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Allegrini 2024

L’espresso

Nostra signora terra ... Unire produttori e consumatori. Difendere il biologico e la tradizione. Contro multinazionali e Ogm. Il padre di Slow Food trova un alleato: il ministro leghista... Colloquio con Carlo Petrini e Luca Zaia ...Metti una sera di settembre intorno a un tavolo due uomini che più diversi non si può. Ascoltali parlare per due ore di contadini e consumatori, Ogm e bioculture, local e global, prezzi, qualità, sicurezza,vino, latte. Osserva i sospetti reciproci che svaniscono mentre cresce lo stupore per le idee condivise. E ti convinci che qualcosa di serio sta veramente cambiando sui temi dell’alimentazione se Carlo Petrini, padre di Slow Food e grande difensore delle risorse della terra, e Luca Zaia, ministro leghista delle Politiche agricole, si trovano d’accordo su parecchie cose. A cominciare dall’apprezzamento per un Franciacorta che la strana coppia degusta seduta nel salottino di lacca e madreperla che fu di Cavour, in un angolo museale del ministero violato per l’occasione.

Il visionario che guarda al futuro del pianeta, celebrato qualche anno fa anche da “Time”, e l’amministratore locale di lungo corso (Zaia è stato presidente della Provincia di Treviso e assessore al Turismo della Regione Veneto) sanciscono l’inaspettata empatia dandosi subito del tu e cominciando a misurarsi su una metafora di sapore pasoliniano: la scomparsa delle api. Non resta che lasciarli il più possibile liberi di celebrare il loro incontro.

Petrini: “La morìa delle api rappresenta bene lo stato delle cose: senza l’impollinazione non c’è agricoltura e senza agricoltura non c’è vita. Anche se manca la certezza scientifica, sembra che lo sterminio sia causato da alcuni tipi di concianti (sostanze usate come insetticidi, ndr). Francia, Germania e Slovenia per precauzione li hanno sospesi, io ho fatto appello ai contadini di non usarli. Il ministro italiano che fa?”.

Zaia: “Farà quanto prima un blocco prudenziale, lo dico ufficialmente. Io stesso sono un apicoltore e l’anno scorso ho prodotto 90 chili di miele. Avevo tre arnie piene di api: tutte morte, finite, sparite non si sa dove. La tristezza di questa patologia è che gli insetti perdono l’orientamento e non ritrovano l’alveare. Ma il salto culturale lo deve fare anche l’agricoltore che non sempre ha il “sentiment” dell’importanza delle api”.

Petrini: “Il salto culturale va fatto da tutti. La chimica, usata indiscriminatamente per 150 anni ha reso meno fertili i terreni. Con il nostro 18 per cento di colture siamo il primo paese biologico d’Europa, ma dobbiamo incrementare questo processo virtuoso che serve anche a rigenerare il suolo impoverito”.

Zaia: “D’altra parte i flussi agricoli rispecchiano i modelli di vita. È stato il consumismo a far sì che i campi fossero invasi dalla chimica. Sembrava un progresso e invece oggi non ci sono più le rotazioni delle colture ed è sparita la sostanza organica, il letame”.

Insomma entrambi rimpiangete il mondo rurale, i contadini di una volta.

Zaia: “Beh, Petrini è un po’ troppo schierato sull’amarcord”.

Petrini: “Macché amarcord! Io rimpiango la sapienzialità di un mondo pieno di empiria e di buon senso, cancellato da anni di politiche scellerate e di sussidi. E poi chi lo dice che le pratiche antiche non siano produttive? Nelle università americane di Berkeley e di Davis c’è una nuova materia, l’agroecologia, che gratta gratta recupera proprio la sapienza contadina”.

Zaia: “Dobbiamo però intenderci sul concetto di contadino distinguendo tra quelli che subiscono le scelte fatte da altri, come la Pac (politica agricola comune europea), e quelli che tengono la partita Iva con orgoglio consapevole. Io mi rivolgo a questo secondo tipo di contadino e penso che non si debba offendere se lo chiamo così”.

Petrini: “Ci mancherebbe! Non c’è niente di più moderno di questa parola. Il contado era l’entità che nutriva la città. Oggi abbiamo bisogno di ricostruire proprio quel rapporto tra produttori e...”.

Zaia: “...consumatori”.

Petrini: “No, io li chiamo “coproduttori”, perché il cittadino deve aver coscienza che le sue scelte alimentari incidono sulla sua salute, sulla sua vita e su tutto l’ambiente. Se resta un “consumatore” in antagonismo al produttore l’agricoltura non uscirà dai guai in cui si trova”.

Zaia: “Già, nessuno farebbe guerra al medico che lo cura, però fa la guerra a chi gli dà la sicurezza alimentare. Oggi l’unico rapporto con l’agricoltura passa per gli scaffali della grande distribuzione, con cinque gruppi che concentrano l’80 per cento delle vendite. Io non sono qui per far guerra a chi si occupa di approvvigionamento, però non sono qui neanche per celebrare il funerale dell’agricoltura. I contadini mi dicono: “Non ce la facciamo più, non sappiamo se il grano varrà poco o tanto, se ci acquisteranno o no la carne”. L’unica scelta è un’alleanza con i consumatori, li abbiamo trascurati per troppo tempo”.

Petrini: “È un momento schizofrenico: mai è stato così poco produttivo lavorare la terra e mai l’opinione pubblica è stata tanto angosciata dall’aumento dei prezzi alimentari”.

