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LO SCENARIO

Montalcino, verso un nuovo corso per il Rosso, non più fratello minore, ma diverso, del Brunello

Si discute della riapertura dell’Albo per il Rosso, “secondo vino” del territorio, ma la cui quantità è meno della metà rispetto al “re” Brunello

Da un lato, il sontuoso Brunello di Montalcino, primo alfiere e prima scelta del territorio, con la sua austerità, i suoi cinque anni di affinamento minimo, dalla vendemmia, con la sua complessità ed il suo indiscutibile fascino, non immediato, ma da capire e cogliere nelle sue sfumature, ed il suo valore, che ha trainato anche la crescita enorme dei valori fondiari, con un clamoroso + 1.962 nelle ultime tre decadi, come raccontato in questo approfondito studio di WineNews, e grazie al quale il territorio è quello in cui in Italia si investe di più, tanto che, tra il 2016 ed il 2022, ha “calamitato” il 16% di tutti gli affari tra i filari del Belpaese, secondo uno studio Cbre; dall’altro, il Rosso di Montalcino, capace di esprimere, già a partire dal 1 settembre dell’anno successivo alla vendemmia, in pieno spirito moderno e contemporaneo, maggior frutto, freschezza, piacevolezza immediata, come richiede anche un mercato che sta cambiando.
Due vini diversi tra loro (anche nel valore, visto che quello del Brunello di Montalcino, al 31 dicembre, facendo la media delle annate in commercio, era di 1.075 euro ad ettolitro “sfuso” secondo i mercuriali della Camera di Commercio di Siena, ma che sul mercato va anche ben oltre, e quello del Rosso di Montalcino è di 375 euro ad ettolitro, ndr), seppur 100% Sangiovese che, fino ad ora, e sicuramente per l’immediato futuro, a volte, possono nascere dagli stessi vigneti, il quel peculiare schema di piramide rovesciata della qualità che è Montalcino, dove il “primo vino”, il Brunello, è mediamente prodotto in quantità più che doppia al “secondo vino” del territorio, che è il Rosso, come raccontano anche i numeri più recenti. Guardando alle fascette di stato consegnate (che comprendono più annate tra quelle in commercio, dato aggiornato a dicembre 2022, secondo i dati di Valoritalia e del Consorzio del Brunello di Montalcino), infatti, nel 2022 sono state 9,7 milioni per il Brunello di Montalcino, di cui il 93% per la tipologia annata ed il 7% per la “Riserva” (con la menzione “Vigna” che, complessivamente, è rivendicata appena sul 3% delle bottiglie, che siano Annata o Riserva), mentre per il Rosso di Montalcino, al 31 dicembre 2022, erano state distribuite 4,6 milioni di fascette (sempre distribuite su più annate). Numeri che, paragonati a quelli della metà degli Anni Ottanta del Novecento, inoltre, raccontano di come il territorio abbia virato decisamente sul vino di maggior valore, visto che, intorno al 1985/1986, la produzione, stando ai marchi all’epoca distribuiti dal Consorzio, quando ancora non c’erano le fascette di stato, era molto meno sbilanciata. In particolare, nel 1986, i dati raccontano di 1,3 milioni di bottiglie di Rosso di Montalcino Doc ed 1,4 di Brunello di Montalcino Docg.
Ed ora che si inizia a parlare in maniera un po’ meno velata che in passato di una possibile apertura degli Albi dei Vigneti dedicati al solo Rosso di Montalcino (ad oggi 510 ettari, contro i 2.100 del Brunello, ndr), è forse il tempo di fare una riflessione reale su un vino, il Rosso di Montalcino, la cui crescita, se reale e sostenuta da un progetto di sviluppo organico ad hoc, rispetto al Brunello, può essere la chiave che apre nuove prospettive al territorio, ma che, forse, in tempi in cui i consumatori vogliono sapere sempre più da dove arriva la bottiglia che stanno bevendo. Perchè ad oggi, il Rosso di Montalcino, di