Anche il vino, dopo anni di confronto e dibattito, sarà costretto, dal dicembre del 2023, a comunicare gli ingredienti in etichetta, proprio come tutti gli altri prodotti dell’agroalimentare. Una sfida raccolta dal settore che ha saputo trovare una quadratura in grado di trasformare un obbligo in una straordinaria opportunità. La soluzione è tecnologica: il QR Code, che offre la possibilità di ospitare, su una pagina web facilmente accessibile al consumatore, ogni genere di informazione, molte di più di quelle obbligatoriamente previste dalla normativa Ue (ed in maniera infinitamente più semplice di una controetichetta cartacea che rischierebbe di diventare un bugiardino, ndr) facendo del vino il comparto più all’avanguardia nell’ambito in cui era storicamente fanalino di coda. A mettere ordine, con una piattaforma digitale aperta ai produttori di tutta Europa e di tutto il mondo, il progetto U-label, firmato dal Ceev - Comité Vins e sostenuto in Italia da Federvini e Unione italiana Vini, le due associazioni più importanti della filiera enoica italiana, al centro di “Vino & Digitalizzazione delle Informazioni”, tavola rotonda di scena oggi al Vinitaly (a Verona fino al 13 aprile), spiegata e raccontata da Paolo Castelletti, segretario generale Unione Italiana Vini, Vittorio Cino, dg Federvini e Ignacio Sanchez Recarte, segretario generale Comité Vins, insieme a Paolo De Castro, relatore della riforma sul sistema delle Indicazioni Geografiche al Parlamento Ue, che molto ha a che fare con l’etichettatura, Luigi Polizzi, dg per la promozione della qualità al Ministero delle Politiche Agricole, e Sandro Sartor, presidente Wine in Moderation.
“Quello che abbiamo di fronte è un cambiamento della legislazione Ue proposto dal settore del vino, che ha richiesto la possibilità di usare una U-label per inserire l’elenco degli ingredienti. Un iter che ha portato all’adozione del nuovo regolamento nel dicembre 2021, ma entrerà in vigore solo nel dicembre 2023. Il consiglio, però, è quello di iniziare ad usare sin da oggi la nuova etichetta, perché la supply chain non riuscirà, altrimenti, a rispondere alle necessità della filiera”, esordisce Ignacio Sanchez Recarte, presentando la piattaforma U-Label in tutte le sue sfaccettature. “Per il vino questa è un’opportunità da difendere, perché è il settore che beneficia di più della forza del mercato unico, ed avere un’etichetta unica per tutta la Ue è un aspetto fondamentale, che il digitale può solo che rafforzare. Le aziende potranno comunicare più informazioni rilevanti ai consumatori, senza mettere tutto in etichetta. Inoltre, con il digitale, se c’è qualche informazione da correggere o aggiungere, si può fare semplicemente online, non etichettando di nuovo la bottiglia. Un altro aspetto fondamentale è che il consumatore può vedere le informazioni nella sua lingua, e sarà sicuro che l’informazione online sarà veritiera: più dell’80% dei consumatori, infatti, cerca le informazioni sui prodotti che beve o mangia su internet, dove l’esattezza non esiste. C’è ovviamente una necessità di armonizzazione le regole e le informazioni, ed è anche a questo serve la piattaforma U-Label”, continua il sgenerale Ceev.
“La Ue, sulla e-label del vino, ha dato poche e semplici linee guida: no al marketing, link diretto dalla bottiglia e no al consumer tracking. Le aziende, perciò, possono indicare tutto nell’etichetta, creare un proprio sistema digitale o unirsi ad un sistema collettivo. Ed è ciò che abbiamo fatto noi, garantendo così un beneficio economico, perché condividiamo i costi di sviluppo, un beneficio strutturale, perché così interconnettiamo i database esistenti, ed un beneficio legislativo, avendo tutti una normativa condivisa”, riprende Sanchez Recarte. “Che cosa propone la U-Label? Prima di tutto, è destinata a vini, vini aromatizzati e bevande spiritose, è aperta a tutti, aziende Ue e non Ue, associate Ceev o meno, offre expertise legale, la traduzione automatica in tutte le lingue parlate in Ue, fornisce una e-label ed un QR Code creato dalla piattaforma con il link a cui si accede dalla bottiglia. Una e-label - ricorda Recarte - è una etichetta che invece di essere stampata è ospitata da una pagina web, con informazioni rilevanti su un prodotto accessibili gratuitamente. Le informazioni obbligatorie riguardano identificazione, lista degli ingredienti, dichiarazione nutrizionale e messaggi di consumo responsabile; le informazioni autorizzate sono invece quelle sulle menzioni regolate nelle leggi Ue, quelle sulla sostenibilità, quelle sul consumo responsabile ed il link esterno al sito aziendale; le uniche informazioni proibite riguardano il marketing. Infine, la lingua di riferimento viene usata da U-Label come base della traduzione automatizzata dell’informazione nelle altre 23 lingue ufficiali dell’Ue”, conclude Recarte.
“Le aziende sono pronte, in fondo è ciò che hanno chiesto a gran voce, e sappiamo che il consumatore è altrettanto pronto. Parlando di ingredienti ed aspetti nutrizionali, l’obbligo scatterà l’8 dicembre 2023, il vino è pioniere nella digitalizzazione, e riusciremo a dare così informazioni compiute e vere in maniera anche migliore e più completa di qualsiasi altro prodotto dell’agroalimentare. È un progetto su cui già molte aziende stanno lavorando, anche perché non ci sarà una proroga ai tempi previsti, ma è importante che ci sia un’adesione massiccia a questa piattaforma, anche perché non è affatto difficile, e permette in pochi minuti di trasferire informazioni in ben 23 lingue ufficiali della Ue. È un bel messaggio politico del settore, che ha affrontato il discorso etichettatura in maniera compatta e intelligente, facendosi trovare pronto”, commenta Paolo Castelletti, segretario generale Unione Italiana Vini (Uiv).
