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MISTER GEOX, MARIO MORETTI POLEGATO: “IL VINO PUO’ CRESCERE SOLO PUNTANDO SU INNOVAZIONE”: GLI ENOLOGI A CONGRESSO: “SEMPLIFICARE O SARA’ CRISI. OMBRE SU SETTORE, GIU’ CONSUMI E PRODUZIONE”. PEDRON (GIV): “SERVE MARKETING COLLETTIVO”

Italia
Mario Moretti Polegato, mister Geox

“C’è spazio per cresce nel mondo dell’enologia, a patto di puntare sull’innovazione e sulla ricerca”. Lo ha detto Mario Moretti Polegato, presidente del gruppo Geox, nerl congresso Assoenologi, l’associazione degli enologi ed enotecnici italiani, per trasmettere entusiasmo ad un’assemblea ancora provata dagli echi pesanti che la recente inchiesta sulle sofisticazioni del vino in pochissime aziende italiane ha avuto sull’intero settore.
“La parte sana del settore vitivinicolo italiano - ha detto Polegato - è fatta da piccole e medie imprese, per tutte c’è spazio per crescere ma bisogna fare cultura, puntare sui brevetti e collaborare con gli istituti di ricerca”. Il leader di Geox, enologo e conoscitore del settore vitivinicolo, ha auspicato che il nuovo titolare del Ministero della Politiche Agricole sia l’attuale assessore all’agricoltura del Veneto, Luca Zaia, “con lui le cose potrebbero essere più semplici - ha aggiunto Polegato - poichè è una persona ad hoc per questo settore ed ha una grande sensibilità per il territorio”.
L’assise di Assoenologi ha puntato l’attenzione sull’importanza del marketing e della finanza per lo sviluppo del settore nei prossimi anni ma secondo il presidente di Geox, prima del marketing deve esserci la qualità, alta e costante: “il marketing è importante ma la qualità è più importante, sempre che ci sia costanza e soprattutto legalità, perchè pochi esempi non rovinino il lavoro di tutti”.

L’idea - Emilio Pedron (Gruppo Italiano Vini -Giv): “puntare su marketing collettivo”
“Il punto debole del vino italiano è il marketing, se ne fa troppo poco, dovremmo puntare sul marketing collettivo per promuovere il vino”. Lo afferma Emilio Pedron, ad Gruppo Italiano Vini - Giv, la maggiore impresa vitivinicola italiana (63 milioni di bottiglie all’anno), a congresso di Assoenologi.
“Il vino italiano è fondato sulle denominazioni d’origine - ha detto Pedron - ed a volte non si sa se è più importante il marketing o la denominazione d’origine, fatto sta che molti vini sono famosi per il loro nome, come il prosecco o il verdicchio, non per quello dei produttori”.
Esiste una via d’uscita e Pedron la individua nel marketing collettivo “ma è una cosa difficilissima - ha spiegato l’ad Giv - quando si opera nel campo delle denominazioni, solo al di fuori di questo segmento è possibile e in Italia per il vino da tavola ci si è già riusciti”. Ad ostacolare le strategie comuni, spesso, secondo Pedron, sono i campanilismi che sono molto forti anche nel caso di fusioni, “per gli accorpamenti tra cantine - ha detto - i problemi sono più di campanili, perché i vantaggi sono evidenti, si snelliscono le strutture e si ha una maggiore compattezza per la denominazione d’origine”.

