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Mangia e bevi alla tavola del vignaiolo: se il vino è buono lo è ancora di più nel ristorante dell'azienda vitivinicola
di Mariangela Galgani

Brave massaie o chef stellati: l'importante e saper conservare i sapori della tradizione e unire la qualità moderna con la cucina antica. Dare l’opportunità al cliente di sedersi a tavola e fargli degustare i propri vini accompagnandoli alla portata più adatta è certamente il modo più efficace per far conoscere al meglio il prodotto, con la complicità dell’atmosfera del territorio. I produttori di vino che hanno deciso di affrontare l’impegno di realizzare un ristorante aperto al pubblico non sono moltissimi, agriturismi a parte, in cui il servizio si rivolge soprattutto ai clienti che soggiornano nelle strutture interne ed è spesso stagionale. Pur essendo impegnativo, il ristorante per il titolare di un’azienda vitivinicola diventa un mezzo efficace per comunicare il proprio lavoro. Ciascuno, secondo il proprio stile, ecco alcuni pionieri di questo servizio al cliente direttamente in azienda.

La Toscana è stata tra le primissime regioni ad intravedere questa possibilità e tra le aziende pioniere si inserisce a pieno titolo Badia a Coltibuono, nel Senese, a Gaiole in Chianti, che ha aperto un punto di ristoro al pubblico già una quarantina di anni fa. Si mantiene lo stile della cucina, che esegue ricette locali con prodotti di zona nello spirito di dare al cliente una “immersione nella cultura del posto”. Nel tempo si è raffinato, mantenendo però la matrice toscana e offrendo due proposte; una, più agile, a 24 euro e l’altra, più completa, a 36 euro. Sempre nel Senese, a Castelnuovo Berardenga, diversi anni dopo, nel 1977, nell’azienda Castell’in Villa, si aprì un ristorante: “Sono più che convinta che il vino senza cibo non abbia molto senso”, tiene ad affermare la principessa Coralia Pignatelli, “e siccome a me piace il buon vino e anche cucinare, abbiamo pensato di fare un ristorante che proponesse una cucina semplice ma presentata bene”. Da quello che era probabilmente un fienile usato come rimessa si ricavò l’attuale ristorante, che è considerato parte dell’azienda ed è seguito dalla famiglia. Dispone di circa 60 coperti ed il menu si basa su cinque proposte per ciascuna portata ad un prezzo che varia tra 33 e 36 euro. Molte ricette a base di verdure, che in parte provengono dall’orto, mentre la frutta si acquista perché quella che matura sulle piante è ben gradita agli uccelli di passaggio, specie agli storni, e non arriva nemmeno sulla tavola dei padroni di casa.

Pioniera a tutti gli effetti la famiglia Cinelli Colombini che, negli anni ’60, nella sua Fattoria dei Barbi, aveva organizzato in azienda una piccola taverna dove servire le zuppe di fagioli, formaggio, salumi e carne alla brace. “La grande intuizione di papà Giovanni” racconta Francesca Cinelli Colombini, “fu di portare la fattoria in tavola”. Lui si accorse, non appena decise di aprire l’azienda la pubblico, della necessità di poter offrire qualcosa da magiare, ma dovevano solo essere i prodotti che forniva l’azienda perché fosse la vetrina dei prodotti di fattoria. Il successo fu immediato, e, siccome la cucina di Montalcino è una cucina povera, dopo poco tempo si inserirono piatti, sempre partendo dalle materie prime del territorio con ricette più in genere toscane, e quindi le tagliatelle, i pinci e i ravioli, per i primi, la scottiglia, che è una specie di spezzatino, per la carne, e poi ancora le costine di maiale e la costata.

Nella terra dell’ospitalità , la Romagna, Mario Pezzi della Fattoria Paradiso, a Bertinoro, aveva aperto la sua azienda la pubblico sin dagli Anni ’60 organizzando le degustazioni nella taverna rinascimentale. Nel 1998 fu inaugurata la “Locanda Gradisca” un ristorante sempre aperto che è un vero e proprio tempio della Romagna non solo per l’uso della materie prime locali e per le ricette classiche del territorio quali la piadina, la pasta fresca tirata a mano e altre delizie; ma soprattutto perché gli arredi e gli oggetti esprimono il meglio dell’artigianato romagnolo.
In Umbria, a Torgiano, Giorgio e Maria Grazia Lungarotti furono gli antesignani non solo di una produzione di pregio nella regione ma anche dell’ospitalità in azienda, perché in paese non c’era nulla e i clienti dovevano essere dirottati a Perugia. Nel 1978 si aprì ufficialmente Le Tre Caselle, splendido centro dell’ospitalità che allora disponeva di 15 camere e di un ristornate. Attualmente, le camere sono una sessantina e alla sala ristorante classica “Le Melagrane” se ne sono affiancate altre due riservate ai banchetti: “L’Ottobrata” , che può ospitare 250 persone e la “Dionisos”, più piccola. C’è un menu alla carta e uno d’autore che cambia mediamente ogni due mesi con una proposta per ciascuna portata ed infine, settimanalmente, ci sono le promozioni delle primizie di stagione quali carciofi ad esempio in primavera, funghi e tartufi in autunno. I prezzi variano da 46 a 49 euro. La carta dei vini è vasta, con le firme più importanti dell’enologia italiana ed estera (anche se la maggior parte dei clienti chiede vini Lungarotti).

A diverse centinaia di chilometri di distanza, in Puglia, e precisamente nel Salento, l’azienda Leone de Castris, anch’essa pioniera nella ricerca di una produzione di alto livello, si era ritrovata con gli stessi problemi e nel medesimo periodo, alla fine degli anni ’70: dove sistemare gli ospiti e i visitatori che arrivavano in azienda? A quei tempi il posto più attrezzato vicino era Lecce, a diversi chilometri di distanza. All’inizio gli ospiti si limitavano alla forza vendita ma poi, poco alla volta, arrivavano anche turisti e ospiti importanti. Così si costruì l’albergo ristorante “Villa Donna Lisa” dalla villa di campagna della famiglia. Da allora la struttura è stata ampliata perché il numero delle presenze è in costante aumento e molto probabilmente entro breve si aggiungeranno appartamentini ricavati da un palazzo di famiglia.

Nelle colline bresciane di una quasi misconosciuta Franciacorta del 1976, Vittorio Moretti, proprietario dell’azienda Bellavista, ripianta le vigne e, nel 1978, apre il ristorante “La Mongolfiera” ad Erbusco. Il locale faceva parte di una cascina ed era usato come foresteria. La cucina era quella semplice del territorio e l’esercizio rappresentava sia un investimento sia una promozione dei vini dell’azienda. Negli anni ’90 la Franciacorta cresce tantissimo in immagine però a bisogno di strutture dell’ospitalità che siano all’altezza del suo successore. Vittorio Moretti avverte questa necessità e inaugura l’Albereta: uno splendido Relais & Chàteau in collina, circondato dalle vigne.

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