Quando si dice bollicine, vengono subito in mente Champagne, Prosecco, Franciacorta, TrentoDoc, ma tra le maggiori produzioni d’Europa non si può certo dimenticare il Cava spagnolo, una delle denominazioni più importanti del Paese iberico che, da qualche anno, sta dividendo il fronte dei produttori, mettendone a rischio la stessa sopravvivenza. Dal 2011 ben 9 produttori hanno abbandonato formalmente la denominazione, continuando a produrre i propri vini fuori dall’ombrello ormai troppo deteriorato per riparare e proteggere adeguatamente chi cerca di fare dell’eccellenza il proprio punto forte, tanto che altri 5 vignaioli sembra siano disposti a seguirne l’esempio. Il problema principale è che sotto alle denominazione d’Origine “Cava” trovano spazio un numero talmente grande di aziende (il 95% della produzione è nella regione catalana del Penedès, ma il Cava si può imbottigliare in 8 regioni vinicole differenti della Spagna, dalla Catalunya all’Aragona) da non garantire l’esistenza di un canone, di uno standard qualitativo di livello, per cui il produttore che punta, come Josep Albet della “Albet I Noya”, sulla qualità, si trova a fare i conti con un mercato saturo di bottiglie che arrivano a costare anche 2 euro sugli scaffali dei supermercati, deteriorando l’immagine di un’intera denominazione. La soluzione? Uscire dal “vestito” ormai logoro e stretto del Cava, e riunirsi sotto una nuova denominazione, che riunisca tutti i fuoriusciti dalla denominazione più estesa (e frammentata) di Spagna. Che sia l’inizio della fine per la denominazione dei metodi classici iberici?
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