
Nei primi 5 mesi 2025, la denominazione che si estende su un territorio collinare tra Lombardia e Veneto, protetto dalle montagne e affacciato sul lago più grande d’Italia tra le province di Brescia, Mantova e Verona, ha registrato un incremento di vendite del 10% che potrebbe portarla quest’anno a superare i 22 milioni di bottiglie: è la Doc Garda, che ha posto le basi per lo sviluppo di una collaborazione più che mai necessaria con diversi canali distributivi di Italia, Germania e Gran Bretagna, i due mercati esteri più importanti, da “Garda Stories”, l’appuntamento annuale in cui il Consorzio condivide studi, numeri e strategie su cui fonda le scelte per la denominazione in crescita costante, di scena, nei giorni scorsi, alla Dogana Veneta di Lazise. Una denominazione “contemporanea” che per le sue caratteristiche - territorio vocato molto ampio su cui insistono diverse altre denominazioni anche molto rinomate - fonda la sua distintività principalmente sul Lago di Garda e sul suo appeal turistico, unitamente alla facilità di pronuncia del nome, più che su un’identità enologica stringente: questione che potrebbe essere letta anche come una criticità.
“Probabilmente la crescita della Doc Garda, riconosciuta nel 1996, non è mossa dagli stessi canoni delle denominazioni storiche in cui l’attenzione alle caratteristiche organolettiche dei vini è centrale e a volte esasperata - ha sottolineato Paolo Fiorini, presidente del Consorzio Garda Doc - la nostra forza comunicativa sta nel Lago di Garda. Possiamo contare dal punto di vista qualitativo sull’influenza importante che questo specchio d’acqua di 370 chilometri quadrati ha sulla qualità delle uve, che consiste nella luminosità dell’area e nell’effetto di volano termico, sulla notorietà della localizzazione geografica e sulla facilità del nome della denominazione, ma non sulla riconoscibilità assoluta dei nostri vini, per esempio di un nostro Chardonnay. A molti consumatori piace l’”approccio semplice al vino” e alla luce di questa tendenza di consumo ritengo che la forza del nome “Garda” possa superare questa che alcuni individuano come criticità”.
D’altra parte il successo di altre due denominazioni del Nord-Est - Prosecco Doc e Pinot Grigio delle Venezie - ha dei punti di contatto con la “scommessa” ad oggi vinta della Doc Garda, seppure con le dovute differenze anche numeriche.
Le denominazioni storiche in Italia, stanno vivendo un momento molto complicato, e anche di riflessione. Portare avanti la tradizione spesso comporta retaggi che impediscono di fare passi in avanti. Garda Doc ha una storia da scrivere, una possibilità da sfruttare a fronte di un impianto normativo, formulato in tempi diversi dagli attuali, che andrebbe riscritto a livello europeo per contemplare cambiamenti e nuove tendenze. Se il mondo cambia è necessario cambiare, mantenendo salde le denominazioni di origine storiche e cogliendo le opportunità offerte da quelle nuove. Le preferenze stanno cambiando e accanto ai consumatori “tradizionalisti” ce ne sono altri oggi lontani dal vino e da avvicinare.
La contemporaneità della Doc Garda si legge anche nell’avvio, diversi anni fa, di una modifica del disciplinare per la riduzione “naturale” - cioè in vigneto - del titolo alcolometrico minimo della Garganega da 10,5% vol. a 9% vol. che, come ha annunciato a “Garda Stories” Alberto Zannol della Direzione agroalimentare della Regione Veneto, ha ricevuto in questi giorni a Roma la valutazione positiva del Comitato tecnico vini.
