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L’enoturismo del futuro: territori al centro e vino in secondo piano, ma con gli “occhi” dell’Ai

Le indicazioni del “Fine - #WineTourism Marketplace Italy”, primo Salone italiano interamente dedicato al “fenomeno”, a Riva del Garda

“Per far decollare l’enoturismo non bisogna parlare di vino, ma di “destinazioni”. Così come mando cartoline agli amici per dire “guarda dove sono”, se mando una bottiglia o se ne compro una racconterò da dove viene all’amico che la riceve e a quello che viene a cena. Possiamo spedire quel vino a New York, a Parigi, oppure ovunque vogliamo e parlerà comunque della regione. Non si possono inviare gli alberi, non le montagne, ma si può inviare una bottiglia di vino che diventa in definitiva l’ambasciatrice dell’intera regione: il vino è la cartolina per eccellenza”. Questo stralcio di uno degli interventi di Paul Wagner, professore del McPherson Distinguished Teacher Napa Valley College, a “Fine - #WineTourism Marketplace Italy”, il primo Salone italiano interamente dedicato all’enoturismo, organizzato da Riva del Garda Fierecongressi in collaborazione con Feria de Valladolid, con oltre 70 realtà, tra cantine e destinazioni, da Italia e Spagna, che si chiude oggi, mette in chiaro come sia finita l’era in cui il protagonista dell’enoturismo era il vino, raccontato nelle degustazioni e negli aspetti più tecnici, dai suoli agli affinamenti in legno, che rimangono soltanto pane per i denti di un numero tutto sommato esiguo di appassionati. E lo confermano anche le testimonianze dei produttori presenti all’evento di Riva del Garda, molto soddisfatti per gli incontri e per la formula, ma anche un poco sorpresi dalla mancanza di conoscenza, e anche di interesse, per il vino degli operatori turistici, alla ricerca di ampliare e diversificare la loro offerta. Il vino deve, quindi, abbandonare la centralità della proposta e lasciare spazio ad altre esperienze che - per consolidare il rapporto con l’enoturista - devono essere dense di empatia e di autenticità. Ed è in questo che il vino riprende il suo ruolo principe di catalizzatore della socializzazione.
Il modello “destinazione al centro”, non a caso ha attecchito, e ha avuto il suo più grande successo in regioni in cui il vino non ha radici millenarie come in Europa, e l’esempio per eccellenza è la California dove Paul Wagner opera. Difficile abbandonare la centralità del vino nel racconto, quando si ha alle spalle storia, generazioni o anche “solo” tradizione, ma questa è la strada per coinvolgere anche coloro a cui del vino importa poco. E se questa è un’indicazione importante emersa da “Fine #WineTourism Marketplace Italy”, l’imperativo è invece riuscire a essere “visibili” agli “occhi” dell’Intelligenza Artificiale per non correre il rischio di rimanete tagliati “fuori dallo show”, per dirlo con un’espressione di Roberta Garibaldi. Dal “Rapporto sui modelli di gestione, sulle scelte di investimento e sulla governance” presentato dalla professoressa dell’Università di Bergamo e presidente Aite-Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, e da Salvio Capasso di Srm Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo, realizzato per il Salone, emerge che il turismo del vino italiano è uscito dalla sua fase embrionale per affermarsi come un settore maturo e strutturale per l’economia agricola e turistica nazionale. Lo studio si basa su un campione selezionato di 200 imprese vitivinicole attive nell’accoglienza che rappresentano le realtà più dinamiche in ambito enoturistico e quindi di queste è la fotografia.
