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LA POLITICA AGRICOLA POST 2013? PIÙ SOSTENIBILE, EQUA E COMPETITIVA: ECCO I CAPISALDI DEL BILANCIO 2014-2020 PER L’EUROPARLAMENTO, CON PIU’ RISORSE PER L’ECO-AGRICOLTURA. PER GLI ECO-PRODOTTI IL 75% DEGLI ITALIANI PAGAREBBE DI PIÙ (MEDIA UE AL 72%)

La politica agricola dopo il 2013? Dovrà essere più sostenibile, più equa e più competitiva: ecco i capisaldi su cui si fonda la relazione dell’Europarlamento che illustra la posizione dei deputati in merito alle linee direttrici del prossimo bilancio a lungo termine per il periodo 2014-2020, in vista delle proposte della Commissione sul futuro della politica agricola comune, che dovrà rimanere invariato, con l’istituzione però di un sistema di incentivi finanziato dall’Ue al 100% per sostenere gli agricoltori che appoggiano lo sviluppo sostenibile. Sembrerebbe quasi una risposta, o meglio una conseguenza, al fatto che, secondo la fotografia scattata dall’ultima indagine di Eurobarometro, condotta su un campione di oltre 1.000 italiani e un totale di quasi 27.000 cittadini dell’Ue - il 90% dei quali si dichiara fortemente preoccupato per l’ambiente - il 75% degli italiani è disposto a pagare di più per prodotti amici dell’ambiente, contro una media Ue del 72%.

I deputati dell’Europarlamento hanno confermato che sia opportuno mantenere invariato fino al 2020 il bilancio Ue per il settore agricolo, perché gli agricoltori possano contare sugli incentivi necessari per fornire scorte di prodotti alimentari sicuri, per la protezione dell’ambiente, per creare nuovi posti di lavoro e per assicurare la competitività del settore agricolo comunitario. Si tratta di misure che dovranno essere finanziate adeguatamente in modo da fornire agli agricoltori un incentivo all’utilizzo di tecniche moderne e ecocompatibili. Inoltre i pagamenti diretti agli agricoltori dovrebbero essere più chiaramente legati alle misure verdi (basse emissioni di carbonio, basso consumo energetico). Un ampio sistema europeo di incentivi, finanziato dall’Ue al 100%, dovrebbe essere istituito per sostenere gli agricoltori che appoggiano lo sviluppo sostenibile. E al fine di evitare un uso improprio del denaro pubblico, i pagamenti diretti dovrebbero essere riservati agli agricoltori attivi, a coloro cioè che effettivamente utilizzano la loro terra per la produzione.

Secondo i dati di Eurobarometro, l’83% degli italiani ritiene che la legislazione europea è necessaria alla protezione ambientale e un 35% ritiene che il modo più efficace per affrontare problemi su questo fronte sia imporre multe più salate ai trasgressori delle leggi. E nella top five delle principali fonti di inquietudini per l’ambiente, vi sono anche l’inquinamento provocato dall’agricoltura con uso di pesticidi e fertilizzanti (30%) e l’uso degli Ogm (18%). Dati in linea con la media europea, ma non nel caso dell’inquinamento dalle colture agricole (30% contro media Ue del 25%).

Intanto, la Commissione Ue si prepara al “Summit della Terra” n. 4 o “Rio+20”, la conferenza della Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, in programma a Rio de Janeiro nel 2012. Bruxelles ha infatti già adottato le linee guida che saranno alla base della posizione dell’Ue, dove sono definiti obiettivi e azioni specifiche per i due temi chiave del vertice: facilitare il passaggio ad un’economia verde nel contesto dello sviluppo sostenibile e della lotta contro la povertà e assicurare una migliore governance in materia di sviluppo sostenibile. Bruxelles lancia una serie di punti chiave della sua strategia: innazitutto, la necessità di investire in risorse chiave e capitale naturale, come energie rinnovabili, biodiversità ed agricoltura sostenibile. Poi occorre combinare strumenti normativi e di mercato, dall’introduzione di ecotasse, eliminare sovvenzioni controproducenti sotto il profilo ambientale, mobilitare le risorse finanziarie pubbliche e private e investire in competenze e professionalità legate all’ambiente.