Attualmente i vini della Doc Garda sono distribuiti prevalentemente nel canale moderno con ampie potenzialità di crescita nell’horeca nazionale. “Per questo - ha continuato Fiorini - abbiamo strutturato un progetto per fornire strumenti concreti e dati utili a supportare i produttori in un percorso strategico consapevole, capace di valorizzare le peculiarità del territorio e il posizionamento distintivo del brand Garda Doc, nel progetto complesso e articolato avviato nel 2022, che ogni anno approfondisce un tema diverso del sistema Garda Doc”. La ricerca sulla percezione del brand Garda Doc, condotta per il Consorzio da “Wine Meridian” e illustrata dal suo direttore Fabio Piccoli, ha messo in evidenza e confermato l’appeal del nome “Garda”, la flessibilità produttiva e il potenziale enoturistico, e quali principali criticità la comunicazione, la limitata presenza nell’horeca e la sovrapposizione con le denominazioni che insistono sullo stesso areale, come ad esempio Lugana e Bardolino. Ha individuato le opportunità nel posizionamento internazionale, nello storytelling territoriale, nello sviluppo del canale digitale e dell’enoturismo esperienziale. “La Doc Garda - ha sintetizzato Piccoli - è considerata un esempio moderno e “market-driven” di una denominazione nata per valorizzare un brand territoriale forte ed evocativo. Il suo potenziale evolutivo è significativo, ma condizionato dalla giovane età e dalla necessità di una maggiore consapevolezza interna alla filiera. In prospettiva, si auspica la costruzione di un modello interprofessionale “leggero” e inclusivo, capace di coordinare e mettere in relazione le varie anime vitivinicole del territorio gardesano sotto una visione comune basata sulla condivisione di valori, intenti e prospettive, che punta sull’interconnessione tra valore e origine”. Dalla ricerca, articolata sull’analisi qualitativa e quantitativa condotta con il supporto del Consorzio Distributori Alimentari (Cda), focalizzata sulle performance della Doc nelle aree strategiche del Nord Italia e su un’indagine percettiva condotta su un panel di esperti composto da sommelier, giornalisti, opinion leader, ristoratori e blogger, è emersa chiaramente l’importanza di coinvolgere anche figure come i buyer per arrivare al consumatore finale anche per capire cosa accade nei consumi.
“Io conosco e amo il Lago di Garda - ha esordito Christoph Mack, ceo Mack & Schühle, uno dei principali distributori di vini e spiriti in tutti i canali in Europa Centrale e non solo, che pone particolare attenzione al vino italiano - ma chi non ci è mai stato non ne può subire il fascino. Le nuove generazioni non sono cresciute con una socialità familiare che comprende il vino e quindi ai nuovi potenziali consumatori manca l’educazione al vino con il cibo. Non sappiamo cosa cercheranno, ma sappiamo che non conoscono i vitigni e i territori di produzione. Il consumatore di domani non è più specifico e “ibrido”, cerca piacevolezza, oggi il gelato e domani il vino. L’80% del vino viene venduto in gdo dove sugli scaffali ci sono centinaia di referenze e perfino chi è esperto fa fatica: avete mai provato a comprare un vino non italiano all’estero? È davvero difficile anche per gli specialisti. Infine, i player della gdo in Ue sono solo una decina quindi si tratta di un oligopolio in cui è difficile mettere a scaffale un vino. Noi come gruppo siamo un passo avanti: al tavolo combiniamo le nostre competenze sui mercati del vino con chi lo produce. La Doc Garda ha un potenziale enorme fondato su vigneti, territorio, turismo e distribuzione. Importante è mantenere la stabilità del prezzo che crea la fiducia del consumatore, diversamente si rischia la distruzione del prodotto e del marchio”.
“Il Garda Doc - ha aggiunto Helena Mariscal, direttore acquisti private label e brand esclusivi Mack & Schühle - è già orientato all’export su mercati chiave come Germania, Svizzera e Francia. Noi poniamo molta attenzione al vino italiano, testimoniato dalla presenza di 6 manager specializzati nell’horeca in Italia, che con il distributore dedicato TerraVini è il Paese più importante per noi dopo la Germania. La nostra forza è avere occhi e lingua sul mercato tedesco che nel 2024 valeva quasi 613 milioni di bottiglie, in calo del 5,1% per un prezzo medio di 3,71 euro, in crescita dell’1,65%. Diversi i dati relativi alle vendite totali di vino italiano in Germania - circa 120 milioni di bottiglie - con un calo del 13,1% controbilanciato da un prezzo medio di 4,42 euro con un incremento del 10,5%”.
