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LUIGI VERONELLI A “WINENEWS”: “AL LEONCAVALLO E’ RINATA IN ME, 78 ANNI QUASI, LA SPERANZA: QUEI RAGAZZI HANNO DISCUSSO DI “PREZZO SORGENTE” E “DENOMINAZIONI COMUNALI” …

Italia
Luigi Veronelli

Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo un intervento del maestro della critica enogastronomica italiana, Luigi Veronelli:

Al termine della Seconda Guerra Mondiale ci siamo illusi - per i valori della Resistenza, che non era solo italiana, bensì con diversi pesi, spessori e tragedie (basti pensare agli orrori dello shoa) - che l’umanità si avviasse ad un periodo, definitivo, di pace e di serenità.
Non vi è mai stato. In tanti paesi, soprattutto del “terzo mondo”, neanche la più piccola parentesi (accenno al terzo mondo, per l’evidenza dei fatti, pur che tu voglia fare, paese per paese, una breve ricerca). Sono continuate le violenze. E' stato portato avanti il tentativo di annullamento delle individualità. Con un gioco di parole è legittimo scrivere che oggi tutto il mondo è terzo mondo.

Il male più forte e decisivo è stato attuato dai cosiddetti paesi civili. Si è pensato ad un capitalismo che sapesse risolvere i problemi dell'uomo, senza tener conto delle volontà. Chi possiede capitale - per una inspiegabile inversione dello spirito - anziché decidere di custodirlo e farlo rendere con equità a sola protezione del proprio benessere e della famiglia è invaso da una sorta di droga. Viene aggiogato dal bisogno imperioso e irrinunciabile di aumentarlo, il capitale, e non importa se a svantaggio, anzi, a grave danno degli altri.

Negli ultimi 50 anni si è formato un ignobile coacervo di profitti e di lucri cui partecipano - in misura diversa per le proporzioni, ma identica negli interessi - le soppraffazioni dei potenti verso i deboli, le nuove colonizzazioni, le guerre minime e immani, la mala energia atomica, gli scandali internazionali … Qualche mese fa la Cirio, oggi, Parmalat. Come è possibile non disperarsi?

Ci sono stati tre giorni - 5,6, 7 dicembre, Leoncavallo in Milano, Fiera dei Particolari/Terra e Libertà-Critical Wine - che hanno fatto rinascere, in me, 78 anni quasi, la speranza. Quei ragazzi hanno discusso d’argomenti tanti di cui due: il prezzo sorgente e le Denominazioni Comunali, a parere di un presupponente qual sono, risolutivi. Sì, capaci di affrontare il vergognoso verminaio delle multinazionali, delle grandi industrie, del capitalismo quando non colpevole cieco, e di dargli fuoco.

Prezzo sorgente: un'informazione su ogni oggetto offerto, semplice e visibile. Espliciti ciò che tutti sanno, cioè che nell'attuale modalità di relazioni sociali i piccoli e medi produttori e i consumatori sono comunemente immiseriti da uno sfrenato sfogliarsi della ricchezza nelle mani della distribuzione. Renderebbe giustizia al lavoro dei produttori (quasi sempre artigiani), con l'immediata messa in evidenza dei ricatti che subiscono quotidianamente ed eviti anche le piccole furberie a cui sono costretti a ricorrere per sopravvivere (per esempio, e per assurdo, offrire al consumatore diretto a prezzi molto superiori di quelli del mercato). Il prezzo sorgente non dovrebbe essere imposto, è da indicare dall'agricoltore e/o dall'artigiano come giusto riconoscimento del proprio lavoro. Chiarificherebbe i ricarichi che i consumatori debbono sopportare, di contro arricchirebbe la filiera del rapporto diretto produttore-consumatore con una tracciabilità totale del prezzo. Un meccanismo simile, appunto perché risalterebbero i tempi e i luoghi della filiera in cui avvengono i massimi ricarichi nei prezzi, avrebbe la forza di inibirli o limitarli, sarebbe generalizzabile a tutte le merci e in ogni territorio. Io non ho nulla contro una normale intermediazione e contro gli esercenti. Anzi: li so vittime prime dello sconcio mercato della grande distribuzione. Il prezzo sorgente permetterà agli agenti di commercio e agli esercenti, qualora avessero dovuto chiudere le loro attività, di riaprirle. Verrebbe a costituirsi un'intelligente ricarico, atto via atto.

