La guerra ai solfiti nel vino non si ferma e dalla Germania arriva una nuova tecnologia (“pastorizzazione a freddo”) per eliminarli: Mescola al vino gas inerti e con uno sbalzo di pressione distrugge i microorganismi che potrebbero minarne la “salute”. Con un metodo alternativo, infatti, alcuni ricercatori tedeschi sono riusciti a rendere il vino durevole anche senza l’aggiunta di anidride solforosa. Gli scienziati dell’Istituto Fraunhofer per l’ingegneria interfacciale e biotecnologie Igb di Stoccarda (www.igb.fraunhofer.de) hanno trasferito la cosiddetta “pastorizzazione a freddo” sul vino. Con un processo nel quale al vino viengono mescolati gas inerti come azoto o argon, la pressione aumenta e poi improvvisamente ritorna a livelli più bassi. La variazione di pressione riesce a danneggiare meccanicamente le cellule dei microrganismi e a distruggerle.
I ricercatori ora vogliono costruire un impianto mobile, in modo che le cantine possano testare il processo. La tecnologia del cambiamento di pressione è stata sviluppata da una società con sede a Dresda, originariamente per la conservazione del succo di frutta. Con il nuovo metodo, i ricercatori dell’Istituto Fraunhofer vorrebbero offrire ai viticoltori un’alternativa alla pratica attuale dell’utilizzo della solforosa. Poiché i solfiti disciolti nel vino possono provocare allergie a seconda della loro concentrazione.
In sede Ue, com’è noto, devono essere indicati come ingrediente sulle bottiglie di vino e non devono superare un certo limite. La solforazione agisce in due modi benefici per la durata del vino: da un lato i solfiti inibiscono l’azione di microrganismi come lieviti, batteri lattici e acido acetico. Dall’altro, proteggono gli aromi delicati dalla distruzione per ossidazione.
Prima che il metodo della “pastorizzazione a freddo” possa essere applicato in pratica, però deve prima essere controllato e approvato dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv). Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” dell’organizzazione, si tratta, comunque, di una scoperta interessante che potrebbe comunque costituire un’alternativa valida per tutti quei produttori vinicoli che vogliano evitare nel futuro l’utilizzo di solfiti anche a tutela di ogni possibile conseguenza negativa per la salute dei consumatori.
Focus - Che cosa è la “pastorizzazione a freddo”
I trattamenti termici tradizionali, tra la classica pastorizzazione, per la preservazione degli alimenti, possono comportare cambiamenti significativi del sapore e dell’aroma e una perdita di principi nutrizionali dell'alimento stesso. La sperimentazione di tecniche alternative ai trattamenti termici ha ricevuto una notevole spinta nel corso degli anni, dovuta alla crescente richiesta del mercato di alimenti che posseggano una prolungata shelf-life e che al contempo conservino le caratteristiche organolettiche del prodotto fresco.
Gli studi condotti su nuove tecniche di trattamento a freddo, come le alte pressioni idrostatiche (ma anche i campi elettrici pulsati, o “intense light pulses”, l’irradiazione, i campi magnetici pulsati, agenti chimici e biochimici), non sempre hanno portato a risultati soddisfacenti in termini di efficacia del trattamento, flessibilità d’impiego e costi. Recentemente è aumentato l’interesse per l’impiego dell’anidride carbonica, azoto o argon ad alte pressioni per il trattamento di alimenti liquidi e numerosi studi hanno dimostrato come si possa ottenere un’inattivazione di microrganismi ed enzimi a temperature inferiori ai 40°C, senza quindi alterare le principali caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto e senza raggiungere elevati valori di pressione.
Il principio di inattivazione non è ancora del tutto chiaro anche se ormai vengono ampiamente riconosciuti due meccanismi principali: il primo di tipo meccanico, riferito alla rottura della cellula al momento della decompressione e uno di tipo fisiologico, dovuto all’estrazione di componenti della cellula, all’abbassamento del pH intracellulare e alla denaturazione di enzimi chiave della cellula. La pastorizzazione con CO2 o gas inerti rende possibile un’estensione della shelf life del prodotto, e un miglioramento degli aspetti qualitativi del prodotto senza aumentare i costi di produzione.
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