Ci sono parecchie tesi che hanno cercato di identificare la causa esatta della sordità di uno dei mostri sacri della musica di tutti i tempi, Ludwig Van Beethoven, il “Ludovico Van” - come lo chiamava, non senza affettazione, l’Alex di “Arancia Meccanica” - padre di nove sinfonie, sei delle quali composte praticamente da sordo. Le più comuni includono gli effetti di una qualche malattia autoimmune, deformazioni della coclea o l’”asso pigliatutto” della sifilide, al tempo quasi endemica tra la popolazione europea, ma secondo un gruppo di ricercatori della Facoltà di Medicina dell’Università dello Utah, a privare dell’udito il genio tedesco sarebbe stato nientemeno che il vino - o meglio, tutto il piombo che al tempo si usava per tagliare il vino di infima qualità.
Secondo una serie di analisi condotte su frammenti di ossa e capelli di Beethoven, i ricercatori dello “Stato dell’alveare” avrebbero infatti rilevato nei tessuti la presenza di una concentrazione del metallo tossico decisamente anormale nel periodo immediatamente precedentemente alla morte del compositore, nel 1827. Che Beethoven fosse un grande consumatore di vino, principalmente come rimedio ai suoi molti problemi di salute, è risaputo: un po’ meno risaputo, invece, è il fatto che nella Vienna di fine Settecento non era raro usare il piombo - o meglio, l’acetato di piombo - come sostanza da taglio per i vini di infima qualità, e la pratica era già conosciuta ai tempi dell’Impero Romano per via delle proprietà dolcificanti della sostanza.
E, a quanto pare, la teoria degli scienziati dell’Università dello Utah è plausibile almeno quanto le altre già proposte per spiegare la progressiva sordità del padre della “Nona”, che già a vent’anni aveva perso la capacità di distinguere alcuni toni alti e che alla morte, a 57 primavere, era praticamente del tutto privo dell’udito, al punto che al termine del debutto di una delle sue composizioni dovette essere fisicamente ruotato in direzione del pubblico per rendersi conto del proprio successo.
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