
Da Marchesi Antinori a Bellavista, da Casanova di Neri a Donnafugata, da Famiglia Cotarella a Ronco dei Tassi, da Tommasi a Vajra: ecco le aziende che Coldiretti e Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi, hanno invitato nell’edizione 2025 di Vinitaly alla tradizionale degustazione “Le Eccellenze Italiane”. Otto famiglie storiche del vino per otto vini rappresentativi della Maremma, della Franciacorta, di Montalcino, dell’Etna, della Tuscia, del Collio, della Valpolicella e del Barolo, per raccontare nel bicchiere il valore dell’agricoltura italiana, che “produce vini straordinari a partire da un territorio straordinario”, secondo il presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Bicchieri che devono raccontare il valore, oggi ancora di più - in uno sforzo collettivo tra produttori, associazioni di categoria e istituzioni - per superare le sfide che questo inizio 2025 porta con sé. A partire dai dazi del 20% che gli Stati Uniti di Trump hanno imposto a partire da aprile al vino dell’Europa, che si aggiungono al dibattito in merito ai vini dealcolati, alle preoccupazioni che desta il generale calo di consumo di vino, passando per il tema della sicurezza stradale, fino alla necessità di trovare un nuovo modo di agganciare l’interesse delle nuove generazioni.
Secondo José Rallo di Donnafugata, bisogna superare questa negatività e concentrarsi sull’aspetto conviviale del vino, sulla diffusione della sua storia e della sua cultura. “Le nuove generazioni non sono sensibili ai “warning” in etichetta - considera - ma sono attirati dall’educazione e dagli approfondimenti. Cosa che possiamo chiaramente fare noi aziende singolarmente, ma che funzionerebbe ancora meglio con l’aiuto delle associazioni di categoria”, con la loro potenza di raggio in termini di comunicazione, contatti e strutture. In degustazione, negli assaggi WineNews, l’Etna Bianco Sul Vulcano 2020, Catarratto in purezza intenso e mediterraneo, decisamente profumato di scorze di agrumi, che sviluppa mineralità in bocca e dolci ritorni vanigliati sul finale. Qui Donnafugata coltiva vigne oltre i 700 metri di altezza, che d’inverno si coprono di neve anche se ad un passo dal mediterraneo. Un’etichetta che mostra una Dea Vulcano che esce dal cratere, attorniata da colori rappresentativi di quella natura affilata e satura che si trova in cima all’Etna: colori che l’artista Stefano Vitalesi ha scelto ispirandosi alle opere degli illustratori che in passato accompagnavano gli scrittori nei loro grand-tour europei.
Grazie ad Intrecci - Accademia di Alta formazioni in sala - anche la Famiglia Cotarella riesce ad avere un contatto diretto e privilegiato con le giovani generazioni. “Ho notato che i ragazzi sono sensibili a due tematiche in particolare. La prima - ha raccontato Marta Cotarella - è l’attenzione alla sostenibilità, sia ambientale che sociale che economica. La seconda è la curiosità verso il vino, il territorio da cui proviene e le persone che lo producono, dando quindi impulso all’enoturismo. Inoltre non è col vino che passano le loro serate goliardiche: il vino lo bevono a tavola, quando hanno voglia di parlare e di ascoltare, di condividere”. Secondo Marta Cotarella, inoltre, bisogna rimanere ottimisti, perché il mercato cambia in continuazione, e il passaggio generazionale in azienda coincide sempre con un passaggio generazionale di consumatori. In degustazione il Lazio Rosso Montiano 2021, un vino che ha cambiato la percezione della Tuscia e il concetto di territorio vocato, dimostrando come non servano vitigni autoctoni o vigneti secolari o testimonianze archeologiche per definirlo; e che il mondo è pieno di territori vergini che meritano un’occasione per diventare vocati. Il Montiano 2021 è un Merlot scuro e materico, colmo di note dolci speziate e fruttate, che ben si bilancia al sorso fra aderenza tannica e acidità persistente.