“Nel momento in cui abbiamo pensato di anticipare i tempi rispetto al tema dell’etichettatura, qualcuno ha pensato che fosse un modo per nascondere le informazioni, una critica che rispediamo al mittente, perché la digitalizzazione è il presente ed il futuro della nostra Europa”, aggiunge Vittorio Cino, dg Federvini. “Con la pandemia il QR è diventato uno strumento di uso quotidiano, tanto per i giovani quanto per le persone più anziane. U-Label rende ancora più chiare le informazioni, altrimenti illeggibili in una retroetichetta. Il tema della sostenibilità è calzante: a gennaio entra in vigore il bollino sul riciclo degli imballaggi, e noi potremo metterlo dentro al QR Code, evitando il proliferare di etichette e bollini. E poi c’è l’aspetto del consumo responsabile, perché con indicazioni brevi e semplici si possono fornire elementi immediati e visivi delle informazioni basilari. A quel unto, sarà poi il consumatore, informato, a fare la sua scelta, perché non ha senso dire al consumatore cosa debba o non debba mangiare”, conclude Vittorio Cino.
“Non avevamo e non abbiamo opzioni, perché un’etichetta diversa per ogni Paese avrebbe voluto dire buttare all’aria i principi del mercato comune europeo”, spiega Sandro Sartor, presidente Wine in Moderation (qui l’intervista). “Abbiamo due anni di prova, che le aziende devono usare per adattarsi ed adeguarsi, così come i consumatori. La battaglia va vinta partendo per tempo, con una campagna informativa rivolta al consumatore, affinché possa dire anche lui che è ben di più di un’etichetta. Avevamo la possibilità di non dire gli ingredienti, comunicando meno di altri settori, e improvvisamente diventiamo quelli che comunicano di più, e con la migliore tecnologia. È un’opportunità da vincere, perché essere i primi produttori di vino al mondo ci dà la responsabilità di leadership. In questo senso, gioca un ruolo importante il consumo responsabile: dobbiamo dimostrare scientificamente la differenza tra consumo e abuso. Dobbiamo schierarci contro l’abuso, senza paura di dire che fa male, non posizionandoci sugli spazi grigi, altrimenti perdiamo credibilità. Nella U-Label il messaggio “Wine in moderation” è obbligatorio, ma c’è un’altra dicitura che invito le aziende a condividere: “l’abuso di alcol può causare danni alla salute”.
Quello della piattaforma U-Label è un bell’esempio di come, quando il mondo del vino, sia italiano che europeo, gioca di squadra, riesce a trovare soluzioni efficaci e migliorative. Un approccio che servirà ancora, sui tanti tavoli ancora aperti in Ue, in un “momento positivo, con un ritorno di entusiasmo, dopo due anni di pandemia, offuscato dai venti di guerra”, come ricorda Paolo De Castro, Coordinatore Socialists & Democrats Commissione Agricoltura al Parlamento Ue. “Il gioco di squadra, contrariamente all’immagine dipinta dai giornali, dà i suoi frutti. A Bruxelles, il dibattito sulla riforma del sistema delle Indicazioni Geografiche ci offre delle opportunità, oltre alle criticità. La proposta di riforma è del 31 marzo, si voterà non prima di settembre/ottobre, per cui c’è tutto il tempo di migliorarla e correggerla. È la prima volta che la Ue, con 89 articoli, mette nero su bianco i principi della qualità europea, di cui il vino è la parte più rilevante: non si tratta più di curiosità culturali, come al “Millenium Round” di Seattle del 1999 (lo storico vertice dell’Orgazizzazione Mondiale del Commercio, ndr), oggi siamo a 75 miliardi di valore a livello europeo, di cui 17 in Italia, con 10 che vanno all’estero, pari al 20% dell’export del settore. Abbiamo la possibilità di riscrivere le regole, vogliamo un irrobustimento del ruolo dei Consorzi, una maggiore tutela delle Ig, ed è nostra responsabilità giocarci bene questa chance. Lavorando in sinergia con Francia, Spagna e Portogallo, che vuol dire arrivare al 90% dei voti in Commissione Agricoltura. Dobbiamo trovare una posizione condivisa - continua De Castro - per aumentare le nostre probabilità di successo. Anche il ruolo di Euipo (Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale) va capito: abbiamo evocato spesso il successo di Bolgheri (qui), ed è stata proprio Euipo a dare una grossa mano, è un’agenzia importante nella tutela dei marchi. La parte delle regole invece è giusto che resti fuori dal suo ambito. Ovviamente, dal Nutri-Score alla U-Label, sull’etichettatura c’è tanto lavoro da fare, anche se la “F” al vino è stata talmente dirompente da mostrare a tutti i limiti del Nutri-Score. Attenzione però a non pensare che queste siano armi contro il made in Italy, è qualcosa di decisamente diverso: c’è una robusta vulgata culturale, che non va banalizzata e che punta a guidare i consumi, limitando in un certo senso la libera scelta, non va banalizzata. Si vuole costruire un sistema di regole per cui per tutelare ambiente e salute si spinge il consumatore a fare le scelte che gli vengono imposte, e dietro a questo approccio, che trovo profondamente sbagliato, ci sono 200 nutrizionisti francesi ed Eurocommerce, l’associazione europea del retail, che sostiene con entusiasmo queste politiche”, conclude Paolo De Castro.
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