Quindi il problema sta in mezzo. Come si riduce la distanza tra produzione e consumo?

Petrini: “Con l’educazione, Slow Food Italia quest’anno ha aperto 120 orti scolastici e ha promosso migliaia di corsi per riagganciare il cordone ombelicale che univa gli italiani alla terra”.

Zaia: “Credo anch’io che bisogna far prender coscienza che ci sono altri valori oltre al guadagno: identità, territorio, salute. È bene che si sappia che paesi dove si usa ancora il ddt, da noi vietato 50 anni fa, esportano frutta lucidissima che viene comprata più volentieri della mela bruttina dell’orto. Rilanciamo la stagionalità e la vera qualità”.

Petrini ha speso una vita per queste battaglie, ma la politica non può limitarsi a campagne di persuasione. Che cosa intende fare di concreto il ministero?

Zaia: “Per fare un primo esempio, i mercati degli agricoltori con la vendita diretta dei prodotti (i famosi Farmer’s market). Potremmo anche chiedere ai supermercati di ospitare contenitori di latte alla spina. Sarebbe un grande segnale nel momento in cui le 42 mila stalle italiane hanno bisogno anche di un centesimo in più al litro”.

Petrini: “Latte alla spina in tutta Italia, ecco lo slogan! È ora che il bicchiere di latte entri nelle università, negli ospedali, ovunque. Meglio ancora se le strutture pubbliche si rifornissero di prodotti locali e biologici. Si crede che siano più cari, ma è il contrario. Nell’ospedale di Asti si è avuto il 40 per cento di sprechi in meno. Eccola la grande scommessa: riuscire a rilocalizzare l’agricoltura, dando ai giovani convenienza economica e gratificazione esistenziale. È già avvenuto con il vino, può accadere con tutti i prodotti”.

Zaia: “Sono d’accordo, ma non dimentichiamoci che c’è un’Europa che non ha mai appoggiato la vocazione agricola italiana. Se vuoi fare un formaggio hai l’obbligo di tirar su un metro e 80 di piastrelle, neanche fosse una sala operatoria. Se vuoi scrivere su un’etichetta “solo olio italiano”, non puoi. La verità è che ci odiano perché siamo competitor temibili. Basterebbe che l’Europa ci desse un anno sabbatico e rimetteremmo in sesto la nostra agricoltura”.

Ma i vincoli non sono anche una garanzia di sicurezza? Local è buono, ma è altrettanto sicuro?

Petrini: “Lo è di più. Perché so chi mi ha venduto il formaggio e lo tengo d’occhio. Un formaggio fatto a migliaia di chilometri di distanza che sicurezza mi dà?”.

Zaia: “Se in Italia abbiamo degli scandali, come per le mozzarelle di bufala o il Brunello, è proprio perché i controlli funzionano. Lo dico sempre agli americani. Mi insospettiscono i paesi che non hanno mai problemi. Noi siamo passati indenni attraverso la mucca pazza, gli inglesi hanno lasciato sul campo un esercito di vacche”.

Non avete ancora parlato degli Ogm. Mentre Fao e Vaticano sono possibilisti sulla loro introduzione nei campi, la posizione di Petrini è scontata, quella di Zaia ondivaga.

Zaia: “Colpa dei giornalisti che tirano dalla loro parte. La mia posizione e quella del mio partito è netta: siamo contrari. Non è difficile capire che accettare il transgenico significa compromettere l’identità di un territorio. Siamo però disponibili alla sperimentazione perché vogliamo la dignità di verificare per conto nostro le cose. Ma ormai l’interesse va scemando un po’ dappertutto”.

Petrini: “Musica per le mie orecchie...”.

Zaia: “Gli Ogm hanno avuto successo perché venivano associati alla soluzione della fame nel mondo. Ma poi abbiamo visto che le produzioni intensive di molti paesi, compresi gli Usa, non hanno risolto nulla. Petrini è stato considerato un affamatore, ma aveva ragione lui”.

Petrini: “Suonare una musica scritta da altri non va bene. Se è vero che una parte del Vaticano apre agli Ogm, tutta la Chiesa di base dei paesi poveri è contraria. Chi dobbiamo ascoltare? Quelli che parlano con la pancia piena o quelli che condividono la fame e sostengono che è la biodiversità a garantire maggior produzione? Vorrei anche dire che mi dispiace che un grande scienziato come Umberto Veronesi confonda le sacrosante biotecnologie applicate alla medicina con quelle agricole”.

Zaia: “La faccenda è comunque superata perché il 75 per cento della popolazione è contraria. Sarà la paura del Frankenstein, ma giustamente la gente si chiede: “Se un rischio c’è, perché lo devo correre? Per arricchire una multinazionale?””.

Prima di lasciarvi vorrei trovare almeno un punto di disaccordo. Posso tentare con la questione identitaria...

Zaia: “Allora chiudo con un pensiero dell’imperatore Adriano: “Il vero luogo natio è quello in cui l’uomo pone lo sguardo per la prima volta su se stesso”. Vorrei applicarlo al consumatore che ancora non ha posto lo sguardo su di sé, sulla sua memoria gustativa, sul contesto in cui vive. Quando lo farà, avremo vinto la scommessa dell’agricoltura italiana”.

Petrini: “Sono d’accordo anche su questo, ma ecco il problema per noi di sinistra. Questi ci copiano”.

Zaia: “Si diceva così anche dei cinesi. E avete visto...”

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