Focus - Dall’Europa all’Italia, il futuro dell’agricoltura è verde: ecco lo stato dell’arte tracciato da alcuni dei principali “attori” del settore (da De Castro a Stefàno, passando per i casi di Salcheto e Fairtrade)

Il dibattito sulla sostenibilità in agricoltura evidenzia sempre più chiaramente la necessità di affrontare tre diversi profili di responsabilità collettiva: ambientale, sociale ed economica. Pilastri alla base di quella che si definisce agricoltura integrata, fondata sull’esigenza di conciliare la tutela ambientale e sanitaria ai fattori economici della produzione, riducendo al minimo il ricorso ai mezzi che impattano negativamente sull’ambiente o sulla salute dei consumatore. Essa costituisce dunque una risposta importante in questo senso, ma vi sono anche diversi altri ambiti della produzione agricola che meritano una riflessione accurata per come stanno contribuendo ad affermare un modo di produrre fondato sull’innovazione sostenibile. Al convegno “L’agricoltura sostenibile:
riflessioni e nuove prospettive”, di scena il 24 giugno al Museo della Civilità Contadina a San Marino Bentivoglio (Bologna), promosso da Csqa Cerificazioni - l’ente di certificazione italiano accreditato che opera a livello internazionale nei settori agroalimentare, pubblica amministrazione e territorio, servizi pubblici e socio-sanitari, turismo, sport e benessere, scuola e formazione - alcuni dei principali “attori” del settore si sono dati appuntamento per tracciare lo stato dell’arte della sostenibilità in agricoltura, guardando al futuro a partire da quei casi pratici di sostenibilità ambientale ed economico-sociale che stanno facendo da apripista a un modello di sviluppo
sostenibile ormai imprescindibile dalle scelte delle grandi come delle piccole realtà produttive.

Ad illustrare le linee principali della nuova Pac, il percorso di riforma della Politica Agricola Comune e gli scenari futuri dell’economia agricola italiana, è stato Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo, secondo cui “con la recente approvazione della Relazione “Pac 2020”, siamo ormai entrati nel vivo del processo diriforma della politica agricola comune dopo il 2013. Un’occasione importante per dimostrare che l’agricoltura può offrire un valido contributo in termini di risposte efficaci alle nuove sfide e responsabilità globali, rispetto alla quali gli investimenti nella ricerca, nell’innovazione sostenibile, nella diffusione della conoscenza, così come adeguati livelli di incentivi per favorire l’accesso a innovazioni organizzative e di processo, rappresentano un contributo straordinariamente significativo. Incrementare la produttività con minori risorse e inquinando meno, preservare il potenziale agricolo europeo e al tempo stesso incentivare la lotta al cambiamento climatico, la salvaguardia ambientale, il risparmio idrico è la sfida che anche l’agricoltura europea avrà di fronte nei prossimi anni. In questa prospettiva, il ruolo dell’intervento pubblico diventerà sempre più fondamentale per rendere praticabili i costi dell’accesso all’innovazione per gli agricoltori europei, sia attraverso interventi diretti, che favorendo azioni di sistema. Ciò che occorre - dice De Castro - è la costruzione di un coordinamento delle politiche dell’agroalimentare che possa dirsi davvero globale, che definisca uno spettro di azioni concordate per la prevenzione e la gestione delle situazioni critiche per i mercati agricoli. Di qui, la necessità di lavorare affinché la prossima riforma della Pac dimostri di avere le giuste risposte alle sfide del XXI secolo”.

