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IWSR

L’inflazione taglia la spesa destinata agli alcolici. Ma il sentiment dei consumatori torna positivo

La moderazione come risposta sia alla minore capacità di spesa che alla premiumizzazione. Il fuori casa riparte anche in Asia
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I giovani e il vino (Ph: Torino Wine Week)

L’inflazione ed il costo della vita sempre più alto spingono i consumatori ad essere selettivi come non mai nelle loro scelte. A pagarne le conseguenze, come accade spesso in un periodo di crisi, sono gli alcolici, tra le prime voci di spesa tagliate dalle famiglie, il cui indice di fiducia ha toccato i minimi degli ultimi anni alla fine del 2022. Il sentiment generale, oggi, torna a migliorare, come racconta l’ultimo monitoraggio del barometro Iwsr sulla sensibilità dei consumatori ai prezzi, ma la quota di spesa in alcolici continua comunque a diminuire. “Per attenuare l’impatto della crisi del costo della vita, i consumatori stanno diventando più selettivi su come e quando spendere in alcolici. Dopo la pandemia, si preferisce ancora bere a casa, ma c’è una forte motivazione ad uscire, solo con meno frequenza e più consapevolezza sia nel consumo che nella spesa destinata agli alcolici”, commenta Richard Halstead, Coo Consumer Insights Iwsr Drinks Market Analysis.

La riduzione della spesa destinata gli alcolici, quindi, è legata direttamente all’aumento della spesa in beni di prima necessità come carne, pesce, pollame e prodotti per la pulizia. Questa tendenza è più pronunciata nel Regno Unito, dove l’inflazione è aumentata a tassi a due cifre, ma è evidente anche in Germania e in Australia, oltre che in Francia e in Canada, dove ci sono anche la spinta alla moderazione dei consumi e la pressione fiscale: in tutti questi Paesi decidere di non acquistare alcolici è la seconda strategia più popolare per risparmiare. Continua, in molti dei mercati analizzati da Iwsr, il trend della premiumizzazione dei consumi, ma ad un ritmo più moderato rispetto al passato, ed è più forte, in alcune categorie, nei mercati in cui prevale un sentiment generale più positivo: è il caso dello Champagne in Cina, o della Tequila in Messico e Stati Uniti.

Cresce, nella maggior parte delle categorie, il limite di prezzo considerato accettabile, segno di come il mercato si stia adeguando alla crescita dei listini, ma la forbice si allarga anche verso il basso, per alcune tipologie di alcolici. I massimali di prezzo sono aumentati per la maggior parte dei whisky, così come per gin, vodka, cocktail premiscelati, vino fermo e spumante. Il prezzo minimo è invece addirittura inferiore rispetto ad ottobre 2022 per birra, Champagne, lo stesso vino fermo, vodka e whisky irlandese. Con le scelte dei consumatori che si fanno sempre più attente, il momento è comunque generalmente positivo per il whisky, ma non in Australia, a causa delle avverse condizioni economiche e fiscali. Il miglior interprete della categoria degli spirits sono invece tequila e mezcal. Il Cognac mantiene lo slancio a livello globale, con una notevole crescita del tasso di consumo in Cina, molto probabilmente collegata alla riapertura dell’on-trade dopo la fine delle restrizioni del Covid-19. Anche amari ed aperitivi stanno andando bene a livello globale, guidati da Nord America e Cina.

Persiste un sentimento positivo nei confronti della moderazione, sia come strategia per risparmiare che come strada verso la premiumizzazione, con molti consumatori che scelgono di bere meno spesso mantenendo alta la qualità, piuttosto che dover fare un down-trade. La domanda on-premise sta ampiamente reggendo in Europa e nelle Americhe, e l’allentamento delle restrizioni Covid-19 sta facendo ripartire il canale anche in Cina, Giappone e Taiwan, e in generale il merito è principalmente di Millennial e Gen Z. Anche rimanere a casa e godersi l’occasione di bere una bottiglia tra le mura domestiche rimane un’opzione decisamente popolare nella maggior parte dei mercati. Fa eccezione la Cina, dove, con l’allentamento delle restrizioni, è comprensibilmente esplosa la voglia di uscire di casa.

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