In tema export, relativamente all’istituzione dei dazi del Presidente Trump, Alessia Antinori resta moderatamente ottimista. Forte della lunga esperienza della famiglia e di Marchesi Antinori sul campo, nonostante sia consapevole che per la sua azienda - come per tante altre in Italia - il mercato statunitense sia uno sbocco importante e in parte non sostituibile, crede anche che si possano trovare soluzioni coi partner commerciali affinché la percentuale di dazi non si scarichi con la stessa percentuale sui prezzi finali. Riducendo così in parte le conseguenze negative di un aumento dei prezzi sull’andamento delle vendite. In degustazione il Maremma Toscana Poggio alle Nane 2022 di Le Mortelle, uvaggio di Cabernet Sauvignon e Franc con del Carménère, che dona speziatura e toni di eucalipto ad un vino intenso e fitto, dagli intensi colori e sapori neri e violacei, e dai tannini morbidi e fruttati. Vino che proviene dalla tenuta nella bassa Maremma toscana della famiglia, dove coltiva un anfiteatro di 175 ettari vitati in affaccio sul mare e dove ha sperimentato a lungo con i vitigni internazionali sia bianchi che rossi.
Giacomo Neri di Casanova di Neri ha portato, invece, l’esperienza del territorio di Montalcino, patria del Brunello, e di una denominazione che esporta fino al 40% del proprio vino negli Stati Uniti. “Ma lavorare la terra ci porta ad essere ottimisti, quindi contiamo sulla possibilità che nelle prossime settimane questi dazi si possano attenuare, ma soprattutto - tema meno volatile di un augurio - contiamo su un mercato consolidato in decenni di rapporti e collaborazione, che l’aumento dell’enoturismo di questi anni ci ha confermato. Gli Stati Uniti amano il made in Italy - sostiene - e sono sicuro che questo ci permetterà di trovare una soluzione condivisa, insieme ai nostri partner importatori e ai consumatori”. In degustazione il Rosso di Montalcino Giovanni Neri 2022, dedicato al padre di Giacomo, che ha fondato l’azienda e ha creato le fondamenta per il successo che oggi conosce. Un Rosso che vuole dimostrare come anche un Sangiovese giovane possa essere un grande vino. Proviene da un vigneto vecchio comprato nel 2017 nella zona meridionale della denominazione: un vino vivace e croccante nonostante la sua compattezza e intensità aromatiche fruttate e speziate, che sviluppa un sorso floreale e fresco e che scorre bene verso un finale piccante.
Enrico Coser di Ronco dei Tassi ha sottolineato, invece, quanto la sicurezza sulla strada sia imprescindibile, ma che siano imprescindibili anche la convivialità e la condivisione dal vino. “Dobbiamo stare attenti a non fare passare il messaggio che bere con moderazione sia da irresponsabili - ha puntualizzato - perché il rischio che si corre è di scambiare l’uso con l’abuso. La nostra cultura enogastronomica, l’esperienza corale di bellezza-gusto-condivisione, che tutti cercano in Italia, è un patrimonio da valorizzare, non può essere considerata dannosa nel complesso”. In degustazione il Collio Bianco Fosarin 2022, uvaggio di Pinot Bianco, Friulano e Malvasia che proviene da un vigneto storico dell’azienda, piantato dai genitori di Enrico Coser, che scelsero proprio un vitigno internazionale per smussare le ruvidità dei vitigni locali. Un vino decisamente roccioso, e generoso di frutta a polpa gialla e fiori di ginestra e camomilla, pieno e morbido al sorso, che si snellisce sul finale vegetale.