Le richieste - Gli enologi: “meno burocrazia per le cantine italiane”
Il vino italiano viaggia a due velocità, cresce l’export ma rallentano produzione, consumo e superfici ed è vicino il rischio di una crisi di settore se non si mette in atto una semplificazione delle norme che lo regolano. A delineare lo scenario schizofrenico del settore vitivinicolo italiano è Assoenologi, l’associazione degli enologi ed enotecnici italiani.
A segnare un rallentamento sono i consumi (46 litri pro capite nel 2007, sugli oltre 100 degli anni Settanta), la produzione (-17% negli ultimi 20 anni) e le superfici investite (-35% dal 1980), mentre a crescere è la voce export con 3,3 miliardi di euro registrati nel 2007, su 12 miliardi di fatturato totale, rappresentando il primo comparto per l’export di tutto il settore agroalimentare italiano.
Il congresso di Assoenologi sarà ricordato come l’anno della “svolta di Venezia”, l’anno in cui si è messo il dito nella piaga in un settore in cui pesa la polverizzazione delle aziende e il rallentamento imposto dalla burocrazia legata ai controlli e alle verifiche.
“La superficie media vigneto/azienda italiana è di 2 ettari, contro i 7 della Francia e gli oltre 300 di Australia e Cile - ha detto il presidente di Assoenologi, Giancarlo Prevarin - su oltre 300.000 imbottigliatori italiani, oltre il 75% colloca i suoi prodotti nei confini nazionali e delle oltre 5.000 aziende che esportano, solo poche centinaia mandano all’estero più di un container all’anno, su questi numeri è necessario fare una riflessione”. A ciò si aggiunge il peso di una burocrazia ingombrante che riguarda 21 enti deputati ai controlli nelle aziende, per i quali “ogni anno un enologo deve dedicare il 25% del suo tempo per riempire carte, moduli e fare relazioni - ha spiegato il direttore Assoenologi, Giuseppe Martelli - perchè non pensare ad una banca dati in comune tra gli enti che raccolga tutte le informazioni?”.
Anche questa appare impresa difficile se si considera il fatto che, secondo Martelli “i dati relativi al vigneto Italia sono incompleti e fermi al 2005, in particolare per le denominazioni di origine”, che in Italia sono 352 e coprono il 30% della produzione totale.
“Uno dei primi Paesi vitivinicoli del mondo non conosce l’esatta consistenza della sua superficie vitata - ha aggiunto il direttore generale - senza questi dati è difficile programmare il settore a media e lunga scadenza”. Altro punto dolente è quello del numero delle denominazioni d’origine, 352 quelle italiane, meno di quelle francesi che sono 474 “ma comunque troppe - ha detto Martelli - 90 Doc sfruttano meno del 50% del loro potenziale e da una nostra analisi risulta che 7 non hanno prodotto mai neanche una bottiglia, esistono solo sulla carta”.

News dai mercati: Usa e Cina
A rischio primato export negli Usa. Ice: con caro-euro, prezzi italiani cresciuti 2,5%

Sul mercato americano cominciano ad addensarsi nubi per il vino italiano e, anche se non è ancora vicina la perdita del primato dell’export (con 845 milioni di litri e una crescita dell’8% sul 2006), è adesso che bisogna mettere in atto strumenti di supporto per il futuro. Il monito arriva da Assoenologi, che ha provato ad immaginare l’impatto sull’export di fattori congiunturali come l’ormai prolungata debolezza del dollaro, la crisi dei mutui subprime e la crescente inflazione.
Il sogno americano, secondo Aniello Musella, dirigente dell’Istituto per il Commercio con l’Estero a New York, è destinato a proseguire anche nei prossimi anni. Un dato su tutti: nel 2010 le casse di vino vendute negli Stati Uniti si stima saranno 337 milioni e potrebbero arrivare a 354 milioni nel 2015.
“Il mercato americano è infido - ha detto Musella - e non può mai considerarsi acquisito; occorre fare attenzione, poiché se ci sono opportunità di guadagno maggiori l’importatore abbandona il fornitore”. Per il momento, con l’euro quotato a 1,60 sul dollaro, gli importatori stanno già riducendo i loro margini di guadagno, poiché i prezzi dei vini italiani sono aumentati del 2,5%.
“Ma c’è un dato che ci conforta - ha aggiunto Musella - ed è quello del continuo aumento del consumo di vino negli Usa, in crescita da cinque anni” e tra i consumatori americani l’aumento del prezzo non è ancora percepito perché si tratta di una fascia di consumo per la quale il prezzo non è un fattore determinante di scelta.
Oggi l’Italia è leader negli Usa per esportazioni in quantità, mentre in valore è seconda dopo la Francia, con prodotti come il Pinot Grigio, il Pinot Nero, il Merlot e il Cabernet Sauvignon ma è necessario, secondo il direttore Assoenologi, Giuseppe Martelli, puntare su prodotti innovativi, “facendo analisi di mercato e studi di impatto finalizzati esclusivamente al pubblico americano”.
Boom export in cina,sale domanda ristoranti
La Cina non fa paura, almeno ai produttori vitivinicoli italiani che, dal 2003 al 2007, hanno aumentato le esportazioni, passate da 400.000 a 20 milioni di dollari, vale a dire 20 volte in più del valore iniziale. Una vera esplosione se si considera che il principale canale di collocamento del prodotto è quello della ristorazione.
L’analisi delle potenzialità del mercato asiatico è arrivata dal Congresso di Assoenologi.
“La grande opportunità per il vino italiano dipende dalla possibilità di entrare nella ristorazione cinese - ha spiegato Antonino La Spina, dirigente dell’Ice a Pechino - poiché oggi il vino “made in Italy” è simbolo del cambiamento sociale per una fascia di popolazione con reddito medio-alto di circa 200 milioni di persone”.
In un’economia che da 5 anni registra un tasso di crescita del Pil superiore al 10%, entrare nel circuito della ristorazione cinese è una opportunità da non perdere anche perché, secondo i dati dell’Ice, il vino si consuma prevalentemente fuori casa, in occasioni di festeggiamenti e banchetti (per il capodanno cinese si registra un picco di vendite del 30%) e ad interessare di più i consumatori dagli occhi a mandorla è quello rosso, poiché rappresenta un colore beneaugurante e porta fortuna.
La scommessa è quella di inserirsi in un mercato in cui da anni è la Francia a farla da padrone, con 98 milioni di dollari di vendite realizzate nel 2007, anche grazie alla forte presenza delle catene di distribuzione francesi come Carrefour (250 punti vendite) e Auchan. Gli stessi produttori vitivinicoli cinesi, oggi rappresentati da 4-5 gruppi di medie e grandi dimensioni, secondo l’Ice, punteranno ad un aumento della produzione, “la superficie investita - ha concluso La Spina - passerà dagli oltre 46 mila ettari del 2005, di cui la metà coltivata a Sauvignon, a 66.000 ettari nel 2010”.

