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LONTANO DAI FASTI DEL 2011, IL MONDO DELLE ASTE ENOICHE CHIUDE UN ALTRO ANNO IN NEGATIVO. INCASSI GIÙ DEL 13%, A QUOTA 340 MILIONI DI DOLLARI, E MENTRE EUROPA ED USA RESISTONO, HONG KONG CROLLA, E LASCIA SUL TERRENO IL 26%

Chissà se il mondo delle aste enoiche tornerà mai ai fasti del 2011, quando le vendite all’incanto di fine wine crearono un giro d’affari di 478 milioni di dollari, record che aveva molto a che vedere con il boom dei collezionisti asiatici? Tant’è che nel 2013 continuano le difficoltà, sulla falsa riga di quanto successo nel 2012, come raccontano i bilanci di fine anno delle maggiori vendite all’incanto andate in scena durante l’anno, raccolti da “Wine Spectator”. Si scopre così che il giro d’affari scende del 13%, passando dai 389 milioni di dollari del 2012 ai 340 milioni di dollari del 2013. Gli Stati Uniti limitano i danni, nonostante le difficoltà di New York (-14%) chiudendo con il -7%, a quota 125 milioni di dollari, mentre, dall’altra parte del mondo, Hong Kong, più che rallentare sembra aver innestato la retromarcia, e lascia sul terreno il 26%, passando da 155 a 115 milioni di dollari. Meglio di tutti, alla fine fa la vecchia Europa, che perde qualcosa, il 2%, ma dà segni importanti di rinascita, specie, com’è facile immaginare, a Londra. Tra le case d’asta, sul podio ci sono Christie’s, con 70,4 milioni di dollari di ricavi, Acker Merrall & Condit a quota 63,8 milioni di dollari e Sotheby’s a 57,8 milioni di dollari.
Motivi per essere ottimisti, comunque, ce ne sono, a partire dalle parole del presidente di Sotheby’s Wine, Jamie Ritchie, che ricorda come “sul mercato, nel 2013, c’è stata una certa carenza di fine wine, ma i prezzi medi per lotto hanno retto bene, sia negli Usa che ad Hong Kong, passando, rispettivamente, dai 2.792 dollari del 2012 ai 2.689 dollari del 2013 e dai 6.380 dollari del 2012 ai 6.301 del 2013, con una percentuale dei lotti aggiudicati decisamente buona, al 95% negli Usa ed al 94% ad Hong Kong”. Al di là delle previsioni, in Usa non è una delle tra grandi case d’aste a fare i fatturati migliori, ma la Hart Davis Hart, a quota 36,07 milioni di dollari, mentre ad Hong Kong comanda Acker Merrall & Condit, con 35,54 milioni di dollari. Tra le tendenze registrate da Jamie Ritchie, “la paura per la contraffazione, di cui il caso Kurniawan è un esempio calzante.
Ma anche il ritorno dei collezionisti americani, i cui investimenti sono cresciuti del 20%, a fronte di un appiattimento assoluto dalla lontana Cina. Poi, c’è da sottolineare che le grandi bottiglie dei terrori più importanti e delle annate più ricercate non risentono di alcun tipo di flessione, anche se i collezionisti sono sempre più preparati, ed allora a fronte di prezzi eccessivi delle ultime annate preferiscono rivolgersi proprio al mercato delle aste alla ricerca di qualche occasione”.
Anche di annate lontane, o di territori emergenti, come la California e l’Italia, a partire da Bruno Giacosa. In alcuni casi, però, gli aumenti eccessivi degli ultimi anni, hanno portato ad un vero e proprio crollo delle quotazioni, come lo Château d’Yquem 2007, -45% a 163 dollari a bottiglia da Sotheby’s, o l’Ornellaia 2005, giù addirittura del 65% a 133 dollari a bottiglia da Zachys.

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