La culla della viticoltura europea non è alle pendici meridionali del Caucaso, come ci ha insegnato l’Archeologia, ma nel vicino oriente, dove oggi sorgono Israele, Palestina, Giordania e Libano, e la domesticazione della vite non risale a 8.000 anni fa, ma a molto prima, a 11.000 anni fa, come rivela un grande studio internazionale - destinato a riscrivere la storia della vite e della viticoltura - che ha coinvolto 89 ricercatori di 23 Istituzioni diverse, pubblicato dal magazine scientifico più autorevole al mondo, “Science”.
L’aspetto più significativo dello studio riguarda uno snodo cruciale nella linea della Storia, emerso dallo studio genetico di migliaia di varietà, antiche e moderne: le viti domestiche del vicino Oriente si sono fatte strada verso Ovest attraverso le migrazioni umane, e attraverso una serie di ibridazioni con le viti selvatiche europee hanno dato origine alle varietà di Vitis Vinifera coltivate oggi. Le viti addomesticate nel sud del Caucaso - finora ritenute le progenitrici delle uve da vino coltivate in tutto il mondo - hanno invece originato le varietà attualmente coltivate in Georgia e Armenia, e sebbene l’origine sia molto diversa, la selezione successiva che ne ha accompagnato la domesticazione ha portato a dare all’uva dei due gruppi di vitigni caratteristiche simili.
Gli studiosi, guidati dal ricercatore della China Yunnan Agricultural University Yang Dong, hanno lavorato su un set di 2.448 genomi di vite diversi, provenienti da 16 Paesi, per cercare di ricostruire l’origine dell’uva moderna, concentrando i propri sforzi sulla domesticazione della Vitis Vinifera dalla specie di uva selvatica Vitis Sylvestris, e sulla diffusione della stessa Vinifera nei principali centri di domesticazione. Queste 2.448 varietà sono quindi state suddivise in 4 gruppi di Vitis Sylvestris e 6 gruppi di Vitis Vinifera: uva da tavola dell’Asia occidentale, uva da vino caucasica, uva da tavola e da vino Moscato, uva da vino dei Balcani, uva da vino iberica e uva da vino dell’Europa occidentale.
Le Vitis Sylvestris subirono la prima divisione in due diverse popolazioni 500.000 anni fa, in seguito ad una glaciazione, la cui coda ha diviso l’ecotipo orientale di Vitis Sylvestris in altri due gruppi, ognuno dei quali ha dato luogo ad eventi di domesticazione, a 1.000 chilometri di distanza, in contemporanea, circa 11.000 anni fa: uno, come detto all’inizio, nel vicino Oriente ed uno nel Caucaso.
Per decenni i pochi studi genetici a disposizione e le evidenze della ricostruzione archeologica hanno suggerito che le varietà della regione compresa tra le attuali Georgia ed Armenia fossero state le prime ad essere addomesticate, dando poi origine alle varietà di uva coltivate comunemente oggi, migrando nel Neolitico verso l’Europa. E invece, questo nuovo studio dimostra che le varietà georgiane e armene sono rimaste sostanzialmente confinate dai due lati del Caucaso, arrivando a fatica ai Carpazi. Si tratta quindi di una domesticazione che, nel lungo processo di diversificazione della Vitis Vinifera, ha avuto un ruolo marginale, ed è il motivo per cui le varietà georgiane esistenti sono decisamente diverse dalla maggior parte delle varietà occidentali.
Al contrario, la domesticazione avvenuta nel vicino Oriente, che all’inizio riguardava varietà di uva da tavola, quindi per il consumo e non per la vinificazione, si è rivelata fondamentale per il moderno mondo del vino. La loro diffusione è avvenuta verso est, attraverso l’Asia centrale, in India e Cina, attraverso il celebre Inner Asian Mountain Corridor, rotta di scambio seguita da centinaia di altre colture. Da lì, si sono diffuse a nord, verso il Caucaso, attraverso i Monti Zagros, oggi confine naturale tra Iran ed Iraq, quindi hanno preso la via verso il nord-ovest, giungendo in Anatolia e nei Balcani. A quel punto, arrivare in Nord Africa, in Spagna e nel resto del bacino del Mediterraneo, è stata solo l’ultima tappa di un viaggio straordinario.
Come detto, quelle varietà, inizialmente, furono addomesticate come uva da tavola, ma in Europa si incrociarono con uve selvatiche locali, producendo via via uve più piccole, meno dolci, con bucce più spesse, che non erano così buone da mangiare, ma che si rivelarono ottime per produrre vino. Per chiudere davvero il cerchio, però, manca un ulteriore passaggio: la dimostrazione archeologica delle evidenze scientifiche che riposizionano, sia geograficamente che temporalmente, la domesticazione della Vitis Vinifera ed il suo viaggio verso l’Europa.
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