“Piccolo è bello”: il famoso modo di dire ben si adatta al Lussemburgo, Paese “incastonato” tra Belgio, Francia e Germania, che offre buone opportunità per l’export dei vini italiani per una serie di condizioni che rappresentano una buona premessa per il consumo di vino, anche di prezzo elevato. Piccole dimensioni e pochi abitanti con una composizione estremamente interessante: sono 661.000, di cui il 47,4% è di stranieri extraeuropei, che frequentando il Lussemburgo fanno “conoscenza” con il vino e ritornano nel Paese d’origine con una conoscenza approfondita dei vini e dei prodotti europei; a questi si aggiungono 200.000 lavoratori transfrontalieri. Il reddito pro capite più alto al mondo nel 2023 con 1 residente su 15 milionario. Tuttavia, se pur in forte crescita, il vino italiano ha ancora molto da fare per tallonare quello dei cugini francesi, e non solo. A dare interessanti indicazioni in questa direzione, nel business forum Wine2Wine, è stata Jessica van der Schee, educatrice Wset, americana che vive in Lussemburgo, coordina il programma della Bernard-Massard Wine Academy e collabora alla selezione dei vini italiani per il portafoglio vini internazionali di Bernard-Massard.
“Il Lussemburgo è un interessante mercato di esportazione per i vini in generale - ha sottolineato in apertura Jessica van der Schee - e, in particolare, per quello italiano perché la presenza degli italiani, che costituirono la prima ondata di immigrazione all’inizio del Novecento, è molto tangibile sia perché molti lussemburghesi di seconda e terza generazione parlano italiano e hanno mantenuto forti legami con l’Italia e i prodotti Italiani, sia per la presenza di molti esercizi “tricolori” tra cui spiccano ristoranti ed enoteche. Oggi ci sono molti residenti, che rappresentano il terzo segmento di stranieri più grande (3,74%) dietro al Portogallo (13,94%) e alla Francia (7,43%). Il Lussemburgo è un discreto produttore di vino lungo la Mosella con 1.215 ettari per il 90% dedicati a varietà a bacca bianca. Quindi entrare su questo mercato con vini bianchi è molto difficile, in particolare con Pinot grigio, Pinot bianco e Riesling, uve coltivate in Lussemburgo, e nel caso si volesse provarci bisogna privilegiare bianchi diversi da questi e con un ottimo rapporto qualità/prezzo. La concorrenza dei bianchi del Paese, peraltro, si basa non solo sul prezzo, ma anche sulla qualità che è molto elevata. Fertile, invece, il terreno per i rossi che, insieme ai rosé, rappresentano più della metà (il 52%) delle importazioni, prevalentemente dalla Francia, che ammontano in totale a 234.000 ettolitri. I consumi, per 41 litri pro capite, si concentrano su rossi e rosati (49%) e il restante 51% si divide tra i bianchi e gli sparkling importati dall’estero e il 21% di cremant, frizzanti e altri vini lussemburghesi”. Questa ripartizione è importante e racconta della difficoltà di entrare sul mercato con le bollicine italiane, con il Prosecco che si può posizionare solo a prezzi più bassi dei cremant locali e i metodo classico che non hanno molto spazio perché è lo Champagne il vino effervescente premium più ricercato.
“L’altro elemento di cui tenere conto - ha proseguito Jessica van der Schee - è il palato dei lussemburghesi plasmato sui vini francesi e, quindi, abituato alle varietà internazionali come Merlot, Cabernet sauvignon e Cabernet franc, e poco avvezzo a tannini non setosi e alla presenza di buone acidità che spesso caratterizzano i vini italiani. Al di là della qualità oggettiva si tratta di una questione di gusto. I consumatori lussemburghesi sono attenti al marchio: i vini famosi e rinomati vendono a prezzi premium, come ad esempio Quintarelli e Sassicaia. E, in generale, si vende solo vino già conosciuto”.
Interessante la ripartizione per volume dei vini importati per fascia di prezzo, per quanto limitata ai vini internazionali di Bernard-Massard, con cui Jessica van der Schee collabora. Il 69% dei volumi si riferisce in parti uguali (23%) ai vini delle fasce di prezzo 5-10 euro, 10-20 euro e da oltre 50 euro. “La proposta ad un importatore lussemburghese - ha suggerito Jessica van der Schee - dovrebbe concentrarsi sul segmento 5-20 euro, sviluppando volumi con i vini rossi che potrebbero essere venduti al bicchiere”. La quota di mercato del vino italiano, secondo i dati governativi, è aumentata del 2% nel 2021 sul 2022 e, comunque, rappresenta solo il 13% del 234.000 ettolitri importati, dietro alla Francia (29%), al Belgio (24%) e al Portogallo (18%). Considerando che la posizione del Belgio risulta dalla triangolazione tra importazioni ed esportazioni, la quota di mercato dei vini italiani - ha precisato van der Schee - è sottostimata. “Per le importazioni da parte di Bernard-Massard, invece, nel 2022 sono aumentate del 19% probabilmente a seguito di un incremento del portafoglio che ha incluso piccole aziende e grazie ad un agente di vendita italiano dedicato al servizio dei clienti dei ristoranti italiani, che sono 300 in Lussemburgo. Da gennaio a ottobre 2023, l’aumento del volume su base annua è stato del 32%, con prevalenza dei rossi, come Sangiovese Igt e Chianti Classico, Primitivo, Barbera d’Alba e Montepulciano d’Abruzzo”.
Interessante sarebbe capire a cosa è dovuto questo aumento di interesse. “Si tratta di una maggior conoscenza dei vini italiani, della cultura enoica del nostro Paese o la leva - ha chiesto alla relatrice Jeanette Servidio, dg Petra, l’azienda di Terra Moretti a Suvereto, che ha moderato l’incontro - che agisce è quella del prezzo ? “Ritengo che siano coinvolti entrambi i fattori - ha risposto van der Schee - ed i vini italiani, o meglio, quelli con le caratteristiche che incontrano il gusto locale come il Primitivo, piacciono e sono accessibili”.
A fare la differenza per penetrare in questo mercato anche la scelta dell’importatore. “Un importatore italiano - ha sottolineato Jeanette Servidio - si focalizza su ristorazione ed enoteche italiane, mentre maggiori opportunità si colgono rivolgendosi a chi ha una rete più vasta. Inoltre, ci si può riferire alla grande distribuzione che compra direttamente senza passare dai distributori”. Il punto, però, è il livello dei prezzi che spesso sono molto bassi.
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