L’analisi su questo campione specifico dimostra un cambio di paradigma dell’enoturismo dalla vendita diretta in azienda a vero e proprio motore di occupazione e profitto. L’elemento che lo rende più evidente si ravvisa nel passaggio dalla degustazione gratuita, all’esperienza di valore. “L’evoluzione è netta rispetto al panorama di dieci anni fa - ha spiegato Roberta Garibaldi - quando molte cantine si limitavano a offrire degustazioni gratuite, percepite unicamente come un modo per vendere il vino. Oggi, l’esperienza offerta ha un valore economico riconosciuto”. Per visite, degustazioni e corsi, il prezzo medio applicato è compreso tra 36 e 50 euro nel 51% dei casi, superando i 50 euro nel 23%. Inoltre, le cantine italiane valorizzano efficacemente il paesaggio vitivinicolo, proponendo visite in vigneto come asset esperienziale nel 90% dei casi, un dato molto superiore al 61% registrato a livello globale. La diversificazione dei servizi è avanzata: il 36% offre ristorazione e il 30% anche la possibilità di alloggio. Dati superiori rispetto alla media europea (ristorazione 19%, alloggio 22%) e oltreoceano (ristorazione 34%, alloggio 22%). “Si tratta di una tendenza che si allinea con il crescente interesse per le strutture di lusso in ambito rurale - ha sottolineato Garibaldi - tanto che nella guida “Chiavi Michelin” 2025, dedicata all’ospitalità (che assegna le “chiavi”, equivalenti delle stelle nella guida dei ristoranti, come abbiamo raccontato su WineNews), molte delle migliori strutture ricettive sono di proprietà di cantine”. L’impatto economico è notevole: per il 18% delle imprese, l’attività di incoming genera oltre il 60% del profitto aziendale. Anche il dato sulla profittabilità è incoraggiante: a livello internazionale, il 7% dei servizi è in perdita (in Italia questo dato è dello 0%), mentre il 28% è in pareggio.
Nonostante la gestione dell’attività enoturistica sia ancora diretta dalla proprietà nel 63% dei casi (e questa percentuale sale al 66% nelle aziende con fatturato inferiore a 5 milioni di euro), solo il 12% delle cantine ha istituito una business unit dedicata e scorporata. Nelle aziende di maggiori dimensioni (fatturato superiore a 5 milioni di euro), la gestione diretta scende al 50%. La crescita ha un impatto diretto sull’occupazione: la metà delle cantine intervistate dedica dai 5 ai 9 addetti all’accoglienza, e nel 17% dei casi, si supera la soglia dei dieci addetti. Questi addetti includono non solo i dipendenti a tempo pieno, ma anche stagionali e liberi professionisti che collaborano in modo continuativo. I dati territoriali mostrano una forte concentrazione di personale dedicato nel Centro Italia e nel Mezzogiorno (77% delle aziende con più di cinque addetti), contro il 59% del Nord-Ovest e il 63% del Nord-Est.
La sfida da raccogliere, e anche con una certa urgenza, per non trovarsi irrimediabilmente indietro, è quella digitale. Nonostante l’attenzione ai canali social di promozione più diffusi come Facebook (90%) e Instagram (88%), il settore manifesta un ritardo nell’intercettare le nuove generazioni. La presenza su piattaforme cruciali come YouTube (17%) e TikTok (8%), è ancora troppo bassa. Per intercettare la Generazione Z, è necessario innovare il modo di comunicare. Non a caso la campagna pubblicitaria dei Vins de Bordeaux punta a una comunicazione fresca e inclusiva in cui il finale evidenzia la differenziazione del prodotto con l’offerta di diverse tipologie di vini per soddisfare tutti i gusti. Tuttavia, la criticità maggiore è legata alla digitalizzazione avanzata. Meno dell’1% delle aziende utilizza chatbot basati sull’intelligenza artificiale (Ai). L’investimento in Ai è irrisorio: solo l’1,2% dei fondi totali allocati nell’ultimo triennio è stato destinato a soluzioni basate sull’Ai, e il 2,9% ai sistemi Crm per la gestione dell’offerta. L’uso dei canali di vendita diretti (telefono ed e-mail: 95%) è prevalente, mentre solo un quarto (25%) si affida alle piattaforme di esperienze online. L’altro tasto dolente è il basso tasso di visitatori stranieri a cui contribuiscono il ritardo digitale e la mancanza di una promozione internazionale sistemica. Solo il 31,5% dei turisti in cantina è straniero, con uno stacco di 12 punti percentuali rispetto alla media europea (43%). Questo gap è preoccupante, dato il forte brand vinicolo italiano: le aziende non possono non tener conto dell’importanza dell’Intelligenza Artificiale che si sostanzia non solo nella visibilità in rete, ma anche nella coerenza della presenza. Elemento quest’ultimo che rappresenta la vera novità. “L’Ai sta cambiando la customer journey del turista - ha approfondito Garibaldi, che già aveva anticipato questa urgenza in un’intervista a WineNews. Se una cantina non ha una presenza digitale diffusa, coerente e autorevole con informazioni, come orari e caratteristiche dell’esperienza univoche su tutti i sistemi, e con molte review curate, rischia di non essere selezionata dall’AI quando questa costruisce percorsi di visita per i turisti. Il rischio è di essere “fuori dallo show”. Quindi, per essere mostrati dall’Intelligenza Artificiale come esperienza da visitare, è necessario presidiare in modo molto più importante tutti i canali digitali. Tuttavia, l’Ai offre anche soluzioni per superare le barriere linguistiche: esistono già strumenti, e sempre più ne esisteranno, capaci di tradurre in tempo reale con precisione anche nel movimento delle labbra e quindi di sopperire alla mancanza di personale multilingue in azienda”. Le azioni di promozione dell’enoturismo italiano a livello internazionale sono state limitate, e questo pesa nei risultati. Vi sono limiti anche nella governance: le cantine francesi collaborano in misura massiccia con attori istituzionali (78%) e specializzati (72%), mentre in Italia si ferma al 25%, evidenziando una minore integrazione sistemica. Il settore ha anche una potenzialità inespressa nella destagionalizzazione e nell’attrazione dei residenti. Le presenze di locali e residenti si fermano al 7%. L’autunno registra un calo di 10 punti percentuali nelle presenze, al contrario della Francia che valorizza la vendemmia e il foliage. In Italia, solo il 23% delle cantine offre la vendemmia didattica.