Il territorio italiano è a grande vocazione agricola, con maggiore concentrazione al Sud e nelle Isole, dove la superficie coltivata è pari al 46,9%, seguita dal Centro (39,7%) e dal Nord (38,7%). Ciò determina che in Italia si concentri oltre un decimo di tutta la superficie agricola europea, per un Va (Valore Aggiunto) di oltre 25 miliardi di euro. Di contro c’è da considerare che il sistema agricolo nazionale deve fare i conti con numerosi elementi di pressione, tra cui i cambiamenti climatici e la desertificazione ma anche le derive del mercato globale, l’invecchiamento dei conduttori e la mancanza di ricambio generazionale e la frammentazione delle imprese, con ovvie difficoltà nella realizzazione delle necessarie economie di scala. “In tale quadro di riferimento - sottolinea Dario Stefàno, coordinatore della Commissione Politiche Agricole della Conferenza delle Regioni e Province Autonome - la Commissione è stata investita dalla Camera dei Deputati di una riflessione sulla questione del cosiddetto “Pacchetto qualità”, in elaborazione a Bruxelles. In sintesi il documento intende considerare uniformemente e armonicamente l’insieme di norme che agiscono sulle produzione di qualità, proponendo una semplificazione delle procedure e una migliore comunicazione nei confronti dei consumatori, una presa in carico delle disposizioni internazionali volontarie operative negli scambi commerciali, e infine delineando per la prima volta indicazioni comuni per l’etichettatura di alimenti che contengono prodotti Dop o Igp”.

L’Italia, recependo gli indirizzi dell’Ue in merito all’applicazione di tecniche produttive capaci di ridurre l’impatto sulla salute pubblica e sull’ambiente ha istituito, con la legge n. 4 del 3 febbraio 2011 “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari”, il Sistema di qualità nazionale di produzione integrata e ne ha delineato l’impostazione e le modalità di gestione. Giuseppe Ciotti, del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali spiega cosa si intende per produzione integrata: “tale sistema è stato strutturato in base all’art 22 del Regolamento (Ce) 1974/06 e si impernia su un processo atto a certificare le produzioni ottenute mediante una tecnica di produzione agroalimentare che utilizza metodi e mezzi produttivi volti a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione. La produzione integrata si è concretizzata indirettamente nelle tecniche produttive a basso impatto ambientale messe a punto grazie a diversi regolamenti comunitari che ne hanno incentivato l’applicazione. Queste forme di incentivazione sono state denominate misure agro-ambientali e caratterizzano ancora oggi la politica agricola comunitaria. Parallelamente a questo tipo di intervento pubblico gli operatori privati della distribuzione organizzata e dell’agroindustria hanno tradotto l’esigenza del cittadino-consumatore di avere prodotti alimentari più salubri, in una nuova politica commerciale improntata a rifornirsi di prodotti certificati da operatori accreditati. A questo riguardo, il Mipaaf, le Regioni e le Province autonome hanno istituito il Comitato di produzione integrata che ha lavorato alla definizione del Sistema di qualità nazionale di produzione integrata (Sqnpi). Attualmente si stanno predisponendo gli atti finali per l’attuazione della legge in maniera da avviare la certificazione già dalla prossima annata agraria”.

Sulle certificazioni applicabili al tema dell’agricoltura sostenibile, secondo Maria Chiara Ferrarese,
referente della Divisione Food & NearFood di Csqua Certificazioni, “a cavallo fra le tematiche di tutela dell’ambiente e di tutela del consumatore si colloca l’agricoltura integrata che trova nella norma Uni 11233 e nel Sistema Nazionale di Qualità Superiore, allo studio presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, strumenti fondamentali a garanzia dell’applicazione di tecniche colturali atte a ridurre l’utilizzo di agrofarmaci e a concentrare il più possibile l’attenzione verso quelli a basso impatto ambientale. Nella direzione di favorire l’agricoltura sostenibile va anche il legislatore comunitario che, con la recente Direttiva Ce 128/2009, impone un’importante riflessione sul futuro della Produzione Integrata”. Secondo la Ferrarese il concetto di sostenibilità non va considerato in termini assoluti, ma va necessariamente declinato in sottotematiche: “alle volte, un prodotto che è migliore per l’ambiente non lo è altrettanto per il benessere animale o per la salute umana. Anche la valutazione del consumatore varia a seconda delle sue percezioni e abitudini. In tal senso, ciascuno darà rilievo ad aspetti diversi: ci sarà ad esempio chi metterà al primo posto la salute, chi il rispetto per il benessere animale e via dicendo. La tecnologia sarà d’aiuto per consentire al cliente di orientarsi e di effettuare scelte di acquisto che rispondano al suo profilo di sostenibilità. Il ricorso a sistemi di certificazione volontaria da parte delle imprese può giocare un ruolo strategico ai fini della differenziazione dei prodotti eal fine di dimostrare concretamente, attraverso l’impiego di strumenti robusti e oggettivi, la veridicità delle proprie affermazioni in materia di sostenibilità”. L’armonizzazione delle norme che riguardano i prodotti fitosanitari è un obiettivo che gli Stati membri perseguono da molto tempo allo scopo di consentire la libera circolazione delle merci all’interno dell’Ue, di evitare che si determinino vantaggi competitivi di alcuni Stati rispetto ad altri e di garantire identici standard di salute e sicurezza per l’uomo e l’ambiente.

