Se i Millennials, come dicono tutti, sono il futuro dei consumi di vino, in Italia c’è ancora molto da lavorare. Perchè, per esempio, lo bevono solo il 48% dei giovani tra i 18 ed i 34 anni (contro il 54% dei maggiori di 65 anni ed il 58% delle persone tra 35 e 64 anni). E tra i Millennilas, se c’è un 60% che considera il vino una delle eccellenze dell’Italia, c’è anche un notevole 40% che non la pensa così. Dati che emergono dall’Osservatorio del Vino 2017 Censis-Federvini, analizzato da WineNews.
Da cui si evidenzia come, ancora, nel Belpaese, i giovani siano ben lontani da sostituire i più anziani nel consumo di vino, visto che sui 28,1 milioni di persone che in Italia beve vino, sono 5,3 milioni le persone tra 18-34 anni che si concedono un calice (e di questi 3,6 milioni lo fanno raramente), contro i 14,3 milioni di persone di età tra i 35 ed i 64 anni, e i 7,1 milioni di over 65. Quello che fa ben sperare, però, è che quello del vino è sempre più un consumo culturale, legato soprattutto alla qualità. E sempre più appannaggio di chi ha un titolo di studio più elevato, visto che i consumatori di vino con licenza elementare sono scesi dal 49% del 2006 al 40% del 2015, e quelli con licenza elementare dal 52% al 48%, mentre sono più stabili le percentuali tra i diplomati (dal 59% al 57%) e dei laureati (dal 65% al 64%).
Un andamento che, in qualche modo, si riflette anche se si analizzano le professioni: tra gli operai la quota di chi beve vino è scesa dal 62% al 58%, è rimasta stabile tra quadri ed impiegati (64%), ma è diminuita di poco anche tra dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (74,7% nel 2006 e 72,5% nel 2015), che, raccogliendo al loro interno circa due terzi di consumatori, rappresentano il gruppo a più alta fruizione di vino.
Per tutti, e in tutta Italia, però, la qualità è il criterio dominante nella scelta del vino, indicato in generale come primo requisito dal 93% dei consumatori, con il 52,3% che dice di scegliere sempre in base alla qualità, più che al prezzo. Anche qui, però, le cose cambiano in base a titolo di studio e al reddito, visto che è un discorso che vale per il 54,7% dei laureati, il 51,8% dei diplomati ed il 49,1% dei possessori di licenza media, e ancora per il il 32,6% di chi ha un reddito basso, per il 49,5% dei redditi medio bassi, per il 60,9% di quelli medi e per il 65,8% di quelli medio alti e alti. Insomma, come ovvio, la qualità si preferisce, ma costa, e quindi si deve guardare nel concreto anche al portafoglio, e non solo ai desideri. Ancora, se la qualità è sempre il primo requisito per più della metà degli over 35 (e per il 66% degli over 65), i Millennials sfuggono anche a questa statistica, visto che il discorso vale per il 445 di loro, mentre il 53% associa ancora la qualità come primo criterio solo se si deve accompagnare un cibo particolare, o brindare ad una occasione speciale. Altra differenza netta che emerge tra i Millennials e gli altri, è il modo di fruizione del vino stesso.
Il 62% di loro, per esempio, ha partecipato almeno ad una attività legata al vino durante l’anno (viaggi in località celebri per la produzione di vino, sagre, feste legate al vino), contro il 49,8% degli over 35, ed il 26,1% degli over 65. Dato che evidenzia come, perchè il mondo del vino conquisti sempre di più i giovani, probabilmente, deve puntare più sull’esperienza del prodotto, che sulle sole qualità (pur fondamentali) del prodotto stesso.
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