E’ da due anni che tra gli addetti ai lavori si parla di crisi della vitivinicoltura francese. Ma lo si dice quasi sottovoce per non impermalosire il gigante dell’enologia mondiale. Quella che sembrava una crisi passeggera, partita dopo le vendite record del 1999, ha già portato la Francia a chiedere la distillazione di crisi tre volte in due anni. Ma il dato che più di ogni altro rappresenta inequivocabilmente lo stato di crisi del vino francese è quello relativo alle esportazioni che hanno registrato in questi ultimi due anni un forte calo. La quota di mercato mondiale della Francia, stando ai dati dell’Office Internationale de la Vigne e du Vin, è diminuita dal 29% alla fine degli anni ’90 al 23% attuale.
Ma la crisi è evidente anche nel mercato interno e riguarda soprattutto i vini da tavola. Basti sottolineare, a questo proposito, che, nelle ultime tre campagne (1998-2001), il calo dei consumi ha raggiunto i 6 milioni di ettolitri con conseguente aumento degli stock e crollo dei prezzi dei vini da tavola. I vini francesi che risentono maggiormente della crisi sono quelli cosiddetti di mezza gamma, tipo Bordeaux generico o i vini del Midi. Una crisi che preoccupa non poco il Governo francese considerando il peso economico rappresentato dalla vitivinicoltura transalpina (14% della produzione agricola, 110.000 aziende, 189.000 posti di lavoro, 5,5 miliardi di euro di esportazioni).
Ma quali sono le origini di questa crisi? A questa domanda ha cercato di rispondere il rapporto Berthomeau (commissionato dal Governo francese nel 2001), dal quale è emerso, innanzitutto, che l’attuale debolezza della vitivinicoltura francese è determinata da grave mancanza di attenzione alla domanda reale del mercato, con una scarsa azione di marketing e di comunicazione. Una sorta di accusa abbastanza sorprendente se si considera come da sempre il sistema enologico francese veniva portato ad esempio per la sua capacità di gestione dell’immagine e della comunicazione.
Secondo, invece, il rapporto Berthomeau, i nuovi clienti stranieri non riescono più a raccapezzarsi nell’offerta francese (450 doc e 127 vin du pays) e spesso, quindi, scelgono vini di marchio più facilmente identificabile, di qualità e di questo omogeneo nel tempo. Tutto questo tradotto significa che preferiscono (soprattutto i clienti anglosassoni) i vini del nuovo mondo. Proprio per questa ragione il rapporto Berthomeau propone di creare una nuova categoria di “vini di vitigni delle regioni di Francia”, orientati maggiormente verso la domanda dei consumatori internazionali. Secondo il rapporto questa nuova tipologia consentirebbe di produrre dei vini più adeguati alla domanda attuale, irrealizzabili all’interno della pesantezza del sistema delle denominazioni.
I disciplinari per questi vini, infatti, sarebbero molto più snelli e flessibili e consentirebbero di adeguarsi più facilmente alle nuove richieste dei consumatori. Berthomeau propone, quindi, di raggruppare certi vin du pays in una categoria di vini “prodotti in una determinata regione”, che dovrà comunque rimanere il punto di riferimento della tradizione viticola francese.
Ma è possibile far convivere tradizione e marketing? Secondo Berthomeau sì, e l’esempio da seguire è quello del Champagne. Ma sempre nel rapporto è scritto che è necessario migliorare anche i controlli in vigneto e assegnare ogni ettaro di viete a tipologie di vino predefinite. Ciò consentirebbe di gestire meglio la produzione di qualità rispetto a quanto avviene attualmente.
Le proposte sono state inviate dal ministro dell’agricoltura alle organizzazioni professionali che dovranno entro breve dare il loro parere. Quello che è certo è che oggi anche il sistema vitivinicolo francese deve darsi nuove regole e che probabilmente la crisi attuale è frutto anche di troppi anni “seduti sugli allori”. Nel rapporto, infatti, è anche sottolineato come sia necessario proseguire nell’espianto di migliaia di ettari vigneti investiti a vitigni che ormai il mercato non richiede più (come il Cinsault e il Carignan).
Un’ultima osservazione, infine: parte della crisi attuale del vino francese, secondo il rapporto, è determinata dalla politica dura del Ministero della Sanità e del divieto di pubblicità. Tutto ciò ha portato ad un notevole calo dei consumi interni proprio del Paese che aveva, attraverso il cosiddetto “paradosso francese” (il vino, soprattutto quello rosso, ha effetti benefici sulla salute umana) ridato nuova linfa alla produzione vitivinicola mondiale.
Furio Pelliccia
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025