Per quanto riguarda gli investimenti il settore, stando ai dati illustrati da Salvio Capasso, è proattivo. Nel triennio 2022-2024 il 77% delle imprese del vino ha stanziato fondi dedicati all’enoturismo, una percentuale superiore rispetto al settore alberghiero (64%). Le imprese più grandi (83%) mostrano una maggiore propensione ad investire, ma le più piccole evidenziano una maggiore intensità dell’investimento (stimata al 15% del fatturato). A livello territoriale, oltre l’80% delle imprese del Nord ha investito, mentre nel Centro Sud la percentuale si ferma a poco meno del 70%. Gli investimenti totali aziendali sono divisi tra la produzione vitivinicola (66,5%) e le attività enoturistiche (33,5%). All’interno degli investimenti per l’enoturismo, prevalgono gli investimenti tradizionali (71%), mentre le aree digitali (22,4%) e di accessibilità/inclusività (6%) necessitano di maggiore attenzione. Per il triennio 2025-2027, il 53% delle aziende dichiara di voler effettuare nuovi investimenti. I fattori considerati prioritari non sono tanto gli incentivi fiscali, ma il miglioramento delle performance aziendali e la crescita dell’interesse dei viaggiatori. Le principali voci di spesa futura saranno legate all’ampliamento e alla diversificazione delle attività. “I fattori di vision più importanti per i prossimi cinque anni - ha sottolineato Salvio Capasso - sono: la formazione del personale e le tematiche della sostenibilità (riduzione dei consumi idrici e autoproduzione di energia). L’inclusività e l’accessibilità (non solo fisica, ma anche per persone con disabilità) rappresentano un elemento di grande potenziale di crescita economica. Le imprese chiedono alla governance pubblica stabilità, visione e supporto concreto”.
Tra i fattori su cui la governance dovrebbe agire prioritariamente spiccano le politiche per la gestione dei servizi pubblici (ottenendo il punteggio medio più alto: 4,22 su 5); il riconoscimento normativo della figura di hospitality manager (4,19); il coordinamento della gestione del turismo enogastronomico (4,16). Al contrario, tematiche come l’infrastrutturazione tecnologica e digitale o gli incentivi fiscali per assumere hospitality manager sono percepite come meno prioritarie nell’azione pubblica, ma questo non esclude che siano importanti per le aziende stesse. A questo proposito, Salvio Capasso ha citato il modello della Spagna che, con il suo piano turistico 2030, ha istituito una checklist digitale e offre un consulente dedicato per aiutare le imprese nel passaggio verso la digitalizzazione e la sostenibilità.
L’enoturismo italiano sta entrando in una fase di crescita selettiva e qualitativa, basata sull’innovazione tecnologica, la sostenibilità e l’inclusione sociale. Il sistema attende ora un maggiore coordinamento per sprigionare tutto il suo potenziale internazionale e questa prima edizione di “Fine - #WineTourism Marketplace Italy” promette di diventare un ottimo acceleratore. Molta soddisfazione tra le aziende partecipanti, sia per gli incontri con operatori turistici, fitti e probabilmente proficui, sia per la formula. Alcuni si sono detti così entusiasti da pensare in futuro di continuare a partecipare a questa fiera cancellando dal loro calendario altre fiere, vetrine inutilmente esose per partecipare.

Clementina Palese

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