“La prima volta che portai il Brunello Biondi Santi in Cina, venne da me un magnate cinese, con le guardie del corpo, elegantissimo. Mi racconta che era stato al Greppo a Montalcino. Inizio la degustazione, e lui mi parla delle nostre vendemmie e Riserve. Sapeva tutto e la degustazione fu stupenda. Siamo arrivati in un Paese dove c’è una cultura importante, pensai. Ma prima di andarsene, mi dice di avere un quesito importante per me: va bene le Riserve, ok le degustazioni di grandi bottiglie, ma, io, mentre mangio, con che percentuale posso “tagliare” il suo Brunello con la Coca-Cola? Ho dovuto ricredermi: per il vino italiano in Cina c’era tanta, tanta, strada da fare”. C’è una prima volta per tutto, ma alcune, come l’impatto del vino italiano nel Celeste Impero, possono riservare sorprese, come racconta a WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, Jacopo Biondi Santi, alla guida della Tenuta Greppo, per #Vinitaly50Story, la cronistoria di mezzo secolo di Vinitaly e del vino italiano, attraverso le storie dei suoi personaggi, per i primi 50 anni della rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 10-13 aprile; www.vinitaly.com). In quel 1998, dall’altra parte del mondo, si incrociano le storie secolari della cantina dove nell’Ottocento è nato il Brunello di Montalcino, uno dei pochi vini prestigiosi d’Italia famosi al mondo, e Veronafiere, primo promotore di eventi fieristici in Italia, dal 1898: essere in Cina è la prima volta per entrambi, grazie alla scelta di Veronafiere, nel centenario di attività, di andare a Shanghai, con “China Wine”.
È nella Tenuta Greppo della famiglia Biondi Santi, a Montalcino, che già Clemente Santi, sperimentando nuove tecniche enologiche, otteneva riconoscimenti per il suo “vino rosso scelto (Brunello) del 1865” (il suo Moscatello fu premiato, riconoscimento straordinario all’epoca, all’Esposizione Universale di Parigi del 1867), e nel 1870, il nipote, il “garibaldino” Ferruccio, ha inventato il Brunello, dopo aver selezionato un particolare Sangiovese e averlo vinificato in purezza. Tancredi, figlio di Ferruccio, ha avuto il merito di sistematizzare il protocollo di produzione, imprimendo nuovo slancio alla produzione di Brunello, e diventando, di fatto, l’ambasciatore di Montalcino e dei suoi vini. Introdusse la pratica della “ricolmatura” delle vecchie Riserve (storica quella realizzata con Mario Soldati e Luigi Veronelli), con vino della stessa annata (la prima volta nel 1927 per le Riserve 1888 e 1891) e fu l’artefice del Brunello di Montalcino Riserva 1955, l’unico italiano inserito dalla rivista Usa “Wine Spectator” tra i 12 migliori vini del Novecento. Con il suo stile di vinificazione unico, lo stesso per decenni, Franco Biondi Santi, figlio di Tancredi, ha rivestito il prezioso ruolo di “guardiano” intransigente della tradizione: tutti i vini del Greppo provengono da uve coltivate nei 20 ettari di vigneto di proprietà, e il Brunello Riserva esclusivamente da vigneti di oltre 25 anni di età. Per preservare le caratteristiche del clone di Sangiovese grosso selezionato da Ferruccio (BBS/11, Brunello Biondi Santi, vite n. 11, unico clone aziendale), i nuovi vigneti vengono da sempre innestati con gemme prese dalle vecchie piante. Oggi nel “caveau” della Tenuta, ereditando dal padre il ruolo di custode della tradizione, Jacopo Biondi Santi conserva, con grande cura, bottiglie storiche dal valore inestimabile: il Brunello Riserva 1888 e 1891 (battuta in asta, nel lontano 2000, fu aggiudicata alla cifra record di 30 milioni di lire), le Riserve 1925 e 1945. Ed ancora le “mitiche” bottiglie di Brunello Riserva 1955, e le Riserve 1964, 1970, 1971, 1975, 1982, 1983, 1985, 1988 e 1990, per fermarsi alle più vecchie (il Brunello Riserva di Biondi Santi è tra i fine wine con il prezzo medio più alto negli scaffali del mondo).
“Da allora in Cina abbiamo fatto molte degustazioni con i sommelier italiani e andiamo continuamente con l’Istituto del vino italiano di qualità Grandi Marchi - ricorda Jacopo Biondi Santi - oggi c’è soddisfazione, grazie soprattutto ai francesi che vi hanno investito tanto, ma anche agli italiani, e grazie a Vinitaly: è un mercato importante con persone che non comprano solo l’etichetta, ma conoscono il vino, c’è collezionismo, ma non solo gli abbienti possono permettersi le nostre bottiglie, che iniziano a circolare in tutti gli ambienti. È importante perché vuol dire che la cultura del vino sta andando avanti”. E nel 2016, per la prima volta al Vinitaly n. 50 ci saranno anche i vini cinesi, segno di come, in quasi due decenni, le cose siano cambiate.
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