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LA TENDENZA DELLE FESTE? BOLLICINE DA UVE AUTOCTONE … UN MODO DI BERE ITALIANO E “DIVERSO”. LE SCELTE DI WINENEWS, DA NORD A SUD

Italia
Brindisi con bollicine autoctone italiane per le feste natalizie 2006

Chi lo prova, poi lo cerca. Lo spumante da uve autoctone è la chicca per gli intenditori che vogliono bere italiano e “diverso”. Piano piano, senza grande clamore e senza il supporto di grandi campagne pubblicitarie, sta crescendo il consumo delle bollicine più autenticamente tricolori. In ultima analisi, com’è stato detto, sono gli champagne d’Italia, perché come lì sono autoctoni Chardonnay e Pinot Noir qui lo sono, solo per fare qualche esempio di uve locali spumantizzate, Gavi, Asprino di Aversa, Verdicchio dei Castelli di Jesi oppure Nerello Mascalese. Tutte uve che per le loro caratteristiche si stanno dimostrando ottime allo scopo e che danno vita a prodotti assai personali sia in bocca che al naso. Da qui l’interesse crescente degli appassionati alla ricerca di nuove emozioni. Si tratta ancora di piccolissime produzioni, iniziate più per passione che per trarne lucro, ma che cominciano a dare anche soddisfazione sul mercato.
Uno dei maggiori produttori di spumanti autoctoni è la piemontese “La Scolca” che ha sette diversi spumanti da Gavi (10% della produzione), tra cui spicca il millesimato riserva “D’Antan”, il ‘95 attualmente il commercio in meno di 7.000 unità, con invecchiamento in bottiglia su lieviti, pure rigorosamente autoctoni, di almeno dieci anni. “Il nostro D'Antan è stato scoperto e registriamo una crescente richiesta spontanea - afferma la titolare Luisa Soldati - è un prodotto per gusto più simile a certi champagne francesi che ad altri spumanti italiani. E’ un prodotto di grande prestigio e qualità e, visto il successo, ne stiamo aumentando la produzione”.
Considerazioni analoghe arrivano dall'altra parte d’Italia, dall’azienda siciliana Murgo che produce tre spumanti da Nerello mascalese. “Chi lo assaggia, poi lo rivuole. Lo spumante autoctono è poi un prodotto molto competitivo perché ha un ottimo rapporto qualità-prezzo” spiega Michele Scammacca del Murgo che, per far fonte alle richieste, sta passando da una produzione di 50.000 bottiglie a 70.000 e ha recentemente presentato un rosè con un solo un anno di affinamento sui lieviti, volutamente più semplice e immediato, che gioca sulle note del fruttato. L’extra brut, invece, si affina quattro anni sui lieviti, il 2001 adesso in commercio è concentrato, complesso, morbidissimo, a dosaggio zero. “Il Nerello Mascalese ha delle similitudini con il Pinot Nero non come uva ma come vino ottenuto - continua Michele Scammacca - presenta acidità e longevità simili. Ma è più equilibrato, grazie alla maturazione lenta e tardiva, rispetto al pinot nero che è più precoce”.
In Sicilia l’attuale produzione di bollicine non è una novità in quanto già alla fine dell’Ottocento, proprio sull’Etna, il Barone Spitaleri sperimentava un metodo classico da Pinot Nero coltivato sulle pendici del vulcano con l’intuizione che quella era zona vocata a spumanti di qualità come lo Champagne in Francia.
Ma anche in regioni con nessuna tradizione spumantistica, come la Campania, da qualche anno si è visto che si possono ottenere ottime bollicine. “Mio zio Gennaro, l’enologo della nostra azienda, ha studiato a Conegliano ed è tornato con il pallino dello spumante - racconta Francesco Martusciello della cantina Grotta del Sole - ed ha individuato l’Asprino di Aversa come l’uva adatta allo scopo. L’accoglienza del mercato è stata difficile perché la Campania non era considerata zona spumantistica, ci ha poi aiutato molto la riscoperta degli autoctoni”. L’azienda Grotta del Sole produce così oggi 6.000 bottiglie di metodo classico, lo stesso numero di 12 anni fa quando ne ha iniziato la produzione, ma è arrivata a 60.000 bottiglie del suo metodo Charmant che, prosegue Martusciello, in Campania è conosciuto e spesso ordinato, anche a bicchiere, in alternativa al Prosecco. Grotta del Sole produce anche uno spumante dolce da uve Coda di Volpe del Vesuvio e il cui consumo è pure crescente. “Con questo spumante autoctono dolce stiamo adesso pure cercando di educare ad aprire, in abbinamento ad un dolce, una bottiglia forse meno importante ma più giusta” conclude Martusciello.
Gli spumanti da uve locali stanno crescendo sia in qualità che in quantità tanto da far nascere un anno fa un'apposita associazione dal nome Anima, associazione nazionale italiana Metodo Classico autoctono. Presidente è Gian Luigi Orsolani, altro storico produttore piemontese di bollicine da vitigno autoctono, nel suo caso Erbaluce di Caluso: “quello dello spumante autoctono è ancora una nicchia - spiega Ortolani - stimo che la produzione totale di metodo classico autoctono non superi il milione di bottiglie. E’ un prodotto che si inserisce nella fascia di eccellenza del mercato, che si va a cercare, consumato da clienti affezionati. Merito dell’associazione credo sia quello di contribuire ad accendere i riflettori su questo prodotto che merita maggiore attenzione”.
Alma Torretta

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