Faccio un esempio che dovrebbe essere chiaro ed estensibile ad ogni categoria mercantile. Se possedessi una enoteca in Via Condotti di Roma o in Via Montenapoleone di Milano dovrei applicare - per le spese di affitto e di gestione - un ricarico ben più alto per ciascuna delle bottiglie in vendita, di quanto farei se avessi la mia enoteca nella piazza tranquilla e poco frequentata di un piccolo paese. Certo, starà nella mia intelligenza e nella mia capacità di convincere l'acquirente a scegliere Via Condotti o Via Montenapoleone con una serie di valori aggiunti del tutto impossibile in quella piazzola paesana.

Denominazioni Comunali: le inimmaginabili possibilità globali di comunicazione dei fatti, degli accadimenti e delle proposte hanno costretto i padroni del vapore attraverso i media alla costruzione di un ideologico muro, tra il berlinese e l'israeliano che riesce a bloccare ciò che conviene resti invisibile o quasi. Sono riusciti in questa assurda operazione, hanno emarginato i fatti e le notizie e li hanno messi in parentesi ma senza tener conto che era impossibile cancellarli. Proprio da ciò, il mio progetto sulle Denominazioni Comunali, capaci - con semplici atti “notarili” - di abbattere quel muro e far emergere il vero. Risale a quattro anni fa - Fiera Agricola di Verona 1999 - il Consiglio Generale dell'Associazione dei Comuni d'Italia (Anci), durante il quale la totalità dei votanti aderiva al progetto di instaurare nella nostra Patria le Denominazioni Comunali e disponeva per la raccolta di 50.000 firme in albi esposti nei Comuni, così da avviare la pratica per una legge di iniziativa popolare. Ciò non fu fatto, se non nei pochi Comuni dei consiglieri nazionali. Nulla venne comunicato ai cittadini attraverso i mezzi di stampa, radiofonici e televisivi previsti dalla nostra legislazione. Vennero raccolte 36.000 firme, tutt'altro che poche se si considera che gli albi furono esposti qualche ora in poco più di una ventina di Comuni. Con Riccardo Illy, allora sindaco di Trieste e amico - il primo ad accogliere la mia idea di Denominazioni Comunali e di proporla al Consiglio dell'Associazione - e con l'accordo del presidente Enzo Bianco, allora sindaco di Catania, si discusse a lungo su quali atti opporre all'inimmaginato e inimmaginabile fallimento. Solo il giorno della pubblicazione - Gazzetta Ufficiale, 24 ottobre 2001 - della terza Legge Costituzionale, ci parve d'essere stati sollevati da ogni ulteriore atto. Sottolineo, la terza, in quasi cinquant'anni di attività parlamentare - Camera e Senato - dalla Liberazione. Passa il diritto di formalizzazione di nuove leggi agricole o di modificazioni delle stesse non dallo Stato alla Regione, e non alla Provincia, bensì al Comune.

A conferma dei nostri convincimenti, apparve - Corriere della Sera, 16 gennaio 2002 - l'esegesi del più grande dei costituzionalisti, Giuseppe Guarino, con titolo categorico “L'Italia? Ora è fondata sui Comuni”. Guarino aggiungeva alcune considerazioni fondamentali “Si riparte dai Comuni, che opereranno in concorrenza e in reciproca indipendenza. Le aggregazioni non potranno essere imposte. Si formeranno sulla base della esperienza e secondo le necessità. Con il localismo verranno meno anche la corruzione e gli sviamenti, che sono propri dei poteri che vengono esercitati da livelli troppo elevati, che di fatto si sottraggono a ogni controllo effettivo” (il grande giurista aveva previsto con stupefacente esattezza, i fatti della Cirio e della Parmalat). “Si sprigioneranno nuove energie, come nella gloriosa era comunale”.

Concludeva: “Cosa bisogna fare? La risposta richiederebbe un ampio spazio. Possono darsi due soli suggerimenti: che ci si immerga tutti in modo pieno e immediato nello spirito della riforma e ciascuno faccia valere i nuovi diritti e poteri senza improvvisazione e senza eccessi, ma anche senza timori; e che ci si astenga dal deliberare, dal provvedere e dal dibattere come se le nuove norme non ci fossero. Il suggerimento vale per il Parlamento nazionale, ma non solo”.
Per i politici, lo scritto di Giuseppe Guarino - sulla legge da loro stessi formulata e votata - avrebbe dovuto essere lampante. Era proprio lampante e ha rivelato, ancora una volta, la politica infamia. Quelli - tutti, nessuno escluso, a cominciare dai membri dell’Anci - hanno tradito. Avevano votato la legge senza una reale cognizione. Con quell’atto rinunciavano a buona parte del potere. In ciascuno di loro è prevalsa la considerazione: “chissà che la mia parte non vinca ed io possa occupare quella sedia al Ministero di…; chissà ch’io non sia nominato alla carica di…; chissà che il mio partito non mi promuova a…”. La sola speranza di poter esercitare, in proprio, anche i diritti comunali ha determinato quello che è un “vero e proprio tradimento dei chierici”.

