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La “guerra” del latte e la truffa (presunta) sull’olio extravergine tra frammentazione del sistema produttivo della materia prima, concentrazione della trasformazione in pochi mani, sistemi di etichettatura poco chiari e scarsa cultura alimentare

Una speculazione sui prezzi, all’origine ma anche al consumo, che trova terreno fertile nella frammentazione del sistema dei produttori di materia prima rispetto a quello della trasformazione, spesso nelle mani di pochi grandissimi gruppi, ma anche, o soprattutto nella mancata cultura sul valore, economico, sociale e anche salutare del cibo.
Un quadro che, in qualche modo, accomuna le vicende che stanno agitando non poco due settori strategici dell’agroalimentare made in Italy, quello della latte, con le proteste guidate da Coldiretti presso stabilimenti di trasformazione e supermercati in tutta Italia, contro i prezzi addirittura sottocosto a cui il prodotto viene pagato agli allevatori, e quello dell’olio, colpito dall’ennesima inchiesta su olio vergine, ma spacciato per extravergine, guidata dalla Procura di Torino, e che coinvolge marchi italiani importanti
(Carapelli, Santa Sabina, Bertolli, Coricelli, Sasso, Primadonna - confezionato per la Lidl - e Antica Badia - per Eurospin), di cui alcuni in mani straniera, con il rischio concreto di danneggiare l’immagine del made in Italy onesto.
Due vicende diverse, chiaramente, perché nel caso del latte si parla di una vera e propria “guerra” commerciale ma entro i limiti della legge, mentre in quello dell’olio di una vera e propria truffa (per ora presunta).
Nel caso del latte, sotto accusa è il prezzo, spesso sotto i 38 centesimi al litro, riconosciuto agli allevatori da parte di grandi gruppi come il francese Lactalis, che, in Italia, controlla marchi come Galbani o Parmalat, solo per citarne alcuni, che non copre neanche i costi di produzione, nonostante aumenti di 4 volte dalla stalla alla tavola, denunciano gli allevatori. Che, schiacciati da questo, e anche dalla concorrenza di latte e cagliate che arrivano a fiumi dall’estero, e da un sistema di etichettatura poco chiaro che rende difficile riconoscere un prodotto autenticamente italiano, soprattutto se non si parla di Dop o Igp, hanno chiuso più di 1.000 stalle in tutta Italia solo nel 2015, denuncia la Coldiretti, che ha portato vacche e allevatori prima a cingere d’assedio gli stabilimenti Lactalis, e poi i supermercati, dove si vende l’85% di latte e derivati nel Belpaese.
Nel caso dell’olio, invece, sotto accusa è un comportamento che, se verificato, sarebbe evidentemente fraudolento e criminale, e favorito, sostiene la Coldiretti, dal fatto che, nonostante l’Italia, con un fatturato di 2 miliardi di euro, sia il maggiore produttore di olio dopo la Spagna, le importazioni di olio di oliva e sansa, nel 2014, sono aumentate del 38% nel 2013.
Ma al di là di questo, l’humus in cui questi comportamenti trovano terreno fertile è anche la scarsa consapevolezza del costo reale del cibo di qualità da parte dei consumatori. Impossibile comprare un buon olio extravergine di oliva sotto i 6-7 euro al chilo in grande distribuzione, sostengono molti produttori e organizzazioni di categoria. Eppure al supermercato i prezzi sono spesso decisamente più bassi, e non solo quando si parla di promozioni. E anche sul fronte dei latticini, le cose non vanno meglio, se si pensa che, spesso, un prodotto di eccellenza come il Parmigiano Reggiano si trova sotto i 10 euro al chilo. Tutto nella norma e nella legge, di solito. Ma, probabilmente, con una diversa cultura alimentare e l’attribuzione di un valore più giusto al lavoro di agricoltori e contadini, ovvero con la disponibilità non solo economica, ma anche culturale, dei consumatori, di pagare la qualità del cibo per quello che vale veramente, senza vivere alla ricerca di un “perenne sottocosto”, che è insostenibile se si vuol remunerare il giusto il lavoro nei campi, tutte queste situazioni si risolverebbero all’origine, perché sarebbe il mercato ad eliminarle.

Focus - Latte: Coldiretti, 85% acquisti nei supermercati, allevatori con mucche
L’85% degli acquisti di latte, l’80% delle yogurt e il 70% di mozzarelle sono acquistati dagli italiani negli ipermercati e nei supermercati dove si è spostata la “guerra del latte” per far conoscere ai consumatori la speculazione in atto sui prezzi dalla stalla allo scaffale ma anche l’inganno dei finto made in Italy. Lo afferma la Coldiretti, con decine di migliaia di allevatori che si sono mobilitati oggi dalla Liguria alla Calabria, dall’Abruzzo alla Campania, dalla Basilicata alla Sardegna, dall’Umbria fino al Friuli sono numerose le iniziative degli allevatori della Coldiretti.
La mobilitazione della Coldiretti continua in attesa che venga fissato un compenso giusto agli allevatori che consenta di coprire i costi di produzione come previsto dalla legge 91 del luglio 2015. Il prezzo del latte moltiplica circa quattro volte dalla stalla allo scaffale dove peraltro - sottolinea la Coldiretti - vengono spacciati come made in Italy latte a lunga conservazione, yogurt e formaggi per la mancanza di norme che obbligano ad indicare in etichetta la provenienza del latte impiegato.
Il risultato è che nell’ultimo anno hanno chiuso mille stalle in Italia delle quali ben il 60 % in montagna con effetti sull’economia, sul lavoro e sul territorio. La Coldiretti denuncia che si sostituisce nei formaggi italiani il latte della Madre Patria con latte di provenienza sconosciuta, senza l’indicazione dell’origine in etichetta e senza trasparenza sugli ingredienti utilizzati. Ad esempio solo 1 busta di latte UHT su 4, vendute in Italia, contiene latte italiano. Inoltre vengono utilizzati dalle industrie semilavorati di latte (cagliate, caseine e caseinati) di provenienza straniera, per produrre formaggi, yogurt e mozzarelle, spacciandoli per made in Italy. In Italia una mozzarella su 2 consumate in Italia è prodotta con cagliate straniere.
La Coldiretti chiede ai consumatori italiani di aiutare gli allevatori a salvare le stalle, i territori, il patrimonio di genuinità, sicurezza e trasparenza del vero made in Italy.