Anche Aldo Vaira è dell’opinione che bisogna puntare sulla condivisione anziché sulla demonizzazione. “E dobbiamo anche fare autocritica - ha ammesso - perché troppo spesso abbiamo lasciato che altri parlassero al posto nostro, raccontando il nostro mondo e il nostro lavoro. E troppo spesso ci siamo fatti travolgere dai problemi e dal pessimismo. Io ho lasciato la città da giovane per occuparmi dell’azienda di famiglia Vajra e tutti scommettevano che non ce l’avrei fatta. Invece 50 anni sono passati velocissimi perché ho amato e amo questo lavoro, grazie anche al supporto di mia moglie e dei miei figli. E questa bellezza, certamente non sempre facile, va raccontata, guardando sempre il bicchiere mezzo pieno e incoraggiando le nuove leve”. In degustazione il Barolo Coste di Rose 2020, che proviene da una delle tre Menzioni Geografiche Aggiuntive della denominazione dedicata ai fiori (Costa di Rose, Bricco delle Viole e Ginestra) e che si trova - caso rarissimo in Barolo - su un colle all’80% formato da sabbia, quindi molto scivoloso come terreno e laborioso da “trattenere”. Un Nebbiolo fine e intenso, spiccatamente floreale e balsamico, dal sorso fitto e centrale ma lunghissimo ed elegante.
Azienda che vanta una delle maggiori percentuali di export del proprio prodotto in Italia - ben l’80% - Tommasi produce vino da quattro generazioni. Nel 2007-2008 decide di produrre un Amarone della Valpolicella di lusso, legato al lusso del tempo necessario alla sua creazione. Il De Buris, infatti, matura 5 anni in legno e affina altri 5 anni in vetro, creando valore lungimirante, perché non deve - in quegli anni - tradire la sua identità, ma nemmeno le aspettative dei consumatori, che in 10 anni possono cambiare anche molto. La versione 2011 profuma di prugna in confettura e spezie fresche, con una nota sottile di foglia di pomodoro. Un vino complesso, strutturato e intenso, dal contrasto dolce-amaro di cacao e goudron che chiude pepato e pulito nonostante l’alto tenore alcolico, tipico dell’Amarone. “Producendo questo vino - ha detto Giancarlo Tommasi - mi rendo conto di quando spinosa e importante sia la questione dei vini dealcolati. Io credo però che se i dealcolati esistono è perché sono richiesti; ed è quindi giusto che qualsiasi azienda si senta libera di produrli. Il problema quindi non è il se, ma il come. Sono convinto non debba essere chiamato vino, perché ai dealcolati possono essere aggiunti aromi che sono vietati nel vino. Abbiamo lottato a lungo per tutelare ciò che produciamo: sarebbe controproducente snaturarlo. Inoltre, credo che noi produttori dovremmo piuttosto attivare una seria discussione sulla gestione dell’alcol nei nostri vini, vista l’emergenza climatica in atto”.
Vittorio Moretti, patron Bellavista, infine, parla dalla posizione privilegiata di chi produce spumante di qualità, segmento del vino che non ha mai conosciuto declino negli ultimi anni. “In Italia siamo capaci di fare tante cose, a volte male a volte bene. Nel caso degli spumanti, in pochi lustri siamo passati dal produrre poche migliaia di bollicine a svariati milioni e questo - ha sostenuto - ci permette di avvicinarci a diversi gruppi di consumatori e diverse tipologie di consumatori, persone più o meno attente al mondo del vino. La ricerca ha permesso di portare la Franciacorta ai vertici della qualità, in un percorso che continua ancora oggi. Non siamo nati imparati, ma abbiamo imparato bene e ora in Italia riusciamo a coprire tutta la gamma di spumanti”, accontentando tanti palati diversi. In degustazione il Vittorio Moretti Riserva 2016, che al momento rappresenta l’espressione massima del territorio: nato nel 1984, è uscito solo 12 volte per via di accurate selezioni in vigna che andavano in bottiglie solo se ritenute davvero valide. Un vino che profuma di vaniglia, di mora e agrumi canditi, dall’intensa sapidità al palato, accompagnato da spina citrina e dolcezza finale al sapore di mora in caramella. Un concetto millesimato di vino, oggi in parte superato dalla maggiore qualità che si riesce a raggiungere da assemblaggi più interessanti: come il progetto Alma, composto da un 70-80% di vino annata.
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