Esprimo il mio totale disgusto.

Ti riporto la lettera ricevuta da Leonardo Domenici, sindaco di Firenze e attuale Presidente dell'Associazione Nazionale Comuni d'Italia: “Caro Maestro Veronelli, l'Associazione continua a ricevere delibere dei Consigli Comunali che istituiscono le De.Co. Si tratta di Comuni di tutta Italia e di ogni dimensione abitativa nonché appartenenza politica. Tutto ciò è motivo di soddisfazione per l'Anci che, sulla problematica, continua l'opera iniziata, come giustamente tu ricordi, nel 1999 … E' evidente tutto l'interesse dell'Anci a seguire la materia, affidata dalla legge ai Comuni, anche come azione di servizio nei confronti dei Colleghi Sindaci ed amministratori locali. Ti confermo che tutte le Anci Regionali sono della partita, ed in alcune realtà, all'avanguardia… Ti ringrazio tanto per la passione con la quale segui la “creatura” ed anche per lo sprone a fare meglio. L'Anci continuerà senza dubbio a svolgere il suo ruolo”.

Guerra vinta? In questo paese di canaglie, no. Ho chiesto al presidente Anci e ai suoi funzionari l’elenco dei Comuni che avevano aderito. Assenza totale di risposta. AL telefono la sede romana risponde, con ignobile fellonia, che di De.Co. loro non se ne interessano più. I politici hanno tradito. Con le De.Co, dopo secoli di errori i politici di ogni colore e tendenza, all'inizio del terzo millennio, avrebbero rinunciato ai propri interessi per quelli ben più importanti e definitivi dei cittadini. Si sarebbe annullato d'un sol colpo il nefando castello di intrallazzi e corruzioni, e la parte sostanziale del vivere, sarebbe tornata nei suoi limiti naturali.

Il Comune - per sé solo, come ben scrive Giuseppe Guarino o in aggregazione con altri comuni (va da sé, sulla base dell'esperienze e secondo necessità) - si sarebbe riappropriato della responsabilità di nutrire i propri cittadini con i prodotti della propria terra. Sarebbero nate - o meglio rinate - sul territorio le imprese agricole e di allevamento e le manifatture capaci di trasformare i prodotti in tempi brevissimi con il totale mantenimento e la protezione della qualità dei cibi e delle bevande. Ciò, grazie alla globalizzazione in ogni parte del mondo con una rete fittissima e finalmente onesta di relazioni dirette. Sarebbero rinati anche - pensa tè - gli esercenti. Categoria, oggi, “annullata”.

Sì, un ritorno - per i non credenti, figurativo - al Paradiso Terrestre.

I pescatori lungo le rive dei fiumi e delle coste con un’attività scandita dalle stagioni e dalle costumanze; le mandrie sugli alpeggi, non quelli tristi e faticosi d'antan, bensì dotati d’ogni conforto moderno; gli agricoltori e la loro manovalanza, ben rimunerati e lieti di vivere in luoghi non inquinati; i campagnoli anche con gli allevamenti e le produzioni di frumenti, frutta e verdura, con la possibilità di fornire le proprie produzioni - sia in modo diretto, sia attraverso il lavoro di artigiani - con esclusione delle criminose mescolanze industriali. In primis il latte e i formaggi fuori quota … non posso che ripetere la citazione orrorizzante di Cirio e Parmalat. Un vero e proprio paradiso sociale con l’estromissione pressoché totale dei “ricchi più ricchi”.

Un giovane giornalista economico del “Corriere della Sera”, aveva affermato “se passa questa legge i supermercati e i mcdonalds scompaiono entro 20 anni”. Sì, scomparirebbero.
Del prezzo sorgente e delle Denominazioni Comunali, due "fatti" che si armonizzano e si completano trovi poche tracce … Non attraverso gli antichi modi della censura, bensì con il “gioco” delle concessioni pubblicitarie e la messa in parentesi, ossia nell'ignoranza, di due argomenti rischiosi, le multinazionali si sono opposte. Hanno ottenuto la cancellatura.
Se consideri che sono attuabili in ogni luogo del mondo, anche nei paesi più poveri, arriveremmo ad una società finalmente serena, pacifica e solidale.

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