“Il Nordest Italiano, e in particolare il veronese e il vicentino, è per il mercato UK e per Liberty Wines una macroregione fondamentale in tutti i canali di vendita - ha detto Nicholas Moschi, direttore acquisti del distributore inglese, che ha in portafoglio gdo (65%), ingrossi (15%), horeca e on line (20%) - a conferma della vocazione all’export della Doc Garda. Denominazioni come Soave Classico, Valpolicella e delle Venezie Doc continuano ad avere molto successo nel mercato inglese e irlandese, sono alla base della nostra offerta e il Garda Doc ha assunto per noi particolare importanza nel 2017 con l’arrivo del riconoscimento della Doc delle Venezie, visto che questa “nuova” Do copre un territorio molto esteso e, in questo contesto, la zona più ristretta del Garda permette la rivendicazione di un’origine più definita. Rappresenta un’alternativa valida ed attraente per i varietali Garganega e Pinot Grigio che in taglio danno vini con una struttura superiore e più longevi. Alla crisi generale che coinvolge tutti i Paesi, in Uk si aggiungono la Brexit e l’introduzione delle accise differenziate per ogni decimale di grado alcolico a partire dal 2024 che ha contribuito al calo dei consumi già peraltro in atto dal 2007, ma con una spesa che aumenta leggermente”.
Gli interlocutori dei canali distributivi italiani invitati dal Consorzio Garda Doc hanno dato la loro disponibilità a condividere le informazioni su cui costruire iniziative che potrebbero accelerare una nuova modalità per comunicare il vino al consumatore finale. “Da anni Esselunga si impegnata in un rapporto che mette al centro il cliente - ha ricordato Daniele Colombo, wine and spirit category manager della catena che vende un terzo delle bottiglie esitate dalla gdo - dando ampi spazi al vino; dal 1999 con vere e proprie enoteche nei super-store (con estensioni superiori a 2.500 metri quadrati) in cui settimanalmente proponiamo degustazioni, a cui dopo il Covid si è aggiunto un sito di vendita on line con 2.500 referenze al 99% italiane per 78,5 milioni di bottiglie, prodotte da 500 cantine partner e 5,5 milioni di clienti. La nostra carta fedeltà (ndr: fidatycar) rappresenta non solo un osservatorio delle tendenze, ma anche uno strumento di incentivazione di conoscenza di prodotti all’interno del nostro pacchetto clienti attraverso l’invio di mail e le nostre app. La condivisione di questi dati è una grande opportunità”.
Se si passasse dalle dichiarazioni di disponibilità ai fatti, la condivisione delle informazioni raccolte attraverso le tessere fedeltà delle insegne della gdo potrebbe rappresentare un acceleratore della comunicazione verso il consumatore finale molto potente e puntuale vista la profondità della profilazione.
E se per la gdo il settore vitivinicolo può contare su i dati di vendita rilevati da Circana, sull’horeca è completamente scoperto. Una triangolazione tra produttori e fuori casa è molto auspicabile anche in virtù del ruolo di questo canale quale anticipatore delle tendenze, come ha sottolineato Lucio Roncoroni, direttore generale del Consorzio Distributori Alimentari (Cda), 80 realtà qualificate nella distribuzione di bevande, prevalentemente focalizzate sul mercato horeca, con all’attivo nel 2024 quasi 18 milioni di vino vendute. “La filiera lunga dal produttore, al distributore fino ai locali sembra semplice, ma non è così - ha spiegato - è molto articolata ed è necessario avere intenzione di conoscerla. Siamo disponibili a mettere in comune i nostri dati in un rapporto tra il nostro Consorzio e quelli del vino per generare un nuovo modello di partnership per arrivare al consumatore finale. Il fuori casa è focalizzato su grandi prodotti che generano l’80% del fatturato della distribuzione all’ingrosso di bevande prodotti e che non hanno necessità di essere spiegati. Nessuno deve raccontare cos’è la Coca-Cola a un ristoratore che chiede al più quanto costa. Il mondo del vino, invece, è enorme e richiede competenza soprattutto rivolgendosi a imprenditori che devono fare delle scelte e che in ogni caso ti chiedono il prezzo. Quindi dal 2010 abbiamo cominciato a fare formazione perché l’operatore sappia interloquire a monte con chi produce e a valle con chi vende”.
Il cliente/consumatore è il target di tutta la filiera, che compri al supermercato, in enoteca o che consumi a casa, al bar o al ristorante. E in questo momento di cambiamento epocale per il vino, viene buona un’espressione recentemente molto utilizzata: “nessuno si salva da solo”.
Clementina Palese
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