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“La politica vinicola Ue manca di visione strategica di lungo periodo, e necessita di maggior confronto con il mondo produttivo”: così il presidente Confagricoltura Mario Guidi, da Intervitis, a Stoccarda (con l’Italia Paese partner)

L’Unione Europea, grazie al fondamentale apporto di Italia, Francia e Spagna, e al supporto di altri Paesi produttori come Portogallo, Germania, Romania, Austria e così via, è di gran lunga il primo produttore ed esportatore di vino al mondo. Eppure, secondo alcuni, la politica vinicola dell’Unione, che pur gode di specifiche attenzioni, come l’Ocm vino, dedicata esclusivamente al settore, è “carente di una visione strategica di lungo periodo e che abbia necessità di un confronto con il mondo produttivo”. A sottolinearlo il presidente di Confagricoltura Mario Guidi, nella convention internazionale della DWV Deutscher Weinbauverband, l’associazione dei vitivinicoltori tedeschi, di scena a Stoccarda per “Intervitis”, importante kermesse dedicata alle tecnologie per il vino (27-30 novembre, www.messe-stuttgart.de/en/ivifho) di cui l’Italia, in questa edizione è “partner country”, forte anche della sua leadership a livello mondiale non solo nella produzione di vino, ma anche di tecnologie e macchinari per la filiera.
Secondo Guidi, “sono davvero deboli gli interventi di Bruxelles diretti a sostenere la politica commerciale; è carente la tutela internazionale delle indicazioni geografiche; c’è poca attenzione alla difesa fitosanitaria ed alle nuove tecniche di miglioramento genetico; la politica di promozione sul mercato interno ha un approccio davvero restrittivo per quanto riguarda le problematiche alcol. In altri Paesi terzi che sono nuovi produttori - ha aggiunto Guidi - si redigono documenti di scenario per i prossimi 10-15 anni (ad esempio “Vision 2025” in Australia, “Wine vision” in California) basati sul confronto con gli stakeholder. Invece, Bruxelles nella politica vitivinicola ha un approccio “top down” che, nella maggior parte dei casi, poco si adatta alle richieste degli operatori del settore (ad esempio per la liberalizzazione degli impianti vitati, per l’omologazione politica della qualità del vino, con quella di altri settori)”.
Secondo Confagricoltura, è necessario dunque un maggiore coinvolgimento di tutta la filiera per formulare un quadro normativo europeo organico, che sia più congeniale agli interessi delle aziende vitivinicole europee. E l’esempio può venire proprio dall’Italia.
“In Italia - ha spiegato Mario Guidi - abbiamo avuto una felice esperienza nel settore, un esempio di “better regulation””.
Il riferimento al “Testo Unico della Vite e del Vino”, che dovrebbe ricevere l’approvazione definitiva alla Camera in queste ore, è evidente. “Un provvedimento normativo generale - spiega Guidi - che semplifica i procedimenti e riduce il carico burocratico delle aziende. È stato il frutto di un lavoro congiunto di nove Organizzazioni tra le più rappresentative del settore (dalla parte agricola, alla produzione e al commercio). La proposta normativa è andata ad incidere sulla struttura dei controlli eliminando le duplicazioni sul sistema sanzionatorio che era eccessivamente penalizzante (ed ha introdotto pure il ravvedimento operoso) e soprattutto sul carico burocratico. Il testo concordato da tutta la filiera è stato poi affidato alla politica che l’ha fatto suo”.
Secondo Guidi, i temi da sviluppare grazie ad un maggior dialogo tra stakeholder ed istituzioni europee sono in primis la politica commerciale carente, tenendo conto delle barriere al commercio dei Paesi terzi, della Brexit e delle ultime evoluzioni della politica Usa, ma anche la sostenibilità ambientale, economica e sociale legata alla viticoltura “che deve essere inquadrata non come imposizione ma come opportunità di valorizzazione del prodotto. Non vanno dimenticate poi problematiche come cambiamenti climatici, innovazione, etichettatura. Mi auguro - ha concluso il presidente Confagricoltura - che una modalità operativa del genere si possa trasferire pienamente a Bruxelles, con un’assoluta condivisione di intenti tra le istituzione europee e la filiera. Penso all’intergruppo vino del Parlamento Europeo, presieduto da Herbert Dorfmann, che potrebbe essere un ottimo consesso dove far valere le nostre istanze. D’altronde i risultati dell’ultima consultazione sull’etichettatura dei prodotti Dop e Igp e sulle menzioni tradizionali sono stati molto soddisfacenti e la Commissione ha ascoltato le istanze del mondo produttivo, accogliendo la richiesta di non modificare l’impostazione della normativa”.

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