Il commento - Confagricoltura: capacità imprenditoriale, qualità del prodotto, tradizione e innovazione
Con oltre 10 miliardi di euro di fatturato nel 2007 (il 9,7% del settore alimentare); quasi 44 milioni di ettolitri nella vendemmia 2007 (il 17,6% della produzione mondiale); un aumento delle esportazioni che, nel 2007, ha registrato un +7% in valore, raggiungendo la cifra record di 3,4 miliardi di euro, e + 0.2% nei volumi pari a 18,2 milioni di ettolitri, il vino è uno dei simboli indiscussi dello stile “made in Italy” ed è tra le principali fonti di reddito della nostra economia.
Tre gli elementi fondamentali di questo successo: la capacità imprenditoriale dei nostri produttori, un prodotto valido e che migliora in qualità, un know how che si rifà a una tradizione enologica secolare.
Gli imprenditori italiani sanno coniugare i nuovi orientamenti del mercato e i nuovi sbocchi internazionali con il territorio; fanno scelte coraggiose di strategia aziendale; si spingono verso la ricerca di mercati non convenzionali, che sono capaci di conquistare e fidelizzare.
La tradizione vitivincola italiana è un punto di forza che nessun Nuovo Paese produttore potrà mai mettere in discussione. La storia enologica italiana coincide con la storia della civiltà del nostro Paese ed il vino fa parte della nostra cultura. I risultati premianti che il sistema italiano del vino ha raccolto sono anche dovuti ad un know-how che negli ultimi anni ha molto investito in innovazione sia di processo che di prodotto. Gli italiani hanno acquisito una conoscenza tecnologica notevole, sanno fare il vino e lo sanno fare bene!
E chi meglio degli enologi ... Gli enologi e enotecnici italiani sono la dimostrazione di un settore dinamico, che è attento alle evoluzioni del mercato, ne coglie le sfumature più interessanti e le trasforma in cantina in un prodotto che ha successo sui mercati, nel rispetto della nostra tradizione secolare.
Questi tre fattori hanno favorito il raggiungimento della posizione di vantaggio competitivo di cui godiamo, ma bisogna, come ci è suggerito dal tema di questo congresso, agire per continuare a vincere la sfida dei mercati.
Semplificazione amministrativa, accesso a strumenti normativi validi, informazione, adeguata progettualità. Questo serve al sistema vitivinicolo italiano per proseguire nel suo percorso virtuoso.
La normativa vigente nel settore vitivinicolo, è complessa e variegata: una semplificazione è necessaria e potrebbe, innanzitutto, essere fatta omologando procedure di gestione fra le Regioni e fra i diversi enti preposti, migliorando contestualmente anche la comunicazione fra i sistemi operativi.
Valide possibilità per continuare ad essere competitivi possono giungere dagli strumenti messi a disposizione dalla Commissione europea con la nuova Ocm vino. Avremo fondi per investire nello sviluppo di nuovi prodotti, nuovi processi e nuove tecnologie, per ristrutturare i nostri vigneti e per promuovere le nostre produzioni nei Paesi Terzi. Dovremmo essere bravi a non disperdere le risorse assegnate, a coordinare le azioni fra attori della filiera e fra regioni amministrative.
La conoscenza dei futuri trend di consumo e di prodotto è uno strumento di scelta prezioso. Confagricoltura ha voluto favorire tale processo di conoscenza e supportare le proprie aziende a prevedere gli scenari futuri, avvalendosi di analisti esperti e costruendo insieme a loro proposte concrete, le basi che possono aiutare le aziende a imbastire sistemi imprenditoriali efficienti, in primis “Vinitaly 2008”, con la ricerca, commissionata da Confagricoltura all’Istituto fondato da Gianpaolo Fabris, su “Come cambia il rapporto con il vino nella società italiana e nel mondo.

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