fatto, può nascere dagli stessi vigneti del Brunello di Montalcino, che, di anno in anno, nei limiti imposti dall’Albo e dai diritti aziendali, vengono rivendicati su quelli totali a Sangiovese di ogni azienda (poiché dal 2013 non esistono più distinzioni “catastali” tra vigne a Brunello o a Rosso, ma sono tutte a Sangiovese, e poi ognuno ne rivendica la quota a Brunello o a Rosso che possiede, ndr) e, soprattutto, come prevede il disciplinare, il Rosso di Montalcino può nascere anche dal “supero” di produzione del Brunello. Perchè se per il Brunello la resa massima per ettaro è fissata in 80 quintali di uva, in annate eccezionali ed in maniera motivata, il Consorzio, può chiedere alla Regione il supero del 20% della resa. In pratica, arrivando a 96 quintali di uva ad ettaro per il primo ettaro (e poi con quantitativi a scalare, inferiori, dal secondo in poi), di cui al massimo 80 saranno destinabili a Brunello di Montalcino, 10 a Rosso e 6 a Igt. Con il Rosso di Montalcino che, ad oggi, dunque, seppur andando incontro ad un successo emergente sui mercati, e al centro della volontà del territorio di valorizzarlo di più, sembra quasi un fratello minore, un vino quasi di “risulta” (e che può derivare anche da Brunello di Montalcino declassato a Rosso, ndr), più che un vino con una sua filosofia e fisionomia precisa che, invece, potrebbe avere grande slancio.
Tema di cui si è parlato, nei giorni scorsi, a “Red Montalcino 2023”, l’evento dedicato alla Doc nella Fortezza di Montalcino, in programma il 15 luglio
(nel focus i migliori assaggi della redazione WineNews ai banchi di assaggio e nella masterclass), con 70 cantine presenti, voluto dal Consorzio del Brunello e organizzato da Opera Laboratori (che gestisce anche il “Tempio del Brunello”, nel trecentesco Complesso monumentale di Sant’Agostino a Montalcino, museo immersivo ed emozionale che unisce storia, a partire dal racconto di quella del Brunello, archeologia, arte, cultura e paesaggio). Arrivato, peraltro, in un momento in cui il mercato dei vini rossi, secondo tutte le analisi nazionali ed internazionale, in questa prima metà di 2023, è in difficoltà, per tutta una serie di motivi, economici (con un’inflazione ancora altissima che mina il potere di acquisto delle famiglie), stilistici e salutistici, con le evoluzione del momento in fatto di gusto, e la crescente attenzione alla tutela della salute, che porta a prediligere vini più freschi e meno alcolici come sono, generalmente, bianchi e spumanti, rispetto ai rossi. E non sfuggono a questo trend i grandi territori rossisti di tutta Italia, anche come Montalcino.
Con un 2023 iniziato a rilento tanto per il Brunello di Montalcino, con 30.431 ettolitri immessi sul mercato nel primo semestre 2023, a -6% sullo stesso periodo del 2022 (32.308 ettolitri), ed un -6,6% sulla media degli ultimi dieci anni (32.436 ettolitri), e ancor più per il Rosso di Montalcino, con un -24% (14.938 ettolitri immessi) sul 2022 (19.657 ettolitri) e un -19,72% sulla media nell’ultimo decennio (17.884 ettolitri). A rivelarlo il report sulle principali denominazioni vitivinicole toscane da parte di Avito, l’associazione che riunisce i Consorzi vinicoli della Toscana. Numeri che, soprattutto per il Rosso di Montalcino, segnano una netta inversione di tendenza sul 2022 del Consorzio del Brunello di Montalcino, secondo cui, lo scorso anno, le vendite a valore del Rosso di Montalcino sono cresciute, in valore, del 19%, con una crescita del prezzo medio del +9% (almeno stando alle elaborazioni dell’Osservatorio Prezzi del Consorzio del Brunello, che si basa sulla raccolta dei dati di fatturato forniti in modo volontario dalle cantine che incidono per il 28% sul venduto della denominazione).

