nome davvero troppo simile alla bollicina veneta, dall’altra il terrano, il cui nome è invece contestato dai vignaioli della Slovenia. Una disputa per certi versi analoga a quella emersa negli anni scorsi con l’Ungheria a proposito del vino Tocai, anche se le differenza tra i due vini, questa volta, sono davvero grandi: il proshek croato è un vino tradizionale dalmata dal sapore dolce e morbido, servito di solito dopo il pasto, prodotto con il metodo dell’appassimento dell’uva prima della vinificazione, mentre il prosecco italiano è un metodo charmat, dal 2009 con il marchio Doc e già protetto nella Ue.
La disputa non deriva, dunque, dal tipo di vino, ma dal nome troppo simile a quello italiano, che potrebbe trarre in inganno o confondere in consumatori in Europa.
I primi segnali della probabile disputa si sono avuti di recente con l’eurodeputata della Lega Nord, Mara Bizzotto, che in un’interrogazione alla Commissione europea ha chiesto che la Croazia rinunci al nome proshek. Bizzotto ha fatto notare che dal momento dell’adesione il Paese potrà commercializzare nell’Ue il proshek e che per “l’assonanza con il prosecco si rischia d’ingannare i cittadini e di creare pesanti danni economici ai produttori italiani”.
Con i 350 milioni di bottiglie vendute, il prosecco muove un giro di affari di circa un miliardo di euro e “l’Ue ha il dovere di tutelare adeguatamente i circa 8 mila produttori dalle imitazioni prodotte all’estero”, sostiene l’eurodeputata della Lega Nord. Da parte sua l’Associazione dei viticoltori croati ha più volte ribadito che se sarà necessario è pronta a una battaglia, anche legale, per proteggere il vino dalmata con il suo nome d’origine. “Il proshek si produce in Dalmazia da secoli, recentemente ne è stata individuata una bottiglia risalente alla fine dell’800, e stiamo preparando la documentazione per prevenire che ci venga tolto il diritto di venderlo sotto il suo nome tradizionale”, hanno spiegato.
Con la Slovenia la disputa è di tutt’altro genere e riguarda il terrano (teran in croato), un vino rosso secco e acidulo, tipico dell’Istria croata, del Carso sloveno e della zona di Trieste e di Gorizia, dunque identico, ma prodotto in tre Paesi diversi. L’uso del nome ai viticoltori croati viene contestato dai produttori in Slovenia, dove il vino è protetto con il marchio di origine controllata. Il ministro dell’Agricoltura croato, Tihomir Jakovina, ha già più volte contattato le istituzioni competenti di Bruxelles, ma la procedura formale, sia per il proshek che per il terrano, potrà iniziare solo dopo l’ingresso della Croazia nella Ue. “In questo momento stiamo valutando varie soluzioni - aveva spiegato il ministro Jakovina - da un possibile accordo con l’Italia e la Slovenia, fino a una mediazione della Commissione europea”. Tra le idee proposte c’é quella che il vino proveniente dall’Istria si chiami “terrano istriano”.

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