Focus - Olio: Coldiretti, attenzione sotto 6-7 euro, guardare anno produzione
Se si vuole acquistare un buon extravergine italiano bisogna fare attenzione ai prodotti venduti a meno di 6-7 euro al litro che non coprono neanche i costi di produzione. Così la Coldiretti, che, in riferimento alla maxi inchiesta condotta dal Procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, sottolinea che, peraltro, che il valore aumenta a seconda delle diverse provenienze territoriali.
Il consiglio della Coldiretti è anche quello di guardare la scadenza e preferire l’extravergine nuovo guardando l’annata di produzione che molti indicano volontariamente in etichetta. In vendita c’è anche l’olio 2014 che è stato drammatico per il made in Italy con la produzione che è scesa al minimo storico di 300.000 tonnellate, mentre le importazioni, utilizzate spesso per miscelare quello nostrano, hanno raggiunto - sottolinea la Coldiretti - le 666.000 tonnellate di olio di oliva e sansa, con un aumento del 38 % che sale addirittura al 748 % per quello arrivato dalla Tunisia. Quest’anno, invece, il raccolto in Italia è buono - precisa la Coldiretti - con un aumento stimato in oltre il 30 % della produzione di olio sul 2014, con una qualità ottima per l’andamento climatico favorevole. Sul 2014, uno dei più neri della storia dell’olivicoltura italiana, la produzione 2015 dovrebbe risalire - continua Coldiretti - a 400.000 tonnellate, pur rimanendo sotto la media storica (intorno alle 500.000 tonnellate).
In compenso - rileva Coldiretti - la qualità delle olive è ottima grazie anche al caldo che ha limitato gli attacchi della mosca olearia. Proprio la mosca era stata, assieme al maltempo, una delle cause del crollo produttivo fatto registrare lo scorso anno. L’Italia è infatti il primo importatore mondiale di oli di oliva che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri”.
Il consiglio di Coldiretti è quello di guardare con più attenzione le etichette ed acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica. Le avvertenze per il consumatore sono peraltro accompagnate da una incisiva attività di controllo da parte delle forze dell’ordine che hanno portato nel 2014 a sequestri per 10 milioni di euro grazie a oltre 6 mila controlli sul comparto da parte dell’Ispettorato repressione frodi. Una attività importante che va sostenuta con l’attuazione della rigorosa cornice normativa definita con la legge 9 del 2013 fortemente sollecitata dalla Coldiretti che ha introdotto importanti misure per la trasparenza nel settore. Bisogna applicare - precisa la Coldiretti - le norme previste a partire dal controllo di regimi di importazione per verificare la qualità merceologica dei prodotti in entrata per cui, ad esempio, l’olio d’oliva viene spacciato per l’olio extravergine d’oliva e l’olio di sansa passa per olio d’oliva. Inoltre - continua la Coldiretti - servono i controlli per la valutazione organolettica del prodotto che consentirebbero di distinguere e classificare gli oli extravergini d’’oliva individuandone le caratteristiche mentre bisogna fissare le sanzioni per il mancato uso obbligatorio dei tappi antirabbocco nella ristorazione dove continuiamo a trovare le vecchie oliere indifferenziate.
“L’Italia deve difendere il proprio patrimonio in un settore strategico del made in Italy con circa 250 milioni di piante su 1,2 milioni di ettari coltivati, con un fatturato del settore stimato in 2 miliardi di euro e con un impiego di manodopera per 50 milioni”, ha concluso il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Focus - Coop sul prezzo del latte: “Coop da parte sua riconosce ai produttori un prezzo di acquisto per il proprio latte fresco a marchio di oltre 0,40 euro al litro, un valore nettamente superiore a quello di mercato con ulteriori premi connessi alla qualità ed a Ogm free...”
Coop Italia condivide le preoccupazioni degli agricoltori italiani sugli andamenti recessivi del prezzo del latte crudo alla stalla e ritiene “utile un impegno di tutti i soggetti (agricoltori, industria e distribuzione, insieme alle istituzioni) al fine di stabilire un giusto prezzo in grado di garantire prospettive economiche dignitose per i produttori, senza penalizzare la convenienza per le famiglie”.
Coop riconosce “ai produttori un prezzo di acquisto per il proprio latte fresco a marchio di oltre 0,40 euro al litro, un valore nettamente superiore a quello di mercato con ulteriori premi connessi alla qualità e a Ogm free e ciò non impedisce di praticare prezzi di vendita assolutamente convenienti per i consumatori”.
E’ auspicabile comunque una azione complessiva, a livello europeo, rispettosa dei meccanismi concorrenziali, che possa dare maggiore stabilità al prezzo del latte. Sul latte, come su tutti i prodotti di base della sana alimentazione delle famiglie, Coop applica “politiche rigorose di controllo della qualità, prezzi d’acquisto rispettosi del lavoro dei produttori e prezzi di vendita a favore dei consumatori; i nostri margini su questi prodotti sono molto contenuti”.

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