Scendendo nella pratica, tra iniziative nazionali e internazionali per un’economia agricola sostenibile, c’è “Biodiversity Friend”, la prima certificazione che garantisce la tutela della biodiversità in agricoltura, proposta da World Biodiversity Association onlus e patrocinata dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Si tratta di un disciplinare che ha come obiettivo l’armonizzazione tra produzione e conservazione nell’ottica di garantire la salvaguardia della fertilità dei suoli, la corretta gestione delle risorse idriche ed energetiche, il controllo delle infestanti e dei parassiti attraverso metodi a basso impatto, la verifica della qualità del suolo, dell’aria e delle acque superficiali. Michele Manelli, presidente della cantina Salcheto di Montepulciano, illustra come nasce e si sviluppa il progetto messo in atto dall’azienda per ottenere una cantina ideale per la lavorazione del Sangiovese, energicamente autonoma: “per consentire di misurare la prestazione ambientale del vino che verrà prodotto in questo sito abbiamo elaborato un complesso studio del suo intero processo, dalla fornitura di materia prima fino alla consegna del prodotto finito, contabilizzando tutte le emissioni di CO2 dirette e indirette. Ne è scaturita la prima indagine europea sulle emissioni di una bottiglia di vino sul modello Carbon Footprint. Dallo slancio creativo di questo progetto è nato il Gruppo di Lavoro Salcheto Carbon Free il cui obiettivo è promuovere l’etica ambientale nel settore vitivinicolo con riferimento all’efficienza energetica e all’impatto ambientale attraverso attività di ricerca, informazione e comunicazione”. Per Cesare Bellò del Consorzio di Tutela del Radicchio Rosso di Treviso e Variegato di Castelfranco “prodotti e cibi sono strettamente legati al territorio, ne riflettono identità, storia, civiltà, saperi di chi lo abita. Non è casuale che le produzioni di eccellenza si trovino, in generale, in luoghi dove è maggiormente sviluppata la cultura del paesaggio, del vivere equilibrato e del rispetto dell’ambiente. “Produzioni di qualità in ambienti di qualità” non è uno slogan ma un “bisogno” sempre più avvertito dal consumatore. L’agricoltura sostenibile è quindi, oltre che un “dovere” etico, una straordinaria opportunità di sviluppo economico per i nostri territori. In definitiva, se un prodotto viene certificato in relazione alla sua origine geografica (Igp, Dop, ecc.), bisognerebbe certificare anche la qualità del territorio che lo ha prodotto, e questo potrebbe essere possibile attraverso la biodiversità che quello stesso ambiente esprime. È un percorso stimolante che
porta sicuramente a risultati e che merita di essere seguito”. Un parametro di valutazione della sostenibilità in agricoltura è rappresentato infine anche dal rispetto e dalla salvaguardia dei diritti dei produttori e dei lavoratori, soprattutto dei Paesi del Sud del mondo, come conclude Paolo Pastore, direttore operativo di Fairtrade Italia, consorzio senza scopo di lucro che opera nella cooperazione internazionale e nella solidarietà e che gestisce per l’Italia il marchio di garanzia Fairtrade, secondo cui “il Commercio Equo e Solidale è una partnership commerciale fondata sul dialogo che cerca di stabilire una maggiore equità nel mercato internazionale. Fairtrade, in quanto marchio di certificazione e garanzia del Commercio Equo e Solidale, è in prima linea nella difesa e tutela dei diritti dei produttori del Sud del Mondo”.

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