Piano piano, si dirada la nebbia su quella terra di mezzo, tutta da esplorare, che è la contraffazione, vera minaccia del terzo millennio per tutto il mercato enoico del Vecchio Continente, che si parli di grandi bottiglie come di grandi territori. L’indignazione popolare, negli ultimi mesi, si è concentrata molto sui casi più eclatanti, almeno da un punto di vista mediatico, come quello del falsario indonesiano Rudy Kurniawan, o quello, ancora tutto da chiarire, che ha coinvolto l’inglese Antique Wine Company. Dietro, però, c’è un’economia parallela che vale decine di milioni di euro, fatta di meccanismi tutti da svelare e, possibilmente, prevenire. Agendo su due binari: la prevenzione e la repressione.
Due binari, appunto, su cui corrono i rapporti tra Francia e Cina, i due Paesi che, sia simbolicamente che effettivamente, incarnano gli effetti negativi della contraffazione. Tanto che il 22 aprile, dall’incontro tra le delegazioni dei Governi di Pechino e Parigi, è nato un accordo per combattere, insieme, la contraffazione, diventato realtà già oggi, a poco più di due settimane di distanza, realtà: “Protected Eco Origin of Products”, si chiama così il certificato d’origine che accompagnerà wine & spirits made in France in Cina, dove il problema spesso e volentieri nasce, e dove il Governo vorrebbe che finisse. Anche perché, stando così le cose, i rapporti commerciali tra i due Paesi, e non solo, rischiano di soffrirne: è bene ricordare, infatti, che la Cina è il mercato d’elezione per i vini di Bordeaux, che a Pechino spedisce il 20% della sua produzione totale.
Milioni di bottiglie, che diventano molte di più, anche attraverso meccanismi a dir poco complessi. Come quello raccontato da Xinshi Li, a capo della Chinese Academy of Inspection and Quarantine, dalla cui iniziativa è nato il progetto “Protected Eco Origin of Products”: se la metà di tutto lo Chateau Lafite venduto nel Dragone è falso, è perché a largo delle coste cinesi, in acque internazionali, dove la legge non può arrivare, esistono vere e proprie catene di montaggio su nave, capaci di sfornare chissà quante migliaia di bottiglie pregiate false, partendo da vini a basso costo. Sono loro il primo obiettivo, non semplice, del Governo di Pechino, sempre più convinto ed agguerrito nella lotta alla contraffazione agroalimentare.
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