Anche da questi numeri e da questo contrasto di numeri, dunque, può partire una riflessione reale per un percorso nuovo. “Il Rosso di Montalcino ha superato l’età evolutiva e ora è a un punto di svolta - dichiara il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci- il prodotto è ben posizionato sul segmento premium e viene da un biennio di risultati importanti: il prezzo medio aumenta (+13% sul biennio), la domanda horeca risponde molto bene sia in Italia che all’estero, la vendita diretta è in forte incremento per un vino che ha raggiunto la sua piena identità. Compito del Consorzio è ora assecondarne la crescita non perdendo di vista gli equilibri della denominazione e per questo abbiamo avviato un confronto con i soci per definire le prossime strategie di indirizzo”. Sempre secondo il presidente Fabrizio Bindocci, l’affermazione del Rosso di Montalcino, sebbene il 2023 si sia avviato in modo più tiepido, impone una riflessione sulla possibilità di aumentare la produzione del Rosso, invariata dal 1997. “La media dell’imbottigliato, negli ultimi 5 anni, equivale a 4,4 milioni di bottiglie l’anno: per alcuni sono poche - visto l’incremento del mercato - per detenere stock in cantina di un prodotto, il cui sfuso arriva a 4,5 euro al litro e i cui declassamenti in uscita sono ormai pari a zero”. Il vigneto, da 26 anni contingentato a 510 ettari, è gestito per il 98% da produttori/imbottigliatori, con solo il 2% dei contrassegni distribuiti a imbottigliatori puri.
Tornando al 2022, tra i principali Paesi esteri, l’Osservatorio Prezzi del Consorzio del Brunello segnala crescite superiori al 40% per la domanda statunitense (30% del mercato internazionale) e svedese (top buyer europeo); ben sopra la media anche l’export verso Svizzera e Germania, con Uk, Belgio, Danimarca in segno positivo. Exploit della Francia, che supera il 50% di incremento, mentre scendono Canada, Norvegia, Brasile e l’emergente Sud Corea, dopo il boom della domanda degli anni scorsi. Complessivamente il continente americano rappresenta il primo sbocco per il Rosso di Montalcino, con un’incidenza sull’export totale del 50%, e con gli Stati Uniti di gran lunga prima domanda mondiale. In Italia, il Nord rappresenta il 48% della domanda; tra le regioni, Toscana Lombardia ed Emilia-Romagna le migliori piazze per la Doc di Montalcino. Tra i canali, distributori esteri e horeca rappresentano la fetta principale, con la vendita diretta data in forte incremento, con stock in cantina ai minimi storici, crescita in doppia cifra dell’export. “Il segreto della nostra Doc rossa - ha detto ancora Bindocci - è la versatilità, negli anni affinata dalla tecnica dei nostri viticoltori e dal terroir nei vigneti. Oggi il Rosso di Montalcino è in grado di esprimersi in una doppia veste: da una parte, i produttori che hanno lavorato su un vino di pronta beva, croccante, vivace, un vero e proprio “petit vin” immediato e semplice; dall’altra, la scuola di pensiero opposta, che scommette sempre di più sull’invecchiamento di un Sangiovese reso intrigante dal lavoro in vigna e in cantina ma anche dalla biodiversità del territorio. Un vino importante - ha concluso il presidente Bindocci - da stappare anche dopo vent’anni”.
Ma il messaggio chiaro, che arriva anche da produttori e manager di cantine tra le più importanti del territorio, storiche ma anche più giovani, è che il Rosso di Montalcino non deve essere più considerato come un “fratello minore” del Brunello, ma un fratello tout court, parimenti importante ma con una personalità, un ruolo ed un target diverso. “Il Rosso di Montalcino va sempre più slegato dal Brunello, così da non passare per un secondo vino, o da vino di seconda scelta, ma deve essere un vino con la sua personalità e la sua storia da raccontare”, dice per esempio Giovanni Neri della famosa maison Casanova di Neri. “Il Rosso di Montalcino non ha mai trovato fino ad ora la sua identità chiara - ribadisce Alessandra Angelini in nome di Caparzo, una delle tenute sul territorio guidate da Elisabetta Gnudi Angelini - noi ci abbiamo sempre creduto molto perchè il vino di Montalcino che esprime il Sangiovese nella sua gioventù, nella sua freschezza, nella sua espressione più fruttata che è quella che oggi forse la gente cerca di più”. “Il Rosso di Montalcino non deve essere più il “fratello sfortunato”, ma il fratello più giovane, più spensierato, gastronomico, ma è essenziale che le aziende identifichino un suo posizionamento sul mercato”, aggiunge Riccardo Bogi della storica Argiano, una delle più belle cantine di Montalcino. “Il Rosso va staccato dal “fratellone” Brunello di Montalcino, che inevitabilmente un po’ lo nasconde, e va proposto sempre più come vino del territorio, più semplice, fresco, da consumare giovane, in occasioni più friendly rispetto al Brunello”, dice dal canto suo Lorella Carresi, responsabile comunicazione Banfi, realtà di riferimento e che ha segnato il successo commerciale del Brunello di Montalcino. “Il Rosso di Montalcino è sicuramente più versatile e dinamico rispetto al Brunello. Montalcino ha la possibilità di dare tante espressioni di Sangiovese, ed il Rosso può essere molto poliedrico, differente da zona a zona, ed è importate valorizzarlo”, aggiunge Alex Bianchini, che rappresenta uno dei gioielli del territorio come Ciacci Piccolomini d’Aragona. “Dobbiamo dare in primis una sua identità a questo vino, e ampliare un po’ la produzione che oggi è limitata rispetto al Brunello di Montalcino, abbiamo una piramide rovesciata, e dobbiamo puntare su un pubblico più giovane rispetto a quello classico del Brunello, anche per portarli a conoscere il nostro territorio, e poi, magari arrivare al Brunello di Montalcino”, sottolinea, invece, Gianni Bernazzi (Bellaria). “Secondo me si dovrebbe incentrare di più la figura di questo vino come espressione del territorio, e anche ampliare il numero di vigneti adatti per produrlo per dargli più importanza”, aggiunge ancora Lorenzo Laviano (Camigliano).
Voci, tra le tante, che raccontano di come ci sia la voglia di una politica di territorio reale ed importante per il Rosso di Montalcino, che non deve essere più, dunque, un vino di “ricaduta” del Brunello di Montalcino, o un suo “fratello minore”, ma un fratello diverso, con la sua personalità e altrettanto importante per “la famiglia” che è il territorio, capace di raccontarne caratteristiche diverse, e di essere un vino più contemporaneo, dinamico, e di essere l’espressione di un’anima nuova per i vigneti di Montalcino. E, magari, di vigneti pensati solo per lui, individuati e progettati e dedicati in maniera più specifica alla produzione del Rosso di Montalcino.

