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La ricchezza varietale è la cifra stilistica della produzione enoica italiana, ma è difficile da comunicare, tanto che la stragrande maggioranza dei wine lovers Usa, come racconta l’ultimo sondaggio “Wine Spectator”, vota ancora Nebbiolo e Sangiovese

Per l’Italia del vino la ricchezza varietale è un tratto distintivo, capace, da un lato, di rendere unica l’offerta sui mercati, dall’altro, invece, di condannare il sistema comunicativo e commerciale ad una frammentazione nella quale è difficile districarsi. Specie per un appassionato straniero che, per farsi una vera cultura enoica del Belpaese, è costretto ad imparare decine se non centinaia di nomi, a partire, ovviamente, dai vitigni, passando per le zone di produzione. Alla fine, però, per quanto lo sforzo sia grande e meritorio, perché ogni varietà, dal Primitivo all’Albana, merita di essere difesa, salvaguardata e promossa, sono due i vitigni più amati, e non hanno certo bisogno di presentazioni: Nebbiolo e Sangiovese, capaci di guadagnare il 35% ciascuno delle preferenze dei wine lovers Usa, che hanno votato l’ultimo sondaggio online promosso dal magazine “Wine Spectator” (www.winespectator.com), “What is your favorite native Italian grape variety?”. Dietro, staccatissimi, l’Aglianico (5%), la Corvina (4%), il Montepulciano (4%), il Primitivo (4%), la Barbera (3%), il Dolcetto (2%) ed il Nero d’Avola (2%).

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