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La nuova democrazia del vino: grazie al web chiunque può dare un voto, un giudizio o un opinione su un vino o una cantina. Ma, ammonisce il wine writer Matt Kramer dal “Wine Spectator”, “bisogna stare attenti alla deriva populista della critica”

Il mondo del vino, negli ultimi anni, ha vissuto ogni sorta di mutamento, sia da un punto di visto produttivo che commerciale, ma anche, se non soprattutto, comunicativo. Quella che stiamo vivendo, infatti, è una vera e propria “nuova democrazia del vino”, o meglio “New Wine Democracy”, come l’ha definita Matt Kramer, wine writer di lungo corso (ha iniziato nel lontano 1976) dalle colonne del “Wine Spectator” (www.winespectator.com), per raccontare una dinamica che, grazie al web, riguarda praticamente qualsiasi aspetto della quotidianità: chiunque, oggi, può dare voti, giudizi e opinioni su vini e cantine, un fenomeno, nell’enosfera, decisamente nuovo.

“Fino a pochissimi anni fa - ricorda Kramer - non c’era alcuna democrazia nel mondo del vino, tutto passava per una manciata di privilegiati che, grazie ad uno spazio su un quotidiano o su un magazine, avevano una voce pubblica. Tutte le altre possibili voci, semplicemente, erano mute, inesistenti”. Oggi è diverso, ed il cambiamento in atto è “un fenomeno assolutamente positivo, direi addirittura vitale: senza questa nuova democrazia, tante piccole aziende farebbero fatica a trovare una propria nicchia di appassionati, finirebbero schiacciate dai big”. C’è però un rovescio della medaglia che, in realtà, è il rovescio della medaglia della stessa democrazia: “la possibilità per gli elementi più “tossici” della società - come li definisce Kramer - di abusare della libertà di parola, dando voce ad atteggiamenti offensivi e nocivi per tutti”. Ne nasce così un dualismo che rischia di rivelarsi come il vero limite di tanta democrazia: “da una parte ci sono i populisti, figli di un abuso del concetto di democrazia, pronti a scagliarsi contro, con ogni arma verbale, persino la denigrazione, i cosiddetti snob o elitari, etichetta pronta per essere applicata a chiunque non sia d’accordo con loro, in un atteggiamento che - spiega Kramer - rischia spesso di sfociare nel paranoico”.

Si crea così l’illusione che, con un approccio democratico “ogni vino sia creato uguale, ed abbia uguale dignità, perché ogni opinione ha, in democrazia, lo stesso valore. Ma non è così: la voce del popolo non è sempre e comunque la voce della ragione, neanche quando si fa più forte. Nel mondo del vino - conclude il columnist del “Wine Spectator” - ci sono delle gerarchie, dei vini migliori di altri e chi, come me, ha passato una vita a raccontarli, non ha alcun timore di essere definito snob o elitario”.

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