Focus - Quale Rosso di Montalcino?
C’è un dibattito in corso nella terra del Brunello, riguardo al Rosso di Montalcino. Un dibattito sulla sua identità: lasciarlo come vino di ricaduta dal Brunello, com’era stato pensato fin dagli esordi (ufficializzati nel 1983 con il riconoscimento della Doc) o permettergli di esprimere un suo peculiare carattere, non solo tramite una vinificazione ad hoc, ma anche da vigneti ad esso pensati e dedicati. Attualmente non c’è coerenza o una visione comune tra tutti i produttori, ma c’è di sicuro un innalzamento della qualità, che prescinde dal metodo. Lo si è potuto constatare fra i banchi di assaggio di “Red Montalcino”, di scena, nella passata settimana, che ha coinvolto 68 produttori (numero abbastanza basso sul totale delle cantine del Consorzio). Vini per lo più nitidi, saporiti e dalla buona spinta acida, che, proprio per questo, meriterebbero un percorso condiviso, che aiuti anche i consumatori a capire a cosa si trovano di fronte: un piccolo Brunello o l’espressione di un Sangiovese di Montalcino più accessibile (da tutti i punti di vista)? Intanto, qui sotto, i migliori assaggi, raccolti dalla redazione Winenews:

Banfi, Rosso di Montalcino Poggio alle Mura 2020
Proviene dalle vigne intorno al Castello di Poggio alle Mura, ha un sorso materico ma senza eccedere e sa di caramella al lampone, agrumi rossi, con un tocco floreale finale.

Caparzo, Rosso di Montalcino La Caduta 2019
Anche questo Rosso proviene dall’omonima vigna e passa 18 mesi in tonneaux: trama larga e rilassata ha un timbro fortissimo si macchia mediterranea.

Castelgiocondo, Rosso di Montalcino Campo ai Sassi 2021
Il nome lo dice da sé: una vigna che è una distesa di galestro sbriciolato. In bocca ha una spalla acida notevole e al gusto si sofferma su note ematiche e agrumate.

Ciacci Piccolomini d’Aragona, Rosso di Montalcino Rossofonte 2020
Il Rosso storico della cantina, con tanta polpa di frutta matura e una lieve speziatura pepata al palato. I profumi di frutta rossa e arancia tarocco alle erbe aromatiche.

Franco Pacenti, Rosso di Montalcino 2020
Rosso che proviene dalla selezione di vigne giovani, fermenta in acciaio e poi matura 8 mesi in botti nuove: caldo e sapido, è carnoso in bocca e profuma di ciliegia e arancia.

