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ANALISI

Low e no alcol, per il vino ancora un mercato irto di ostacoli, ma gli sparkling ...

Wine Intelligence: gli “under 35” di tutto il mondo scelgono la moderazione, ma al vino senza alcol manca (per ora) l’elemento “ricompensa”
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Low e No alcol, possibilità per gli sparkling

L’interesse dei consumatori di tutto il mondo per bevande a basso contenuto di alcol è cresciuto enormemente negli ultimi dieci anni, aprendo possibilità - ancora tutte da sondare - anche per il mondo del vino. È l’assunto da cui parte la società di ricerca britannica Wine Intelligence nella sua analisi sulle opportunità di mercato che i vini “low” e “no alcolpotranno sfruttare in futuro, sulla scia di quanto fatto, ad esempio, dalla birra analcolica. Ma perché finora il vino analcolico o a bassa gradazione alcolica ha riscosso così poco successo? Il motivo, stando ai dati raccolti negli ultimi cinque anni da Wine Intelligence, è semplice: se in teoria molti consumatori vedrebbero di buon occhio prodotti del genere, nella pratica i tentativi portati sul mercato non si sono rivelati sufficienti da un punto di vista gustativo. Così, la scelta è rimasta tra altre bevande o vino, ma in quantità minori.

Questa mancanza di entusiasmo per la categoria dei vini “low” e “no alcol” ha generato poi un circolo vizioso in cui i retailer non hanno alcun interesse nello stoccare un prodotto con così scarso appeal, ed il consumatore, di conseguenza, ha una scelta limitatissima. Un vicolo cieco, almeno in apparenza, da cui esce comunque un vincitore: gli sparkling a bassa gradazione (come il Moscato d’Asti), premiati dal consumatore perché percepiti come “puri”, non avendo bisogno di alcuna manipolazione per mantenere bassi livelli di alcol. Eppure, i mercati del vino più maturi si muovono velocemente, da tempo, verso uno stile di vita più sano, tanto che la moderazione è ormai la parola d’ordine tra il 36% dei consumatori di vino in Giappone e tra il 58% dei wine lover in Svizzera, ma anche in Olanda oltre la metà dei bevitori ha deciso di dare un taglio ai consumi di vino, così come in Irlanda. “Il desiderio di bere con maggiore moderazione è particolarmente marcato, in tutti i Paesi, tra gli under 35, mentre gli over 55 hanno maggiori difficoltà a cambiare le proprie abitudini”, spiega Lulie Halstead, Ceo di Wine Intelligence.

È in atto una vera e propria rivoluzione, sottolineata anche dai dati dell’Iwsr, secondo cui la crescita dei consumi di alcol sarà più lenta, nei prossimi anni, di quella dei consumi di bevande alcoliche, tornando ai livelli pre-Covid solo nel 2025. In sostanza, si consumeranno bevande con minor contenuto di alcol rispetto al passato, un trend destinato a coinvolgere ogni tipologia di prodotto. E i motivi sono ben chiari, facendo una somma di quanto emerso nei diversi Paesi e tra i diversi gruppi di età: il benessere e lo stare bene, che vuol dire minori calorie, sentirsi meglio il giorno dopo, evitare lo stress o persino l’imbarazzo sociale del bere troppo, e quindi di perdere il controllo, ma anche evitare di farsi sospendere la patente di guida.

Eppure, il vino non sembra ancora in grado di cavalcare questa tendenza. Da un lato, è una categoria su cui i produttori non sembrano puntare, al contrario di come hanno fatto con i vini bio, organici o sostenibili, dall’altro gli stessi consumatori non mostrano grosso interesse per i vini “low” e “no” alcol. Secondo Wine Intelligence, da nove mercati chiave analizzati, emergono ostacoli oggettivi al potenziale successo dei vini senza alcol e a bassa gradazione alcolica. I dubbi dei consumatori, infatti, riguardano il gusto, la mancanza degli effetti che dà l’alcol, e la scarsa disponibilità, cui si lega la scarsa conoscenza di questo tipo di prodotti. “L’ostacolo più grande - commenta Lulie Halstead - è proprio la mancanza di alcol sufficiente a sentirne gli effetti. Inoltre, i consumatori europei generalmente non li considerano neanche veri e propri vini”.

La chiave per capire il posizionamento dei vini a bassa gradazione e senza alcol, sta allora nei motivi stessi per cui la gente sceglie di bere vino. “Quando si decide di bere una certa cosa si uniscono bisogni emozionali con necessità funzionali o fisiche”, dice la Ceo di Wine Intelligence. “Bisogni emotivi e fisici che vanno calati in un contesto più ampio, ossia l’occasione di consumo, in cui i desideri personali sono bilanciati dalle aspettative sociali. La scelta migliore è quella che si può dimostrare “migliore per te” senza perdere l’elemento ricompensa”. Il vino, in questa logica, è ancora la bevanda scelta per le connessioni che crea, per l’esperienza gustativa, per la celebrazione e per la distinzione, e la seconda scelta, dopo la birra, come auto-ricompensa e scoperta. Tra gli under 35, inoltre, il vino assume ancora altri significati, con l’enfasi che cade tutta sulle motivazioni legate al lifestyle: il vino è alla moda, fa sentire unici e rende le persone sofisticate.

Tutte motivazioni che, tra i giovani, potrebbero tradursi in potenziali opportunità per gli spumanti a basso contenuto di alcol: in Usa, ad esempio, il 30% dei bevitori abituali di vino sceglierebbe sicuramente una bottiglia di Champagne con meno di 10 gradi. A sostegno delle possibilità che si potrebbero aprire per gli sparkling a bassa gradazione ci sono poi i dati della Gran Bretagna, dove tra il 2011 e il 2016 i consumi di bollicine sono cresciuti in media del 14% annuo, ma sono destinati a calare (dell’1% annuo) tra il 2020 e il 2025, in virtù di un certo disamore, per la categoria, da parte dei consumatori più maturi. Categoria che, invece, i giovani non hanno alcuna intenzione di abbandonare, proprio quei giovani che, per il 56% (contro una media del 38%), hanno nella moderazione uno dei principi guida ai propri consumi. Senza contare che tra gli under 35, senza particolari distinzioni tra uomini e donne, il 56% dei wine lover si sente molto competente riguardo al mondo degli spumanti.

Le maggiori opportunità per i vini analcolici e a basso contenuto alcolico - conclude Lulie Halstead - risiedono nei brand che si riveleranno in grado sia di attingere tra le motivazioni legate allo stile di vita, sia che saranno in grado di educare i consumatori rispetto ad una nuova categoria e ad una nuova offerta. Se quel brand riesce a sostenere un posizionamento di “ricompensa” e allo stesso tempo offrire un vantaggio tangibile - ad esempio meno alcol o meno calorie - allora potrebbe davvero spalancare le porte ad un nuovo mercato”.

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