L’obiettivo è azzerare la quota di vino sfuso e conquistare nuovi mercati. E’ quello della cantina Settesoli, la più importante realtà cooperativa siciliana, che, di recente, ha scommesso sul bag in box, appositi formati “in busta” da tre litri, per confezionare parte del proprio vino da destinare ai mercati esteri, in particolare quelli del Nord Europa.
Una scelta che si sta rivelando assolutamente vincente. Come spiegato da Salvatore Li Petri, direttore generale della cantina Settesoli, “in paesi come la Svezia, il bag in box rappresenta il 62% dei consumi di vino e recentemente abbiamo vinto una commessa da 250-300.000 “pezzi” proprio nel paese con l’obiettivo di arrivare ad 1milione entro la prossima estate”.
Davvero non male per la cooperativa di Menfi che tra le prime in Italia ha scelto su questo particolare formato per conquistare i mercati esteri. Forti richieste per il “vino in busta” stanno, infatti, arrivando anche dall’Inghilterra, ma il bag in box si sta affermando anche negli Stati Uniti e in Giappone, dove è sempre più frequente veder “sfilare” insieme sugli scaffali dei negozi le tradizionali bottiglie a fianco dei “nuovi formati”. In Svezia, la cantina di Menfi - 2300 soci, 6000 ettari vitati, una produzione di 350.000 ettolitri annui per un
giro d’affari di 34 milioni di euro, di cui 8 provenienti dal vino sfuso - è già presente da anni con i propri vini, in particolare lo Chardonnay, con marchio Inycon, e la commessa appena vinta sarà orientata invece ad un vino siciliano per eccellenza come l’Inzolia.
“E’ una questione culturale - spiega ancora Li Petri - il bag in box si sta rivelando molto pratico e versatile, non presenta problemi di tappatura e conservazione, richiede meno spazio di 4 bottiglie, è più facile da trasportare e costa meno al produttore e quindi al consumatore”.
Mediamente il confezionamento costa un euro tutto compreso, senza dover metter nel conto il vetro della bottiglia, il tappo e l’etichetta. Il prezzo franco cantina si aggira sui 4,50-5 euro. Il vino così confezionato sul mercato finale, ad esempio, quello americano, arriva a costare mediamente 15-16 dollari, senza dimenticare che parliamo di un formato da tre litri. “La scatola poi - aggiunge Li Petri - si presta ad una personalizzazione al pari delle comuni etichette. Ma soprattutto - aggiunge - il bag in box è adatto anche al confezionamento del vino di qualità. In Italia, dove la cultura della bottiglia è più radicata, pensiamo che il bag in box sia destinato esclusivamente a prodotti di scarso livello qualitativo. Così non è, sui mercati esteri questo è stato ben compreso e quelle italiane sono solo reticenze di tipo psicologico. Il futuro del vino è già presente”.
Cosa è il “bag in box”
Nuova forma di packaging del vino studiata in Australia alcuni anni fa e basata sul confezionamento del vino in speciali buste di plastica (bag) da 3 litri dotate di un apposito erogatore che non permette l’ingresso di aria. Le buste così confezionate sono poi racchiuse all’interno di una scatola di cartone (box) per facilitarne il trasporto.
Leonardo Roselli
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