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EUROPA

Le misure dell’Ocm architrave della crescita del settore vino nel Vecchio Continente

Nell’analisi della Commissione Europea il peso degli aiuti comunitari, fondamentali per rispondere ai cambiamenti del mercato
COMMISSIONE EUROPEA, OCM, vino, Mondo
Il peso dell’Ocm sul vino europeo

L’impatto delle misure dell’Ocm sul settore vino è a dir poco fondamentale, e a ribadirlo è una corposa analisi della Commissione Europea (che potete trovare, integralmente, qui), che ha messo sotto la lente gli effetti degli aiuti Ue sull’economia della filiera enoica nel periodo 2014-2018. Innanzitutto, l’ammontare dei fondi, ripartiti tra 16 Stati membri, è stato di 5,507 miliardi di euro, ed i principali beneficiari sono stati Italia (1,685 miliardi di euro), Francia (1,403 miliardi di euro) e Spagna (1,052 miliardi di euro), la misura più importante è stata quella relativa alla riconversione e ristrutturazione del vigneto, che ha assorbito il 50,2% delle risorse, seguita dagli investimenti nel miglioramento dei processi produttivi (21,6%) e promozione (17,6%), con differenze anche importanti tra i diversi Paesi. I fondi per la ristrutturazione e riconversione dei vigneti sono stati fondamentali nel salto di qualità, a livello produttivo e gestionale, di 330.000 ettari vitati, il 10% delle superfici vitate d’Europa, specie per rispondere alle esigenze dei mercati, sempre più rivolti a produzioni di qualità, e quindi a vini Do e Ig, con un altro aspetto importante, la conservazione delle produzioni tradizionali.
Un altro campo di investimento importante è quello che riguarda fattori chiave di competitività come i processi produttivi, l’imbottigliamento ed il marketing, con i fondi Ue che hanno supportato, ad esempio, la ristrutturazione verticale delle piccole cantine, dove oggi trovano spazio tasting room e vendita diretta. E se in Italia la misura più discussa ed ambita è sempre quella all’internazionalizzazione, a livello europeo tra gli effetti positivi c’è, oltre evidentemente al sostegno alla promozione tout court, l’implementazione della cooperazione tra produttori e tra produttori ed organizzazioni, a partire dai Consorzi. In questo ambito, la legislazione Ue gioca un ruolo rilevante: l’etichettatura garantisce in maniera uniforme la qualità delle produzioni, specie a denominazione, del Vecchio Continente, mentre le regole sulle pratiche enologiche mantengono standard produttivi genericamente alti, anche se, rileva l’analisi della Commissione Europea, ci sono almeno due punti di debolezza: non considerare vino un prodotto sotto gli 8,5 gradi e non permettere l’aggiunta di acqua per abbassare la gradazione alcolica porta infatti degli svantaggi competitivi sui mercati mondiali.
Come detto, le misure dell’Ocm sono state centrali nel rispondere alle esigenze di un mondo in cui, dal 2008 in poi, i consumi sono crollati nei tradizionali Paesi produttori, e cresciuti in Usa, Cina, Uk, Russia, Australia e Canada, con la domanda concentratasi principalmente su due categorie, i rosati e le bollicine, cui hanno risposto la Francia con i rosé della Provenza e l’Italia con il Prosecco
, che hanno poggiato il loro successo proprio sulla ristrutturazione dei vigneti e sulla promozione, ma i consumatori guardano con interesse crescente anche a vini di qualità, di territorio e prodotti nel rispetto dell’ambiente. A livello normativo, l’introduzione, nel 2016, del sistema di autorizzazioni ai nuovi impianti, che limita i nuovi filari nella misura dell’1% del totale vitato: gli effetti a lungo termine andranno analizzati più avanti, ma per ora ha portato soprattutto maggiore rigidità nelle risposte che il produttore può dare ai cambiamenti del mercato ed una certa incertezza. Nel complesso, però, il risultato del combinato disposto dell’Ocm è decisamente positivo, e lo dimostra un dato: -5,9% di stock di vino nelle cantine europee tra il 2010 ed il 2016, segno che i livelli produttivi, così come l’offerta, sono quelli giusti, con i vini Do che continuano a crescere in termini di quote.
Parlando di mercato del vino, l’Europa è ancora il primo produttore, con il 56% della produzione mondiale, mentre Spagna, Italia e Francia restano i primi esportatori, in crescita costante ma non dappertutto, sui mercati secondari, infatti, a crescere sono soprattutto i Paesi extra Ue: un contesto in cui le misure per la promozione si sono rivelate fondamentali per la competitività del vino europeo. Se il peso specifico dei fondi Ocm è evidentemente positivo, l’efficienza della sua struttura potrebbe invece migliorare: il fardello burocratico è ancora enorme, ma la certezza dei fondi a cinque anni è positiva, anche se l’approccio tra Paese e Paese è diverso, perché c’è chi opta per lo stanziamento di budget pluriennali e chi, come l’Italia, annuali. La possibilità di trasferire fondi da una misura all’altra, invece, è stata la chiave per permettere flessibilità e ottimizzazione dei fondi.
Non c’è, tra gli obiettivi dichiarati delle misure Ocm, quello di rispondere alle esigenze ambientali ed ai cambiamenti climatici, ma negli anni la misura dedicata alla ristrutturazione e riconversione dei vigneti ha giocato comunque un ruolo significativo, nell’adattare il vigneto europeo ai cambiamenti climatici e nella difesa della biodiversità. Ancora più distanti sono le politiche sulla salute pubblica, che cozzano a volte in maniera importante con gli obiettivi dell’Ocm Vino: se da un lato l’obiettivo è quello di limitare l’uso e l’abuso di alcolici, dall’altro c’è la necessità di sostenere un settore produttivo, che può esistere solo a patto che i consumi continuino a crescere, o quantomeno a rimanere stabili. Complementari all’Ocm, invece, sono i fondi Psr, che si integrano tra loro nell’aiutare il mondo del vino.
Il giudizio rispetto al valore aggiunto degli aiuti Ue al settore vino, nel complesso, è positivo, perché i diversi strumenti rispondono bene alle esigenze produttive e commerciali del comparto. Però, in ottica futura, l’Ocm dovrà porsi obiettivi diversi: dalla salvaguardia dell’ambiente alla tutela dei piccoli produttori, dalla formazione di forza lavoro qualificata all’implementazione di misure in grado di rispondere ai cambiamenti climatici. Allo stesso modo, la legislazione Ue, se da un lato, in assenza di standard condivisi in tutto il mondo, è vitale per garantire la qualità del prodotto vino, dall’altra deve interrogarsi sull’efficacia delle Do e delle Ig e sulle loro etichette, perché è vero che creano valore aggiunto e vantaggi competitivi, ma i consumatori ne sanno ancora troppo poco. Infine, dall’analisi della Commissione Europa, emerge un’altra necessità, quella di un monitoraggio migliore, da parte degli Stati membri, dell’utilizzo dei fondi, specie per quanto riguarda l’efficacia delle singole misure, così da strutturare al meglio la prossima campagna.

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