Anche se non colpito direttamente dalle contro-sanzioni sull’agroalimentare dall’Ue, il mercato del vino in Russia sta cambiando, e vede un forte aumento della produzione locale che risponde non solo alla più generale politica di “import substitution” varata da Mosca, ma anche a un aumento della domanda con un consumatore più attento al rapporto qualità-prezzo. “Il fermento che stiamo osservando in un questo settore in Russia, non rappresenta un rischio per i vini italiani, ma al contrario un possibile volano da sfruttare”, spiega il direttore dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice) a Mosca, Pier Paolo Celeste.
Il Servizio Federale di Statistica (Rosstat) ha registrato un cambio ai vertici del mercato del vino russo: dopo anni di dominio delle fabbriche specializzate in produzioni a basso costo di vini importati in Tetra-Pak e cartone, nel 2015 il più grande produttore è stato la holding Ariant di Chelyabinsk, la maggior parte della cui produzione arriva da propri vigneti ed è imbottigliato in vetro. La Ariant ha comunicato di aver prodotto, l’anno scorso, 70 milioni di bottiglie, il 40% in più rispetto sul 2014. “Ben prima dell’avvio del processo di import-substitution, nell’aprile 2015, i produttori di vino avevano già mostrato segni di maggiore vitalità aumentando e affinando la loro produzione”, sottolinea Celeste.
Il fenomeno si spiega nel più vasto contesto della crisi economica: la svalutazione del rublo, il conseguente calo del potere d’acquisto, e la richiesta di vini più economici hanno stimolato i produttori locali a fare di più. “Da non dimenticare che il governo ha stanziato sovvenzioni fiscali per i produttori di vino (15 milioni di euro nel 2015) e deciso la diminuzione delle accise per alcune categorie di vini locali, con cui ha diminuito il prelievo dello Stato sulla bottiglia - ricorda il direttore Ice - e così dalla fusione di piccoli produttori si sono create aziende medie di tutto rispetto”. A metà gennaio, proprio la Ariant ha acquistato la fabbrica Russki Azov a Temryuk, nel sud della Russia, l’accordo più grande degli ultimi anni nel settore, per 1,3 miliardi di rubli. “La domanda di vino nazionale è aumentata drasticamente nel 2015 e abbiamo capito che non saremo riusciti a soddisfarla con quelli che erano i nostri impianti di produzione”, spiega Roman Gribanov, rappresentante di Ariant.
La tendenza a coprire con la produzione nazionale la domanda interna non rappresenta però un rischio per un paese come l’Italia, per cui il vino è tra le voci più significative dell’export in Russia. “Un aumento della produzione locale significa anche un aumento dei consumi e la necessità per le imprese russe di fare anche promozione ed educazione sul vino”, ha spiegato Celeste. “Per noi può essere solo un vantaggio, una sorta di volano: la nostra produzione vinicola - continua il direttore Ice di Mosca - è talmente ampia che siamo in grado di offrire il prodotto giusto per ogni palato e per tutte le tasche; il lavoro sempre più attento dell’Ice nel segmentare l’offerta italiana e indirizzarla sui giusti importatori e distributori, poi, è un altro fattore importante nell’ottica di rafforzare la nostra quota di mercato, anche in un momento di cambiamenti e difficoltà come questo”.
Secondo Rosstat, i vini fermi sono la categoria in maggiore crescita tra le bevande alcoliche: la loro produzione in Russia è aumentata del 25%, fino a 400 milioni di litri, mentre gli spumanti sono cresciuti in tutto del 33%, fino a 160,6 milioni di litri nel 2015. Di pari passo, sotto l’effetto della svalutazione del rublo che ha fatto lievitare i prezzi dei prodotti dall’estero, è calato l’import in questo settore: i vini fermi in bottiglia hanno segnato in valore un -33,3% e un -38,3% le bollicine. Come gli altri maggiori importatori in Russia, anche il Belpaese ha sofferto un calo fisiologico, ma comunque in misura inferiore dei competitor. “Per quanto riguarda i vini fermi in bottiglia l’Italia è calata di un 23% l’anno scorso, ma nel calo subito da tutti i paesi l’Italia la vince in tema di gusto perché infatti la sua quota di mercato aumenta - sottolinea il direttore Ice- e se prima una bottiglia su quattro era italiana ora lo è una su tre. Anche i nostri spumanti hanno sofferto ma continuano a essere leader mondiali anche qui, occupando il 60% del mercato. In prospettiva, i produttori locali russi per noi rappresentano più dei possibili alleati, che non dei nostri reali concorrenti”.
Intanto, la sostituzione delle importazioni sembra un processo in corso anche nella vendita al dettaglio e nei ristoranti, dove la Russia inizia a essere fortemente rappresentata nelle carte dei vini delle principali holding della ristorazione, dalla Maison Dellos, al Gruppo Novikov fino a White Rabbit, e nell’offerta dei maggiori grossisti di vino, prima focalizzati su bottiglie di importazione: Simple, Eurowine e Alianta Group.
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