La Gerla, Rosso di Montalcino 2020
Un assaggio da magnum di un vino che passa quasi un anno in botte grande e scorre agile, aderendo il giusto con sapidità e il giusto equilibrio fra note balsamiche e floreali.

L’Aietta, Rosso di Montalcino 2021
Fermentazione in acciaio e poi classico affinamento in botte grande per questo Rosso didattico: la dolcezza della ciliegia, l’acidità del ribes rosso, rovo e un tocco speziato: aderiscono tutti bene con una buona dose di sapidità

Mastrojanni, Rosso di Montalcino 2021
Selezione di uve dedicate al Brunello, fermenta in cemento e matura in botti di legno: sviluppa una decisa sapidità al palato, una interessante profondità balsamica e un dolce corredo fruttato.

Palazzo, Rosso di Montalcino 2021
Si produce dagli anni Novanta e matura in botti grandi: è decisamente caldo, ma le note balsamiche di sottobosco e la croccantezza del frutto bilanciano bene il sorso concentrato.

Pian delle Vigne, Rosso di Montalcino 2021
Antinori dedica le sue vigne più giovani al Rosso che produce dal 2012 ed è un vino che pare ricamato: un tocco di frutta, un poco ematico e balsamico, leggera sapidità e amaricante finale.

Salicutti, Rosso di Montalcino 2020
Selezione di uve da vigne dedicate a Brunello, è un vino succoso, ricco di aromi primari senza risultare banale, disseta la gola chiudendo su note ematiche e agrumate.

Sesti, Rosso di Montalcino 2021
Sembra provenire dal giardino che cura la famiglia sotto il Castello di Argiano: lavanda ed elicriso, rosmarino e ginestra e la tipica ciliegia del Sangiovese a chiudere un sorso dolce e vivace.

Focus - Tra passato, presente e futuro, le anime del Rosso di Montalcino
La masterclass del wine-educator Filippo Bartolotta, a “Red Montalcino 2023”, evento voluto dal Consorzio del Brunello, nel Tempio del Brunello (che è un museo immersivo ed emozionale che unisce storia, a partire dal racconto di quella del Brunello, archeologia, arte, cultura e paesaggio, ma anche commercio, artigianato e la promozione dei prodotti del territorio, gestito da Opera Laboratori), ha tentato di delineare le diverse interpretazioni di Rosso di Montalcino, che attualmente si trovano sul territorio. Raccontando l’influenza dei diversi quadranti della denominazione, la lettura che le aziende oggi danno a questo vino, passando per un breve ma interessante excursus storico, per cercare di capire com’è nato e come si è trasformato nel tempo, Filippo Bartolotta è riuscito ad evidenziare le “sensibilità diverse e contrapposte” che, da sempre, accompagnano la produzione del Rosso di Montalcino.
La degustazione delle 12 etichette in assaggio si è divisa così in tre tempi. Il primo dedicato alle esecuzioni di pronta beva - annata 2021 - fra cui si è fatto notare il Rosso di Montalcino di Ridolfi (zona est della denominazione): macerazione lunghissima che dona intense note fruttate, qualche speziatura e un deciso finale di macchia mediterranea, che sosta a lungo in bocca nel sorso fresco e brillante.
Il secondo dedicato alle uscite ritardate di un anno - quindi vendemmia 2020 - che hanno qualche ambizione in più (come del resto i Rosso di Montalcino da vigna): stavolta è il Rosso di Montalcino di Argiano a convincere (zona sud-ovest della denominazione): vino di struttura e profondo, che unisce in modo convincente le note balsamiche di sottobosco a quelle dolci di caramella al lampone.
L’ultimo tempo si è, infine, occupato delle etichette agée: non come indirizzo da dare o strada da percorrere (oltretutto battuta con successo dal Brunello di Montalcino), ma come gioioso incontro che, se capita, può dare tantissima soddisfazione al consumatore. Due i campioni da nominare, in questo caso, entrambi da magnum: il Rosso di Montalcino 2013 di Col d’Orcia - talmente buono e chiaro, delicato ed elegante da renderne difficile ogni analisi razionale e renderne invece molto facile il coinvolgimento romantico dei sensi; e il Rosso di Montalcino 2008 di Poggio di Sotto, Sangiovese didattico, dalla gentile complessità aromatica, che unisce la perfezione di esecuzione ad una straordinaria tenuta nel tempo ed una carezzevole permanenza dolce/sapida.

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