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LE CITTÀ DEL VINO PROPONGONO A TUTTE LE ORGANIZZAZIONI DI CATEGORIA UN TAVOLO DI CONFRONTO PER UNA RIFORMA MIGLIORE DELL’OCM

Italia
Valentino Valentini

Il Commissario europeo all’Agricoltura Fischer-Boel ha presentato nel Consiglio dei Ministri agricoli la nuova bozza della proposta di riforma dell’Organizzazione Comune di Mercato per il vino, in vista dell’approvazione formale della proposta stessa, prevista per il 4 luglio.

Le Città del Vino giudicano “positivamente le modifiche apportate alla proposta originaria di riforma comunitaria dell’Ocm vino, ma ci sono ancora degli aspetti da chiarire per quanto riguarda la produzione vinicola del nostro Paese.

“E’ buona cosa - spiega il presidente Valentino Valentini - quella del mantenimento del divieto di zuccheraggio per l’aumento della gradazione alcolica, lo stop degli aiuti di crisi (distillazione), il divieto di importare e miscelare mosti di provenienza extracomunitaria; da giudicare positivamente anche la forte riduzione della superficie prevista di estirpazione dei vigneti e l’introduzione di importanti criteri che limitano l’impatto sociale, ambientale e paesaggistico dell’eventuale abbandono produttivo”.

Restano, però, aperte alcune questioni che la nuova proposta di riforma non chiarisce appieno e che riguardano, in particolare, le pratiche enologiche e l’etichettatura: “il governo italiano deve fare pressione - protesta Valentino Valentini, presidente delle Città del Vino - per impedire che siano recepite in Europa, in modo acritico, tutte quelle pratiche enologiche autorizzate dall’Organizzazione Internazione della Vite e del Vino (Oiv), che vanno ben oltre l’utilizzo dei trucioli di legno, e per impedire che sia banalizzata l’etichettatura con il venir meno della distinzione netta fra vini a denominazione geografica e vini da tavola, a danno dei consumatori e di quei produttori che sono i principali attori del grande successo mondiale del vino italiano”.

Le Città del Vino, dunque, ribadiscono, con un’articolata nota, “la necessità di adottare misure per l’etichettatura delle bottiglie di vino che diano ampie garanzie di trasparenza nell’informazione, garantendo ai consumatori una consapevole possibilità di scelta; la contrarietà all’indicazione in etichetta dell’annata e del nome del vitigno per i vini da tavola, provvedimento che invece creerebbe confusione e disorientamento tra i consumatori, mentre invece deve essere ulteriormente valorizzata l’origine del prodotto, magari inserendo in etichetta il nome del Comune dove opera l’azienda vitivinicola”.

Ma le Città del Vino lanciano anche un invito “all’intera filiera vitivinicola ad uno sforzo comune affinché la fase finale di questo percorso possa portare alla definitiva approvazione della migliore Ocm vino possibile. Le organizzazioni di categoria, i consorzi, le associazioni dei produttori, gli enti pubblici devono sedersi intorno ad un tavolo per concordare una strategia comune che consenta di definire nel dettaglio le ulteriori richieste da consegnare nelle mani del Ministro per le Politiche Agricole del Governo italiano perché le possa presentare in sede di Commissione Europea, affinché la nuova Ocm possa contribuire davvero al rilancio complessivo della vitivinicoltura italiana ed europea”.

“Il ridimensionamento dei previsti espianti è sicuramente - spiega Valentini - un fatto positivo, ma resta ancora bene da chiarire chi espianta e dove si espianta. Non v’è dubbio che esiste un problema di tutela di una parte della viticoltura italiana che rappresenta un grande valore storico, culturale e sociale la cui sopravvivenza non può essere lasciata solo alle conseguenze delle leggi di mercato, ma che invece va tutelata e salvaguardata perché rappresenta un patrimonio identitario che non può essere perduto. La viticoltura eroica e difficile di montagna, delle isole, dei terrazzamenti non può restare vittima di una riforma che, invece, dovrebbe ridimensionare altri tipi di produzione vitivinicola, quella ad esempio, fino ad oggi assistita e destinata alla distillazione. Produrre meno per produrre meglio è un obiettivo da perseguire e da raggiungere, ma lo si può ottenere senza penalizzare la viticoltura “minore” che invece rappresenta un forte valore aggiunto anche in termini ambientali e paesaggistici, elementi fondamentali dell’identità e della “diversità” italiana ed europea”.

“E’ da contestare, in questo senso, che la vitivinicoltura europea possa essere assoggettata - continua il presidente delle Città del Vino - alle regole della Pac, in quanto non è assimilabile alla gestione colturale di altre colture (cereali, tabacco, …); occorre evitare nel modo più assoluto l’abbandono dei vigneti, favorendo la diminuzione della produzione, a tutto vantaggio della qualità; un vigneto abbandonato perde valore non solo produttivo, ma anche ambientale. Il vigneto va curato, sempre. Occorre, invece, destinare i finanziamenti europei non tanto all’espianto quanto al rinnovo dei vigneti, per incentivare l’ingresso dei giovani nel mondo agricolo e vitivinicolo in particolare, per valorizzare le produzioni locali rafforzandone qualità e immagine. Servono nuovi e più consistenti finanziamenti da parte dell’ente pubblico per favorire la ricerca nel suo insieme, sia quella legata alla conoscenza delle potenzialità di tanti vitigni autoctoni e antichi che possono rappresentare per molti territori e per tante aziende una nuova opportunità, ma anche sul fronte degli effetti salutistici che hanno molte delle componenti del vino per l’organismo umano, favorendo l’informazione e l’educazione, soprattutto tra i giovani, al bere bene ma con moderazione”.

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