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MADE IN ITALY: IL MODELLO VINO SPINGE AL 46,1% PIQ IN AGRICOLTURA. LO DICE LA COLDIRETTI

“Nell’Italia dei vini di qualità non c’è spazio per il biotech né nei vigneti, né in cantina, né sulle tavole dei cittadini e vigileremo affinché tra le pieghe dei provvedimenti non si nasconda questa preoccupante novità di cui le imprese e i consumatori non avvertono certo il bisogno”. Lo afferma il segretario generale della Coldiretti Franco Pasquali nell’incontro organizzato dalla Fondazione Symbola che ha presentato uno studio dove si evidenzia che con la crescita al 46,1% del Prodotto Interno Qualità (Piq) l’agricoltura conquista il posto d’onore, dopo il commercio, nella speciale classifica che misura la qualità della crescita nelle diverse accezioni (legame con il territorio, valorizzazione risorse umane, innovazione, posizionamento e competitività).
L’avvio della sperimentazione all’aperto con viti geneticamente modificate (Ogm), previsto dai protocolli inviati dal Ministero delle Politiche Agricole al Ministero dell’Ambiente, rischia di compromettere - ha sottolineato il segretario generale della Coldiretti - la scelta di un modello di sviluppo che, dopo la crisi del metanolo, è risultato vincente ed ha fatto scuola per l’intero sistema agroalimentare che fonda il suo successo sulla qualità, il legame con il territorio e la trasparenza nel rapporto con i consumatori”. “Oggi il vino - ha precisato Pasquali - è la principale voce dell’export agroalimentare nazionale con oltre la metà delle esportazioni che vengono destinate sul mercato comunitario dove la Germania è il principale consumatore di vino italiano. Il primo mercato extracomunitario di sbocco, con un quarto del valore totale delle esportazioni, sono invece - ha continuato il segretario della Coldiretti - gli Stati Uniti dove il vino made in Italy ha conquistato il primato rispetto a Francia e Australia. Il trend positivo per il vino italiano che - ha concluso Pasquali - dimostra la presenza di nuove e rilevanti opportunità di crescita che non vanno vanificate, con scelte lesive per i mercati e l’immagine, dopo che, nel 2006, ha raggiunto complessivamente un fatturato record di 9 miliardi di euro, 3 dei quali attraverso l’export, con quasi un terzo della produzione destinata ai 361 vini nazionali Doc e Docg.

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